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Grammatica sanscrita

La grammatica della lingua sanscrita possiede un complesso sistema verbale, un sistema di declinazione dei sostantivi e aggettivi e conosce, inoltre, un ampio utilizzo di sostantivi composti. Essa fu studiata e codificata da grammatici indiani a partire dal tardo periodo dei Veda (VIII secolo a.C. circa), culminando nella grammatica redatta dal grande grammatico indiano Pāṇini attorno al IV secolo a.C.

Tradizione grammaticale

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La tradizione grammaticale del sanscrito (vyākarana, una delle sei discipline del cosiddetto Vedāṅga) iniziò nel tardo periodo vedico indiano e trovò il proprio punto di massima espressione intellettuale con la codificazione grammaticale dell'Aṣṭādhyāyī da parte del grammatico Pānini, un'opera consistente di 3990 aforismi. L'autore sanscrito Kātyāyana compose i Vārtikas (le spiegazioni) di Pānini. Patañjali, vissuto tre secoli dopo Pānini, scrisse il Mahābhāshya, il Grande commentario sull'Aṣṭādhyāyī e sui Vārtikas.

È grazie all'opera di questi tre antichi grammatici del sanscrito che la tradizione grammaticale di questa lingua in tale epoca prende il nome di Trimuni vyākarana o Grammatica dei tre saggi. In ultimo, al fine di spiegare ulteriormente il significato dei suddetti sutras, gli autori Jayaditya e Vāmana scrissero nel sesto secolo dopo Cristo il commentario Kāsikā.

La grammatica pāniniana trova uno dei propri fondamenti nei cosiddetti quattordici Shiva sutras o Maheshvara sutras. Essi espongono sinteticamente l'organizzazione dei fonemi della lingua sanscrita. Degna di nota per lo sviluppo della riflessione grammaticale sulla lingua sanscrita fu nel XII secolo l'opera del grammatico Kaiyata che scrisse un commentario al Mahābhāshya di Patañjali. Maggiormente influente fu il Rupāvatāra, opera di Dharmakīrti, il quale divulgò versioni più semplici della grammatica sanscrita.

Durante il diciassettesimo secolo l'opera di grammatica sanscrita più importante fu il Siddhānta kaumudi di Bhattoji Dīkshita, assieme al quale esistono versioni derivate per opera del grammatico Varadarāja.

Lo studio del sanscrito da parte di studiosi europei comincia nel diciottesimo secolo con Jean François Pons e altri studiosi minori. Bisognerà attendere il diciannovesimo secolo per opere esaustive. Fra i più importanti studiosi europei del periodo ci sono Otto Boehtlingk, William Dwight Whitney e Jacob Wackernagel.

Tradizionalmente il sanscrito utilizza la scrittura devanāgarī, le cui consonanti possiedono una schwa /ə/ come vocale inerente e dei diacritici per indicare le vocali brevi e lunghe quando non sono in forma isolata. Possiede pure dei diacritici ausiliari per indicare fenomeni fonetici come la nasalizzazione della vocale (ँ), fusioni calligrafiche di lettere per indicare i cluster consonantici o consonanti doppie (ex. "rka" र्क, "krai" क्रै, ṭre ट्रे ecc.) e una riga orizzontale, da scrivere per ultima, che in presenza di alcune lettere si spezza. Sotto si indica la romanizzazione/pronuncia figurata delle lettere, basata sul sistema di William Wilson Hunter, detto "sistema hunteriano".

आ (ा) इ (ि) ई (ी) उ (ु) ऊ (ू) ऋ (ृ) ॠ (ॄ) ऌ (ॢ) ॡ (ॣ) ए (े) ऐ (ै) ओ (ो) औ (ौ) अँ अः
a ā i ī u ū ē ai ō au aṃ aḥ
ka kha ga gha ṅa ca cha ja jha ña
ṭa ṭha ḍa ḍha ṇa ta tha da dha na
pa pha ba bha ma
ya ra la ḷa ḷha va śa ṣa sa ha

Classificazione dei verbi

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Il sanscrito ha dieci classi verbali suddivise ulteriormente in due grandi categorie: i verbi tematici e atematici. Il primo gruppo aggiunge una a tra il tema e la desinenza, rendendo così i verbi più stabili; il secondo gruppo non aggiunge vocale tematica.

Nel sanscrito vedico, oltre alle dieci classi verbali, ce n'è una in più: si chiama il Lata, da लाति lāti, traducibile in italiano con prendere, ricevere o attribuire.

L'elemento base di un verbo sanscrito è la radice, alla cui base possono essere aggiunti altri elementi grammaticali che danno sfumature precise e particolari, come prefissi, suffissi, infissi, raddoppiamenti, ecc. Molti termini sanscriti possono essere fatti risalire a una precisa radice verbale o a varie radici di uno stesso campo semantico. Questo fenomeno, sebbene più limitatamente, si presenta in molte altre lingue; in sanscrito, tuttavia, un'antica tradizione di codificazione grammaticale e riflessione filosofica sul linguaggio ha consentito la circoscrizione di determinate aree di significato facendole discendere da un'unica radice vocalico-consonantica. Il sanscrito è in grado di fornire termini semanticamente analizzabili suddividendoli in fonemi portatori ciascuno di un particolare significato; il processo di formazione di una parola sanscrita tende alla regolarità e alla trasparenza, ed è peculiarità di questa lingua.
Una parte significativa delle radici verbali sanscrite trova riscontro anche in altre lingue della famiglia indo-europea; ciò ha consentito uno studio comparato di molti termini presenti nelle diverse lingue, consentendo una ricostruzione del significato originario di alcuni suoni primitivi che poi hanno, per estensione e astrazione, generato altri termini con significato sempre più apparentemente distante. Alcuni esempi: la radice semantica tṝ, composta dal suono t dentale "t" e dalla r vocalica lunga "ṛ" (il sanscrito considera foneticamente la r anche con valore vocalico) è connessa al senso primario di passare attraverso, ma anche attraversare, raggiungere uno scopo, superare. La presenza di questo composto è rintracciabile anche in italiano, passando per il prefisso latino trans, al di là di, attraverso: per esempio attraversare (andare oltre), trasportare (portare attraverso), tramontare (andare oltre i monti).
Il prefisso latino inter (in sanscrito antar) significa "dentro, in mezzo", nel quale in indica l'intero e ter, da tr, lo stare in centro, in mezzo; per esempio internazionale (tra le nazioni), interpersonale (tra le persone).

Di seguito un esempio di verbo coniugato: si tratta della radice vad, che significa parlare, dire, coniugata nella sesta classe, ovvero all'indicativo presente, al singolare:

Singolare Composizione Traduzione
vadami vad-a-mi io parlo
vadasi vad-a-si tu parli
vadati vad-a-ti egli parla

Sistema dei temi dei tempi verbali

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I tempi verbali del sanscrito sono organizzati in quattro sistemi basati sulle differenti forme del tema verbale utilizzate nella coniugazione del verbo stesso. I quattro sistemi dei temi dei tempi verbali sono i seguenti:

  • Il presente, da cui si ricavano il presente e imperfetto indicativo, l'imperativo e l'ottativo, indica l'azione continuata;
  • Il perfetto, da cui si ricavano perfetto e piuccheperfetto indicativo, e participio passato, indica l'azione compiuta;
  • L'aoristo, da cui si ricavano aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo, indica l'azione puntuale;
  • Il futuro, da cui si ricavano futuro indicativo, condizionale e participio futuro, posiziona l'azione nel futuro.

Sistema del tema del presente

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Il tema del presente ci permette di ricavare il presente e l'imperfettivo indicativo, l'imperativo, l'ottativo e alcune antiche forme di congiuntivo.
Il sistema del tema del presente può essere formato in vari modi, come i seguenti punti mostrano:

  • Prima classe: utilizzo del suffisso della vocale tematica a con un rafforzamento apofonico finale; per esempio bháva, da bhū, essere.
  • Seconda classe: nessuna modificazione; per esempio ad, da ad, mangiare.
  • Terza classe: raddoppiamento premesso attraverso un prefisso alla radice verbale; per esempio juhu, da hu, sacrificare.
  • Quarta classe: utilizzo del suffisso ya, per esempio dīvya, da div, giocare.
  • Quinta classe: utilizzo del suffisso nu (guna, ovvero grado zero di no), per esempio sunu, da su, estrarre.
  • Sesta classe: utilizzo del suffisso in vocale a con conseguente spostamento dell'accento su quest'ultima vocale, per esempio tudá, da tud, colpire, spingere.
  • Settima classe: utilizzo dell'infisso na o n prima della consonante finale della radice (con gli opportuni cambiamenti dovuti alle regole del sandhi), per esempio rundh o runadh, da rudh, ostruire, bloccare.
  • Ottava classe: utilizzo del suffisso u (guna, o grado zero, di o), ad esempio tanu, da tan, distendere.
  • Nona classe: utilizzo del suffisso , ad esempio krīna o krīnī, da krī, ottenere, comprare.
  • Decima classe: si forma con l'allungamento dell'ultima vocale del tema, l'aggiunta del suffisso ya e rafforzamento finale dato dall'aggiunta di un ulteriore suffisso; per esempio bhāvaya, da bhū, essere.

(!) Oggigiorno, l'ottava classe è considerata come una sottoclasse della quinta. (!) La prima, la quarta, la sesta e la decima classe sono per i verbi tematici, le altre per i verbi atematici.

Sistema del tema del perfetto

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Il perfetto ci permette di ricavare perfetto e piuccheperfetto indicativo, e participio passato.
Il sistema del perfetto possiede forme deboli e forti del verbo: la seconda è utilizzata con i verbi al singolare in forma attiva, la prima per tutte le altre forme.

Sistema del tema dell'aoristo

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L'aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo. Il sistema dell'aoristo include l'aoristo propriamente detto (con aspetto puntuale, il nostro passato remoto; es. abhūh, tu fosti) e alcune forme di una più antica forma di ottativo precativo e di ingiuntivo, utilizzato quasi esclusivamente con il prefisso "mā" nelle proibizioni, ad esempio mā bhūh, non essere!

Il sistema dell'aoristo conosce le tre seguenti diverse forme:

  • L'aoristo radicale è formato direttamente dal tema della radice con l'aumento temporale, e le desinenze secondarie: es. (bhū- : a-bhū-t, egli fu).
  • L'aoristo tematico comporta l'inserimento della vocale tematica a nel tema.
  • L'aoristo sigmatico è formato per mezzo di un suffisso sibilante in "s" applicato al tema verbale.

Sistema del tema del futuro

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Il sistema del futuro è formato tramite l'uso del suffisso sya oppure iṣya (nel quadratino vi è una s con un puntino sotto: suono semi-retroflesso) più un cambiamento apofonico. Esso include il condizionale, formato dal tema del futuro. Il condizionale si riferisce ad azioni ipotetiche e trova un uso sporadico nel sanscrito classico. Come forma, il condizionale è una sorta di "imperfetto" costruito sul tema del futuro: infatti, si costruisce premettendo l'aumento temporale al tema del futuro e utilizzando le desinenze secondarie. es:

   kr "fare" (quinta classe), futuro "kariṣyami" farò, condizionale "akariṣyam" farei
   tap "riparare" (prima classe), futuro "tapsyami" riparerò, condizionale "atapsyam" riparerei

Participi

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Il sanscrito conosce un uso molto esteso dei participi.

I participi passati vengono formati direttamente dalle radici verbali di molti verbi, con l'eccezione dei verbi della decima classe, la cui forma viene presa dal tema del presente. Tutti i participi, tranne il presente, hanno un senso perfettivo, ovvero indicano l'azione compiuta, conclusa e possono liberamente sostituire le forme finite dei verbi coniugati al passato.

Participio presente

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Il participio presente è formato dal tema del presente ed è formato in modo differente a seconda che il verbo sia classificato come parasmaipada (diatesi attiva) o ãtmanepada (diatesi media). Il participio presente non può sostituire un verbo in forma finita. Il participio presente possiede un senso imperfettivo indicando un'azione colta nel suo svolgersi.

Participi passati attivi

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Sono formati in modo regolare tramite il suffisso -vant applicato al participio passato passivo. Modificano il soggetto del verbo dal quale sono formati.

Participi passati passivi

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Il participio passato passivo (ktãnta) è formato posponendo la sillaba -ta alla radice del verbo, in certi casi preceduta dalla vocale -i-. Per diversi verbi anche la radice stessa viene modificata. Ad esempio, la radice vac, parlare, dà origine al participio passato ukta.

Participio perfetto

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Il participio perfetto è un participio passato di senso attivo ed è raramente utilizzato nel sanscrito classico.

Participio aoristo

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Il participio aoristo, usato nel sanscrito vedico, fu perso nel sanscrito classico.

Participio futuro

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Il participio futuro viene formato a partire dal tema del futuro nello stesso modo in cui il participio presente è formato dal tema del presente. Il participio futuro descrive un'azione non ancora successa ma che potrebbe accadere in un futuro ipotetico.

Gerundivo

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Il gerundivo (da non confondere con il gerundio) può essere pensato come un participio prescrittivo passivo futuro indicante il fatto che la parola modificata dovrebbe essere oggetto dell'azione da parte del participio.

Il suo significato è simile al gerundivo latino, ovvero esprime l'idea di "dovere", o "necessità". Esempio: il latino "liber legendus" si tradurrà come "il libro da leggere", "il libro che deve essere letto".

Si ottiene in sanscrito usando la radice con grado guṇa o vṛddhi più il suffisso -ya-, -tavya-, -itavya-, -anīya-; -tavya- e -anīya- si attaccano alla radice guṇata, mentre -ya- a radici vṛddhate, guṇate oppure deboli; alcune radici in vocale aggiunguno -tya-, ma solo nelle forme cosiddette deboli.

Esempi: dalla radice kṛ (fare, produrre) si ottiene kartavya-, karaṇīya-, kārya-, kṛtya-, da farsi, da compiere.

Dṛś- (vedere) dṛśya, da vedersi, degno di essere visto, che deve essere visto; ji- (vincere) jetavya oppure jeya-, destinato a essere vinto.

Coniugazione verbale

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Ogni verbo possiede una voce grammaticale di senso attivo (diatesi attiva), una di senso passivo (diatesi passiva) e una di senso medio (diatesi media).

Il medio può essere inteso come un'azione che un soggetto compie per sé stesso dando un'idea di riflessività.

Senso attivo: il giocatore (soggetto) sistema (verbo in forma attiva) il pallone (oggetto) per battere la punizione.

Senso passivo: il pallone (soggetto) viene sistemato (verbo in forma passiva) dal giocatore (agente) per battere la punizione.

Senso medio: il giocatore (soggetto) si aggiusta (verbo in forma media) il pallone (oggetto) per battere la punizione.

Esiste inoltre una voce impersonale che può essere descritta come una voce passiva dei verbi intransitivi. Il verbo sanscrito ha un modo indicativo, un ottativo e un imperativo. Anticamente era presente anche un modo congiuntivo caduto tuttavia in disuso con l'avvento del sanscrito classico.

La tabella che segue è un prospetto parziale delle principali forme verbali che possono essere create a partire da una singola radice del verbo. Non tutte le radici prendono tutte le forme; alcune radici spesso sono limitate ad alcuni temi verbali.

Le forme verbali della tabella sono tutte in terza persona singolare e possono essere coniugate in tre persone e tre numeri: singolare, duale e plurale.

Radice: bhū (essere, diventare, essere in divenire), radice verbale della prima classe tematica. Tema del presente: bhava- Tema passivo: bhūya- Tema del futuro: bhavishya-

Primario Causativo Desiderativo Intensivo
Tema presente Presente bhavati egli è
bhavate
bhāvayati egli fa essere
bhāvayate
bubhūṣati egli desidera essere bobhoti / bobhavīti
bobhūyate egli continua a essere
Imperfetto abhavat
abhavata
abhāvayat
abhāvayata
abubhūṣat abobhot
abobhūyata
Imperativo bhavatu
bhavatām
bhāvayatu
bhāvayatām
bubhūṣatu bobhotu / bobhavītu
bobhūyatām
Ottativo bhavet
bhaveta
bhāvayet
bhāvayeta
bubhūṣet bobhavyāt
bobhūyeta
Participio presente bhavant
bhavamāna
bhāvayant
bhāvayamāna
bubhūṣant bobhavant
bobhūyamāna
Passivo Presente bhūyate bhāvyate bubhūṣyate
Imperfetto abhũyata abhāvyata abubhūṣyata
Imperativo bhũyatām bhāvyatām bubhūṣyatām
Ottativo bhũyeta bhāvyeta bubhūṣyeta
Participio passato bhūyamāna bhāvyamāna bubhūṣyamāṇa
Tema futuro Futuro bhaviṣyati bhāvayiṣyati
bhāvayiṣyate
bubhūṣiṣyati
Condizionale abhaviṣyat abhāvayiṣyat abubhūṣiṣyat
Participio futuro bhaviṣyant bhāvayiṣyant
bhāvayiṣyamāṇa
bubhūṣiṣyant
Futuro perifrastico bhavitā bhāvayitā bubhūṣitā
Perfetto babhūva bhāvayām āsa bubhūṣām āsa
Aoristo Aoristo abhūt
Precativo bhūyāt
Ingiuntivo (mā) bhūt
Causativo bhāvayati
Desiderativo bubhūṣati bibhāvayiṣati
Intensivo bobhavīti
Participio passato bhūta
bhūtavant
bhāvita
bhāvitavant
bubhūṣita
bubhūṣitavant
Gerundivo bhavya,
bhavitavya
bhāvayitavya

Tenendo conto del fatto che ciascuna forma di participio è declinata in sette casi nominali, tre numeri e tre generi e ciascun verbo è coniugato anch'esso in tre persone, tre numeri, e poi in temi di forma primaria, causativa e desiderativa per questa radice quando considerati assieme i participi hanno oltre un migliaio di forme.

Esempio di coniugazione atematica:

Radice: dviṣ-, dvéṣ- (odiare)

Indicativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Presente Prima persona dvémi dvivás dvimás dvié dviváhe dvimáhe
Seconda persona dvéki dviṣṭhás dviṣṭ dviké dviā́the dviḍḍhvé
Terza persona dvéṣṭi egli odia dviṣṭás loro due odiano dviánti essi odiano dviṣṭé dviā́te dviáte
Imperfetto Prima persona ádveam ádviva ádvima ádvii ádvivahi ádvimahi
Seconda persona ádve ádviṣṭam ádvisa ádviṣṭhās ádviāthām ádviḍḍhvam
Terza persona ádve ádviṣṭām ádvian ádviṣṭa ádviātām ádviata
Ottativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Prima persona dviyā́m dviyā́va dviyā́ma dviīyá dviīvahi dviīmahi
Seconda persona dviyā́s dviyā́tam dviyā́ta dviīthās dviīyāthām dviīdhvam
Terza persona dviyā́t dviyā́tām dviyus dviīta dviīyātām dviīran
Imperativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Prima persona dvéṣāṇi dvéāva dvéāma dvéāi dvéāvahāi dvéāmahāi
Seconda persona dviḍḍ dviṣṭám dviṣṭá dvik dviāthām dviḍḍhvám
Terza persona dvéṣṭu dviṣṭā́m dviántu dviṣṭā́m dviā́tām dviátām

Terminazioni delle coniugazioni

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Le terminazioni delle coniugazioni in sanscrito esprimono la persona, il numero e la voce. Le differenti forme delle terminazioni vengono usate in relazione a quale tempo e modo verbale sono attribuite. I temi verbali o le stesse terminazioni possono essere modificate o in qualche modo oscurate dalle regole del sandhi.

Attiva Media
Persona Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Primaria 1 mi vás más é váhe máhe
2 si thás thá ā́the dhvé
3 ti tás ánti, áti ā́te ánte, áte
Secondaria 1 am í, á váhi máhi
2 s tám thā́s ā́thām dhvám
3 t tā́m án, ús ā́tām ánta, áta, rán
Perfetto 1 a é váhe máhe
2 tha áthus á ā́the dhvé
3 a átus ús é ā́te
Imperativo 1 āni āva āma āi āvahāi āmahāi
2 dhí, hí, — tám svá ā́thām dhvám
3 tu tā́m ántu, átu tā́m ā́tām ántām, átām

Le terminazioni primarie sono utilizzate con il presente indicativo e le forme del futuro. Le terminazioni secondarie sono usate con l'imperfetto, il condizionale, l'aoristo e l'ottativo. Le terminazioni del perfetto e dell'imperativo vengono usate rispettivamente con il perfetto e l'imperativo.

Flessione del sostantivo

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Il sanscrito è una lingua flessiva e per quanto riguarda il genere grammaticale distingue in femminile, maschile e neutro e suddivide in tre numeri (singolare, duale e plurale).

Possiede otto casi: nominativo, vocativo, accusativo, strumentale, dativo, ablativo, genitivo e locativo.

Il numero effettivo delle declinazioni è oggetto di dibattito. Pānini identifica sei cosiddetti kārakas corrispondenti ai casi nominativo, accusativo, dativo, strumentale, locativo e ablativo. Pānini stesso nella sua opera Ashtādhyāyi (I.4.24-54) li definisce come segue:

1 Apādāna (letteralmente "prendere il via"): è l'equivalente del caso ablativo, che indica un oggetto stazionario o fermo dal quale il movimento prende il via rispondendo alla domanda implicita "da chi?", "da cosa?", "da dove proviene l'azione espressa dal verbo?"

2 Sampradāna (donazione o cessione): è l'equivalente del caso dativo, che indica il destinatario o il ricevente in un'azione di dono o conferimento di qualcosa in senso concreto o astratto dando risposta alla domanda implicita "a chi?", a cosa?", "verso chi o cosa?".

3 Karaṇa ("strumento"): equivale al caso strumentale e indica il mezzo con cui si compie una determinata azione.

4 Adhikaraṇa ("ubicazione"): è il caso locativo e indica dove si trovi qualcuno o qualcosa rispondendo alla domanda "dove?".

5 Karman ("il fatto/"l'oggetto"): è il caso accusativo rispondente alla domanda implicita "chi è oggetto dell'azione?", "che cosa è oggetto nell'azione?".

6 Kartā (colui che agisce): è il nominativo, il caso che risponde alla domanda implicita "chi compie l'azione?", "cosa compie l'azione?" (on the basis of Scharfe, 1977: 94)

I casi possessivo (Sambandha) e vocativo sono assenti nella grammatica redatta da Pānini.

In questo articolo sono suddivisi in cinque declinazioni. La declinazione alla quale un nome appartiene è in buona parte determinata dalla forma del sostantivo medesimo.

Declinazione del sostantivo e dell'aggettivo

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Nella tabella che segue è dato lo schema fondamentale di utilizzo dei suffissi della declinazione validi per buona parte dei sostantivi e aggettivi. A seconda del genere grammaticale e della terminazione in consonante o vocale della radice non flessa del sostantivo o dell'aggettivo, esistono determinate regole dette del sandhi (armonia eufonica). Tra parentesi le terminazioni dei casi di genere neutro, le altre sono valide per i generi maschile e femminile. Vengono date anche le versioni in scrittura sillabica devanagari e la traslitterazione in IAST.

Singolare Duale Plurale
Nominativo
(Karta)
-स् -s
(-म् -m)
-औ -au
(-ई -ī)
-अस् -as
(-इ -i)
Accusativo
(Karma)
-अम् -am
(-म् -m)
-औ -au
(-ई -ī)
-अस् -as
(-इ -i)
Strumentale
(Karana)
-आ -ā -भ्याम् -bhyām -भिस् -bhis
Dativo
(Sampradana)
-ए -e -भ्याम् -bhyām -भ्यस् -bhyas
Ablativo
(Apadana)
-अस् -as -भ्याम् -bhyām -भ्यस् -bhyas
Genitivo
(Sambandha)
-अस् -as -ओस् -os -आम् -ām
Locativo
(Adhikarana)
-इ -i -ओस् -os -सु -su
Vocativo -स् -s
(- -)
-औ -au
(-ई -ī)
-अस् -as
(-इ -i)

Temi in A-

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I temi in "a"(/ə/ or /aː/) comprendono una vasta classe di sostantivi. Di norma i sostantivi appartenenti a questa classe, con tema non flesso terminante in A breve (/ə/), sono maschili o neutri. I sostantivi terminanti in A lunga (/aː/) sono in massima parte femminili. Gli aggettivi con tema in A prendono il genere maschile e neutro in A breve (/ə/), e quello femminile in A lunga (/aː/). Questa classe è così vasta perché comprende anche il tema in O- del protoindoeuropeo.

Maschile (rāma-) Neutro (āsya- "bocca") Femminile (kānta- "adorata")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo rā́maḥ rā́māu rā́māḥ āsyàm āsyè āsyā̀ni kāntā kānte kāntās
Accusativo rā́mam rā́māu rā́mān āsyàm āsyè āsyā̀ni kāntām kānte kāntās
Strumentale rā́mena rā́mābhyām rā́māiḥ āsyèna āsyā̀bhyām āsyāìḥ kāntayā kāntābhyām kāntābhiḥ
Dativo rā́māya rā́mābhyām rā́mebhyaḥ āsyā̀ya āsyā̀bhyām āsyèbhyaḥ kāntāyai kāntābhyām kāntābhyāḥ
Ablativo rā́māt rā́mābhyām rā́mebhyaḥ āsyā̀t āsyā̀bhyām āsyèbhyaḥ kāntāyās kāntābhyām kāntābhyāḥ
Genitivo rā́masya rā́mayoḥ rā́mānām āsyàsya āsyàyoḥ āsyā̀nām kāntāyās kāntayoḥ kāntānām
Locativo rā́me rā́mayoḥ rā́meṣu āsyè āsyàyoḥ āsyèu kāntāyām kāntayoḥ kāntāsu
Vocativo rā́ma rā́mau rā́mās ā́sya āsyè āsyā̀ni kānte kānte kāntās

Temi in I ed U

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Temi in I-
Masc. e femm. (gáti- "passo, andatura") Neutro (vā́ri- "acqua")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo gátis gátī gátayas vā́ri vā́riī vā́rīi
Accusativo gátim gátī gátīs vā́ri vā́riī vā́rīi
Strumentale gátyā gátibhyām gátibhis vā́riā vā́ribhyām vā́ribhis
Dativo gátaye, gátyāi gátibhyām gátibhyas vā́rie vā́ribhyām vā́ribhyas
Ablativo gátes, gátyās gátibhyām gátibhyas vā́rias vā́ribhyām vā́ribhyas
Genitivo gátes, gátyās gátyos gátīnām vā́rias vā́rios vā́riām
Locativo gátāu, gátyām gátyos gátiu vā́rii vā́rios vā́riu
Vocativo gáte gátī gátayas vā́ri, vā́re vā́riī vā́rīi
Temi in U-
Masc. e femm. (śátru- "nemico") Neutro (mádhu- "miele")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo śátrus śátrū śátravas mádhu mádhunī mádhūni
Accusativo śátrum śátrū śátrūn mádhu mádhunī mádhūni
Strumentale śátruā śátrubhyām śátrubhis mádhunā mádhubhyām mádhubhis
Dativo śátrave śátrubhyām śátrubhyas mádhune mádhubhyām mádhubhyas
Ablativo śátros śátrubhyām śátrubhyas mádhunas mádhubhyām mádhubhyas
Genitivo śátros śátrvos śátrūām mádhunas mádhunos mádhūnām
Locativo śátrāu śátrvos śátruu mádhuni mádhunos mádhuṣu
Vocativo śátro śátrū śátravas mádhu mádhunī mádhūni

Temi in vocale lunga

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Temi in ā (jā- "progenie") Temi in ī (dhī- "pensiero") Temi in ū (bhū- "terra")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo jā́s jāú jā́s dhī́s dhíyāu dhíyas bhū́s bhúvāu bhúvas
Accusativo jā́m jāú jā́s, jás dhíyam dhíyāu dhíyas bhúvam bhúvāu bhúvas
Strumentale jā́ jā́bhyām jā́bhis dhiyā́ dhībhyā́m dhībhís bhuvā́ bhūbhyā́m bhūbhís
Dativo jā́bhyām jā́bhyas dhiyé, dhiyāí dhībhyā́m dhībhyás bhuvé, bhuvāí bhūbhyā́m bhūbhyás
Ablativo jás jā́bhyām jā́bhyas dhiyás, dhiyā́s dhībhyā́m dhībhyás bhuvás, bhuvā́s bhūbhyā́m bhūbhyás
Genitivo jás jós jā́nām, jā́m dhiyás, dhiyā́s dhiyós dhiyā́m, dhīnā́m bhuvás, bhuvā́s bhuvós bhuvā́m, bhūnā́m
Locativo jós jā́su dhiyí, dhiyā́m dhiyós dhīṣú bhuví, bhuvā́m bhuvós bhūṣú
Vocativo jā́s jāú jā́s dhī́s dhiyāu dhíyas bhū́s bhuvāu bhúvas

Temi in

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I temi in sono prevalentemente derivati della terminazione che indica il concetto di agente come dāt "donatore", sebbene includano termini di parentela quali pit́ "padre", māt́ "madre", and svás "sorella".

Singolare Duale Plurale
Nominativo pitā́ pitárāu pitárah
Accusativo pitáram pitárāu pitrińn
Strumentale pitrā́ pit́bhyām pit́bhi
Dativo pitré pit́bhyām pit́bhyah
Ablativo pitúr pit́bhyām pit́bhyah
Genitivo pitúr pitrós pitṝṇā́m
Locativo pitári pitrós pitṛ́ṣu
Vocativo pítar pitárāu pitáras

Numerali

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I numeri da uno a dieci sono: 0 śunya (zero) 1 éka 2 dvá 3 trí 4 catúr 5 pañca 6 ṣáṣ 7 saptá, sápta 8 aṣṭá, áṣṭa 9 náva 10 dáśa.

I numeri dall'uno al quattro sono declinabili. Éka è declinato come un aggettivo pronominale, ovviamente mancante della forma duale. Dvá appare soltanto in forma duale. Trí e catúr vengono invece declinati in modo irregolare.

Tre Quattro
Maschile Neutro Femminile Maschile Neutro Femminile
Nominativo tráyas trī́ṇi tisrás catvā́ras catvā́ri cátasras
Accusativo trīn trī́ṇi tisrás catúras catvā́ri cátasras
Strumentale tribhís tisṛ́bhis catúrbhis catasṛ́bhis
Dativo tribhyás tisṛ́bhyas catúrbhyas catasṛ́bhyas
Ablativo tribhyás tisṛ́bhyas catúrbhyas catasṛ́bhyas
Genitivo triyāṇā́m tisṛṇā́m caturṇā́m catasṛṇā́m
Locativo triṣú tisṛ́ṣu catúrṣu catasṛ́ṣu

Tavola con paragoni di numerali

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Sanscrito-hindi

+nome in

sanscrito

Bengali Arabo moderno Urdu Arabo Persiano Nome in hindi Nomi imparentati in altre lingue indo-europee
०, śūnya (शून्य) ৹, shunnô 0 ۰, صفر

sifar

٠,صفر ٠

sefr

(صفر)

śūnya (शून्य) (in arabo classico è stato poi tradotto come "ṣifr", cioè "nulla"; in latino medievale è stato poi traslitterato come "zephirum", da cui deriva "zero", usato in parecchie lingue europee),

midén - μηδέν (greco moderno), nihil (latino)

१, eka

(एक)

১, æk 1 ۱, ایک

ek

١,وا حد ۱

yek

(یک)

ek (एक्) ekh (sylheti, assamese),

ena - ένα (greco moderno), one (inglese), ūnus (latino)

२, dvi

(द्वि)

২, dui 2 ۲, دو

do

٢,إثنان ۲

do

(دو)

do(दो) dos (spagnolo), duo (latino),

dva (russo), due (italiano)

deux (francese), tveir (norvegese antico)

dui (sylheti, assamese),

dyo - δυο (greco moderno), two (inglese < Old English *twa)

३, tri

(त्रि)

৩, tin 3 ۳, تین

tīn

٣,ثلاثة ۳

se

(سه)

tīn (तीन्) tri (russo), tre (italiano)

tres (spagnolo), três (portoghese)

three (inglese), tin (sylheti)

drei (tedesco), troix (francese)

tini (assamese), tria - τρία (greco moderno), trēs (latino)

४, catur

(चतुर्)

৪, car 4 ۴, چار

chār

٤,أربعة ۴

hahâr (چهار)

cār (चार्) katër (albanese), quattuor (latino).

quattro (italiano), cuatro (spagnolo)

quatro (portoghese), quatre (francese)

četiri (croato), chetyre (russo)

sair (sylheti), sari (assamese),

ceathair (gaelico), tessera - τέσσερα (greco moderno)

५, pañca

(पञ्च)

৫, pãch 5 ۵, پانچ

pāṅch

٥,خمسة ۵

panj

(پنج)

pā͂c (पाँच्) pyat' (russo)

penki (lituano), pięć (polacco),

pans (assamese)

fas (sylheti), pente - πέντε,

quīnque (latino), cinque (italiano)

६, ṣaṣ

(षष्)

৬, chôy 6 ۶, چھ

chaḥ

٦,ستّة ۶

shesh (شش)

chaḥ (छः) shesh (persiano), seis (spagnolo)

seis (portoghese), six (francese)

six (inglese), sei (italiano)

sechs (tedesco),

shôy (assamese), soy (sylheti),

eksi - έξι (greco moderno), sex (latino)

७, sapta

(सप्त)

৭, shat 7 ۷سات

sāt

٧,سبعة ۷

haft

(هفت)

sāt (सात्) sette (italiano), siete (spagnolo)

sieben (tedesco), sept (francese)

sete (portoghese), shat (sylheti),

epta - επτά (< */h/-) (greco moderno), seven (inglese),

septem (latino)

८, aṣṭa

(अष्ट)

৮, at 8 ۸, آٹھ

āṭh

٨,ثامنية ۸

hasht (هشت)

āṭh (आठ्) hasht (persiano), astoņi (lettone)

acht (tedesco), åtte (norvegese)

otto (italiano), oito (portoghese)

eight (inglese), huit (francese)

at (sylheti), oktw - οκτώ (greco moderno),

eight (inglese), octō (latino)

९, nava

(नव)

৯, nôy 9 ۹, نو

nau

٩,تعسة ۹

noh

(نه)

nau (नौ) nove (italiano), nove (portoghese)

nueve (spagnolo), neuf (francese)

nine (inglese), nô (assamese)

nôy (sylheti), neun (tedesco)

naw (gallese, o "Cymraeg"), ennea - εννέα (greco moderno),

novem (latino)

Pronomi personali e determinativi

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I pronomi di prima e seconda persona sono in buona misura declinati nello stesso modo.

Nota: dove vengono date due forme, la seconda è enclitica e alternativa alla prima. Gli ablativi al singolare e al plurale possono essere estesi tramite la sillaba -tas; in tal modo si ottengono forme come mat o mattas, asmat o asmattas.

Prima persona Seconda persona
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo aham āvām vayam tvam yuvām yūyam
Accusativo mām, mā āvām, nau asmān, nas tvām, tvā yuvām, vām yuṣmān, vas
Strumentale mayā āvābhyām asmābhis tvayā yuvābhyām yuṣmābhis
Dativo mahyam, me āvābhyām, nau asmabhyam, nas tubhyam, te yuvābhyām, vām yuṣmabhyam, vas
Ablativo mat āvābhyām asmat tvat yuvābhyām yuṣmat
Genitivo mama, me āvayos, nau asmākam, nas tava, te yuvayos, vām yuṣmākam, vas
Locativo mayi āvayos asmāsu tvayi yuvayos yuṣmāsu

Il dimostrativo "ta", declinato sotto, è usato anche come pronome di terza persona.

Maschile Neutro Femminile
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo sás tāú tát tā́ni sā́ tā́s
Accusativo tám tāú tā́n tát tā́ni tā́m tā́s
Strumentale téna tā́bhyām tāís téna tā́bhyām tāís táyā tā́bhyām tā́bhis
Dativo tásmāi tā́bhyām tébhyas tásmāi tā́bhyām tébhyas tásyāi tā́bhyām tā́bhyas
Ablativo tásmāt tā́bhyām tébhyam tásmāt tā́bhyām tébhyam tásyās tā́bhyām tā́bhyas
Genitivo tásya táyos téṣām tásya táyos téṣām tásyās táyos tā́sām
Locativo tásmin táyos téṣu tásmin táyos téṣu tásyām táyos tā́su

Termini composti (samāsa)

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Un'altra caratteristica degna di nota della lingua sanscrita, e in particolare del suo sistema nominale, è l'uso molto comune di parole composte, alcune delle quali possono arrivare a essere formate da un numero considerevole di termini assemblati fra loro. I termini composti si presentano in diverse modalità di composizione dei termini. Ogni sostantivo o aggettivo si presenta nella sua forma tematica debole con solo l'ultimo elemento del termine composto a ricevere la flessione del caso grammaticale. Alcuni esempi di costruzione di termini composti sono:

Amreḍita

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Un termine composto consistente nella stessa parola ripetuta due volte, con la peculiarità di avere l'accento sul primo termine del termine composto. [1] Gli amreditas vengono utilizzati per esprimere ripetitività; per esempio, da dív (giorno) si ottiene divé-dive ("giorno dopo giorno", "quotidianamente") e da devá ("Dio") si ottiene deváṃ-devam oppure devó-devas ("Dio dopo Dio").[2] Archiviato il 28 giugno 2016 in Internet Archive.

Avyayibhāva

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Il primo membro di questa tipologia di termine composto è indeclinabile; a questo viene aggiunto un secondo termine di norma declinabile, in modo tale da rendere il nuovo termine così composto, a sua volta nel suo complesso indeclinabile. Esempi: yathā+śakti, ecc. Nei termini composti avyayibhāva, il primo membro del termine composto ha un ruolo primario (pūrva-pada-pradhāna) e l'intera parola composta si comporta come un termine indeclinabile a causa della natura grammaticale della prima parte indeclinabile del composto nominale.

Tatpuruṣa (composti determinativi)

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Tatpuruṣa.

Diversamente dai composti avyayibhāva, nei composti Tatpuruṣa il ruolo primario è detenuto non dal primo ma dal secondo membro del termine composto (uttara-pada-pradhāna). Esistono molti tatpuruas (uno per ciascun caso nominale, oltre ad alcuni altri). In un tatpurua, il primo componente del termine composto è in una relazione logica con l'altro in un modo altrimenti esprimibile attraverso un consueto caso nominale esistente. Per esempio, un "parafango" in italiano è un composto ablativo, il parafango è infatti un oggetto che para (protegge) DAL fango.

Karmadhāraya (composti descrittivi)

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È una varietà di Tatpuruṣa considerato separatamente. La relazione tra il primo e l'ultimo membro di un termine composto è di apposizione, attributiva o avverbiale.

In un composto karmadhāraya una parte si comporta come aggettivo per l'altra. Se la parte che si comporta come aggettivo è un numero si ha un termine composto dvigu. Il termine "dvigu" stesso è in realtà un termine composto: dvau+gāvau. Nei composti dvigu, la principale è la parte finale, esattamente come nei composti Tatpuruṣa.

Dvandva (composti coordinativi)

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Questi consistono di due o più temi del sostantivo connessi nel senso attraverso una congiunzione (come nella congiunzione italiana "e"). Esistono due tipologie di costruzione di "dvandva" in sanscrito. La prima è chiamata itaretara dvandva, una parola composta enumerativa il cui significato si riferisce in egual misura a tutti i membri del termine composto. Il termine composto che ne risulta è in numero duale o plurale e prende il genere grammaticale dell'ultimo membro della parola composta. Esempi: Rāma-Lakşmaņau – Rama e Lakshmana, oppure Rāma-Lakşmaņa-Bharata-śatrughnāh – Rama, Lakshmana, Bharata e Satrughna.

La seconda tipologia è chiamata samāhāra dvandva, una parola composta che ha valore collettivo, il cui significato si riferisce a una collezione ovvero a un insieme dei suoi membri costituenti. La parola composta che ne risulta è in numero singolare e sempre di genere neutro. Pāņipādam – "membra", letteralmente mani e piedi, da pāņi = mano e pāda = piede.

Secondo alcuni grammatici esiste una terza tipologia di dvandva chiamata ekaśeşa dvandva o composto residuale. Essa prende le forme duale e plurale della sola parte finale del composto, ad esempio: pitarau per "mātā" + "pitā", madre+padre= genitori ("padri", includendo con tale termine duale sia il genitore maschio sia quello femmina) In ogni caso secondo altri grammatici lo ekaśeşa non è affatto un termine composto.

Bahuvrīhi (composti esocentrici)

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Bahuvrīhi, o letteralmente "molto-riso", indica una persona ricca — qualcuno che possiede molto riso o usando una metafora nota della lingua italiana: qualcuno che ha molto "grano". I composti di tipologia Bahuvrīhi si riferiscono a un sostantivo composto nel quale non sia dato conoscere il possessore; in altri termini, un nome composto che si riferisce a qualcosa che non è in sé stessa parte del termine composto.

Ad esempio, "senzatetto" (in italiano nel senso di persona senza fissa dimora).

Dal momento che nel termine composto "senza-tetto" non è presente il soggetto che è privo del tetto (esattamente come il termine sanscrito molto-riso non indica una specie di riso ma la natura di chi ne possiede molto) e il termine non indica un tipo di tetto, si può parlare in questo caso di termine composto di tipologia Bahuvrīhi. I termini composti Bahurvrīhis possono spesso essere resi in italiano attraverso un participio presente oppure una forma perifrastica del tipo "(colei/colui che possiede..." per esempio "possidente molto riso", come anche "colei/colui che possiede molto riso".

Madhyama-pada-lopī-samāsa

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È una varietà di composto Karmadhāraya Tatpuruṣa nel quale la parte mediana o centrale scompare. Esempio: devapūjakaḥ+brāhamaṇaḥ = devabrāhamaṇaḥ; Śrīyukta+Rāmaḥ = Śrīrāmaḥ.

Upapada-samāsa

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Si tratta di una varietà di composto Tatpuruṣa nella quale i sostantivi si fondono con dei verbi come in Kumbham+karoti = kumbhakāraḥ.

Aluk-samāsa

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Caso nel quale la terminazione non scompare: ātmane+ padam = ātmanepadam.

Sintassi

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Grazie al complesso sistema di declinazioni l'ordine delle parole nella frase è piuttosto libera nel sanscrito, sebbene sia presente una tendenza a organizzare la frase sul modello SOV.

Esistono inoltre alcune regole sintattiche al fine di ridurre le possibili ambiguità in una qualsiasi proposizione.

Bibliografia

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  • A Sanskrit Grammar for Students – A. A. Macdonell – ISBN 81-246-0094-5
  • Grammatica sanscrita elementare- Traduzione in italiano dell'opera originale "A Sanskrit Grammar for Students" di A. A. Macdonell a cura di G. Bechis - ISBN 88-555-0687-0
  • Corso di sanscrito - Carlo Della Casa con una introduzione di A. Passi - ISBN 88-400-0700-8
  • Grammatica sanscrita - Saverio Sani- con comparazione indoeuropea- ISBN 88-814-7361-5
  • Dizionario sanscrito - sanscrito–italiano, italiano–sanscrito - Tiziana Pontillo - ISBN 88-119-4152-0
  • Devavāṇīpraveśikā: An Introduction to the Sanskrit Language – Robert P. Goldman – ISBN 0-944613-40-3
  • Massimo Morroni, Sanscrito semplice. Introduzione allo studio, Roma, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2012. - ISBN 978-88-91037-04-6

Topics in Sanskrit morphology and syntax

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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