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Forze terrestri russe

forza armata terrestre della Russia

Le Forze terrestri russe o SV (in russo Сухопутные войска?, Suchoputnye vojska[2]) costituiscono l'esercito della Federazione Russa e assieme a Forze Aerospaziali, Forze missilistiche strategiche, Truppe aviotrasportate e Marina militare compongono le Forze armate russe. Istituite a partire dal 1991, sono le eredi naturali dell'Armata Rossa sovietica e sono solite includere nel proprio lignaggio anche l'Esercito imperiale russo.

Forze terrestri
(RU) Сухопутные войска
Grande emblema della Suchoputnye vojska
Descrizione generale
Attivadicembre 1991 - oggi
NazioneRussia (bandiera) Russia
ServizioForza armata
TipoEsercito
Dimensione550 000 uomini (2022)
Stato MaggioreArgine Frunzenskaya 20-22, Mosca, Russia
PatronoSant'Aleksandr Nevskij
Colorirosso, nero, grigio, verde
                
MarciaAvanti, soldati! (Вперёд, пехома !)
Battaglie/guerreGuerra di Transnistria
Guerra civile in Tagikistan
Guerra d'Abcasia
Crisi costituzionale russa del 1993
Prima guerra cecena
Guerra del Daghestan
Guerra in Georgia
Seconda guerra cecena
Seconda guerra in Ossezia del Sud
Guerra civile siriana
Guerra civile irachena
Invasione russa dell'Ucraina del 2022
Anniversari1º ottobre
Parte di
Comandanti
generale d'armataOleg Salyukov[1]
(dal 2018)
Simboli
Emblema ridotto
Emblema intermedio
Bandiera
Stemma per mimetica
Voci su unità militari presenti su Wikipedia

Con compiti legati alla difesa dell'integrità del territorio della Federazione e la protezione degli interessi del Paese, a partire dagli anni duemila sono oggetto di un vasto ed impegnativo piano di riforma e riorganizzazione[3] nonché di rinnovamento degli equipaggiamenti, venendo incluse in un sistema di programmi decennali di approvvigionamento degli armamenti. Il programma in corso, previsto per il decennio 2018-2027, prevede una spesa pari a 282 miliardi di dollari.[4]

Caratterizzate da un inventario costituito da numerosi veicoli sovietici, nel 2020 la quota di mezzi e sistemi d'arma aggiornati ha raggiunto il 70% del totale.[5]

Le riforme, portate avanti con successo a partire dagli anni duemiladieci, hanno permesso alle condizioni generali di servizio dei soldati russi di migliorare in modo sostanziale e migliorare coordinamento e gestione della forza armata. Ulteriori sforzi sono stati profusi per l'adeguamento della rete di stoccaggio e rifornimento, strutture abitative, cliniche ed uffici. A partire dal 2009 la ferma obbligatoria è diminuita da 24 a 12 mesi.

Al 2021, le forze terrestri sono caratterizzate dalla presenza sia di coscritti che personale a contratto.

Con il dissolversi dell'Unione Sovietica vi fu un grande sforzo per mantenere unite le Forze armate sovietiche in un solo corpo militare al servizio della neonata Comunità degli Stati Indipendenti. L'ultimo ministro della difesa sovietico, il maresciallo Evgenij Šapošnikov, venne nominato comandante in capo della Forze armate della CSI nel dicembre 1991.[6] Fra i numerosi accordi firmati dalle varie repubbliche con lo scopo di regolare il periodo di transizione ci fu quello di un accordo generale che ammetteva l'esistenza di un unico blocco militare, che venne firmato a Minsk il 14 febbraio 1992. Divenne tuttavia chiaro che l'Ucraina, e con essa altre repubbliche, erano ben determinate a opporsi a questo accordo di un fronte militare unico con lo scopo di creare delle proprie Forze armate e per questo motivo il nuovo governo russo prese i suoi provvedimenti.[7]

Il presidente Boris El'cin firmò un decreto per la creazione di un Ministero della difesa russo il 7 maggio 1992, portando in essere le Forze di terra russe insieme ad altri corpi d'armata delle Forze armate della Federazione Russa. A quel tempo il Comando generale era impegnato nel processo di ritiro di decine di migliaia di soldati dalla Germania, dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia e dalla Mongolia.

Vennero ritirate in totale trentasette divisioni e quattro distretti militari, per un totale di cinquantasette divisioni, vennero riassegnate in Bielorussia e Ucraina.[8] Questo processo di ritiro delle truppe dai territori dell'ex-Patto di Varsavia fu per le Forze sovietiche di Terra in dissolvimento una fase estremamente dispendiosa e difficile.[9] Poiché i distretti militari rimasti in Russia dopo il collasso dell'Unione Sovietica erano composti in gran parte da formazioni autotrasportate, la creazione delle Forze di terra russe rappresentarono un immane sforzo per sostituire con le ben addestrate ed efficaci truppe provenienti dai paesi dell'Est a quelle mal equipaggiate e insufficientemente preparate dei distretti russi. Tuttavia, le caserme e le basi militari russe si dimostrarono troppo inadeguate per un simile flusso di personale ed equipaggiamento e molte unità "vennero scaricate dai vagoni dei treni in aperta campagna."[10] La necessità di distruggere e trasferire una ingente quantità di armamenti in rispetto al Trattato FCE ha ulteriormente aggravato la situazione sopra descritta.

I piani di riforma post-Sovietica

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Un piano di riforma venne pubblicato il 21 luglio 1992 sulla Stella Rossa,[11] il giornale del Ministero della difesa. Successivamente un commentatore disse che esso venne ideato "con una certa solerzia" dal Comando generale "per soddisfare la richiesta della popolazione per un cambiamento radicale".[12] Il Comando generale rappresentò, da questo punto di vista, un bastione conservatore, che causò un sovraccarico di problemi che resero ancor più critica la situazione. Il piano di riforma prevedeva il mutamento da una struttura con schema Armata-Divisione-Reggimento a uno schema Corpi-Brigata. Le nuove strutture sarebbero state maggiormente efficaci in una situazione senza fronti di conflitto ben definiti e indipendenti nell'azione a tutti i livelli. Tagliando un intero livello di comando, e lasciando solo due scaglioni superiori tra i quartieri generali di guerra e i battaglioni in azione si sarebbero ottenuti minori dispendi di risorse, una maggiore flessibilità e una migliore efficacia nel sistema di comando e controllo delle operazioni.[13] Questo cambiamento così radicale è rimasto tuttavia inattuato, parziale e, in alcuni casi, addirittura revisionato.

La crisi interna del 1993

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Le Forze di terra vennero coinvolte con una certa riluttanza nella crisi costituzionale russa esplosa nel 1993 dopo che l'allora presidente El'cin aveva proclamato un decreto (da molti ritenuto illegittimo) con il quale dissolveva di fatto il Parlamento russo a seguito della strenua opposizione di quest'ultimo ai suoi tentativi di consolidamento del suo potere personale e delle sue riforme neo-liberali. Un gruppo di deputati, compreso il vicepresidente Aleksandr Ruckoj, si barricarono nel Parlamento in segno estremo di protesta. Mentre davano pubblicamente supporto al presidente, le Forze armate, guidate dal generale Gračëv, cercarono di fatto di mantenersi neutrali, seguendo esclusivamente gli ordini dei loro ufficiali.[14] Yeltsin dovette aspettare diverse ore nel tentativo di ottenere il consenso delle alte sfere militari, poco convinte della legittimità della sua causa e della fedeltà dei propri soldati, ma alla fine venne raggiunto l'accordo per attaccare il palazzo del Parlamento.

Quando l'attacco venne finalmente sferrato, le forze in esso utilizzate provenivano da cinque differenti divisioni provenienti dai dintorni di Mosca e il personale coinvolto era composto per la maggior parte da ufficiali e sottufficiali.[15] Alcune fonti sostengono che alcune formazioni entrarono a Mosca solo dietro enormi pressioni.[16] Tuttavia, una volta che il Parlamento venne evacuato e i suoi leader arrestati, con l'imposizione della censura, Yeltsin riuscì a ottenere nuovamente il potere.

Il conflitto in Cecenia

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Il popolo ceceno non aveva mai accettato di buon grado la supremazia russa, e con la dissoluzione dell'Unione Sovietica, dichiarò la propria indipendenza nel novembre 1991 sotto la leadership dell'ex ufficiale dell'aviazione, il generale Džochar Dudaev.[17] Poiché la proclamazione dell'indipendenza cecena iniziò a essere interpretata da più parti come una minaccia all'autorità centrale di Mosca, e il relativo diffondersi di una situazione di totale anarchia in territorio ceceno che dava adito al sorgere di bande criminali, sorse all'interno del governo russo un gruppo di sostenitori della linea dura che proclamavano a gran voce una forte politica di repressione. Fu per questo motivo che il presidente El'cin venne indotto nel novembre 1994 a decidere per un giro di vite. Nel Consiglio di Sicurezza del 29 novembre 1994 egli ordinò ai Ceceni di abbandonare le armi, con la minaccia di far intervenire le truppe di Mosca per restaurare l'ordine. Il ministro della difesa Pavel Gračëv assicurò Yeltsin che avrebbe preso Groznyj con l'uso di un solo reggimento di truppe aerotrasportate in due ore.[18] L'operazione iniziò l'11 dicembre 1994 e il 31 dicembre le forze d'assalto russe entrarono nella capitale cecena. Alla 131ª Brigata motorizzata venne dato l'ordine di fare una rapida incursione nel centro cittadino, ma venne di fatto decimata dagli agguati dei ribelli ceceni. Dopo aver definitivamente conquistato Groznyj, nonostante una strenua e feroce resistenza, l'esercito spostò le operazioni nelle altre roccaforti della resistenza cecena. Quando i militanti ceceni presero degli ostaggi nell'ospedale di Budënnovsk nel territorio di Stavropol' nel giugno 1995, la possibilità di una pace sembrò allontanarsi nel tempo e i combattimenti diventarono sempre più intensi. Dudaev venne assassinato nell'aprile del 1996 e in quella stessa estate una controffensiva cecena portò alla riconquista di Groznyj da parte dei ribelli. L'allora segretario del Consiglio di sicurezza Aleksandr Lebed' intraprese una serie di colloqui di mediazione con il leader dei ribelli ceceni Aslan Maschadov nell'agosto 1996, con il quale firmò un accordo tra il 22 ed il 23 agosto, che portò alla fine dei combattimenti a fine mese.[19] L'accordo formale per il cessate il fuoco venne siglato nella città daghestana di Chasavjurt il 31 agosto 1996 e in esso si giunse a un accordo secondo il quale non si sarebbero aperte relazioni diplomatiche tra la Repubblica cecena di Ichkeria e il governo federale russo prima della fine del 2001.

L'efficacia delle Forze di terra russe durante la prima guerra cecena è stata valutata come "alquanto insufficiente".[20] Scrivendo un secondo articolo sei anni dopo, Michael Orr affermò che "una delle cause alla radice del fallimento della campagna russa del 199496 fu l'incapacità di organizzare e schierare una forza militare debitamente addestrata."[21] Nel dicembre del 1996, il ministro della difesa Igor Rodionov ordinò persino le dimissioni del comandante delle forze di terra, Vladimir Semjanov, per attività incompatibili con la sua posizione - cioè per le attività economiche di sua moglie.[22]

La seconda guerra cecena iniziò nell'agosto 1999 in seguito a un attacco militare delle forze ribelli cecene nel territorio del Daghestan, seguito subito dopo da una serie di quattro bombardamenti in territorio russo agli inizi di settembre, che ebbero come pronta risposta un'azione di rappresaglia contro gli assalitori da parte delle forze russe. Inizialmente la principale tattica russa fu di attuare un intenso bombardamento da terra e dal cielo prima di far avanzare le forze di terra. Nel frattempo, all'interno delle Forze di terra, nell'intervallo di tempo tra il 1996 e il 1999, erano stati compiuti notevoli progressi, e quando iniziò il conflitto, invece di schierare dei reggimenti mal composti e creati alla rinfusa, senza alcun addestramento, furono impiegate formazioni ben equipaggiate e ben supportate da truppe di riserva cospicue, addestrate specificamente al conflitto in corso e poi dislocate sul campo di battaglia. Di conseguenza le prestazioni delle truppe russe migliorarono notevolmente e una larga parte delle forze nemiche subirono notevoli danni.

La maggior parte dei capi secessionisti ceceni morirono nei combattimenti o furono uccisi, incluso l'ex presidente ceceno Aslan Maschadov e la "mente" del terrorismo ceceno e trafficante d'armi Šamil' Basaev. Comunque sia continuarono a verificarsi scontri su piccola scala che, a partire dal novembre 2007, si allargarono in altre zone della Russia caucasica. Diventò un conflitto che creò forti tensioni anche all'interno delle stesse Forze terrestri russe, in cui addirittura un alto ufficiale fu costretto alle dimissioni per essere rimasto indifferente agli ordini del governo: il generale Gennadij Trošev venne estromesso nel 2002 per essersi rifiutato di lasciare il comando del Distretto militare del Caucaso Settentrionale per il meno importante Distretto militare della Siberia.

La seconda guerra cecena fu dichiarata ufficialmente finita il 16 aprile 2009.

Le riforme di Sergeev (1997-1999)

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Nel contesto di una crescente crisi di fiducia nell'esercito, il 16 maggio 1996 il Presidente della Federazione Russa firmò il decreto n. 722 con cui veniva pianificato il passaggio dell'esercito da base volontaria a professionale entro il 2000. Pertanto, quando Igor' Sergeev divenne ministro della difesa nel 1997, iniziò un processo di vera riforma in una situazione molto difficile.

Venne ridotto il numero di centri di addestramento militare, rimasto invariato dal 1991, mentre fu ordinata l'unione del Distretto militare della Siberia con quello della Transbajkalia. Un gran numero di divisioni dell'esercito cambiarono il loro status in truppe sempre pronte ad entrare in combattimento, con l'obiettivo di rendere in ogni momento operativo l'80% dell'organico e il 100% dell'equipaggiamento. Nell'agosto del 1998 Sergeev annunciò che vi sarebbero state, entro la fine dell'anno, ben 6 divisioni e 4 reggimenti pronti a essere impiegati sul campo con un preavviso di 24 ore. Furono annunciati inoltre i tre livelli su cui venivano organizzate le Forze armate russe: truppe immediatamente operative, truppe a basso livello di operatività e riserve strategiche.

Nonostante ciò, la bassa qualità del personale continuò a essere un problema. La mancanza di benzina da destinare agli addestramenti e una mancanza di giovani ufficiali ben addestrati causava un calo di efficienza combattiva delle truppe. Comunque sia, dando ascolto agli interessi del suo vecchio gruppo di appartenenza, le Forze Missilistiche Strategiche, Sergeev diresse personalmente lo smembramento del quartier generale delle Forze di terra nel dicembre 1997. La sua smobilitazione fu un autentico "nonsense militare", secondo Michael Orr, "spiegabile soltanto in termini di scelte politiche interne al Ministero della difesa". Risultato di ciò fu un calo del prestigio delle Forze terrestri, dato che la smobilitazione del loro quartier generale fu - almeno in teoria - causa di un loro abbassamento di livello nei confronti dell'Aviazione e della Marina.

La prima riforma Putin (2001-2004)

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Durante la presidenza di Vladimir Putin incominciarono a venire investite considerevoli risorse finanziarie nelle Truppe terrestri. Venne riformato il loro quartier generale e si fecero passi avanti verso la professionalizzazione dell'esercito. I piani di riforma prevedevano anche di ridurre il servizio di leva a 18 mesi nel 2007 e a 1 anno a partire dal 2008, mentre rimaneva la composizione mista delle Forze terrestri, con effettivi di leva ed altri a contratto.

Grazie ad una leggera ripresa dalla crisi economica che imperversò nella Russia post-sovietica ed a un aumento delle entrate dovute all'estrazione di idrocarburi, la Russia dichiarò ufficialmente di aver aumentato le risorse destinate alla difesa per la prima volta dalla formazione della Federazione. Il budget aumentò da 141 miliardi di rubli nel 2000 fino a ben 219 miliardi di rubli nel 2001. Buona parte di queste nuove risorse furono spese nelle retribuzioni del personale maggiori nel 2001 anche del 20% rispetto all'anno precedente. Il programma di professionalizzazione dell'esercito, inclusa la nuova formazione di 26 000 sergenti, venne stimato bisognoso di una spesa di 31 miliardi di rubli (1.1 miliardi di dollari USA). Ma le spese non furono limitate al personale; si investì anche in ricerca e sviluppo.

Nel 2003, sotto il ministro della Difesa della Federazione Russa S. B. Ivanov , è stato proposto un nuovo piano di riforma, in base al quale tutte le unità e le formazioni in continua disponibilità, dovevano convertirsi al metodo contrattuale, tuttavia il progetto si arenò nuovamente per mancanza di fondi.

Al 2008, nessuna delle riforme dell'esercito intraprese dal momento della loro istituzione era riuscita a giungere a compimento.

La seconda riforma Putin (2008-2020)

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Il conflitto armato nell'Ossezia meridionale scoppiato nell'agosto 2008, accelerò grandemente i piani di riforma.

Si suddivise tali piani in 3 fasi:

  • Fase I (2008-2011): ottimizzazione nel numero del personale, ottimizzazione della catena di comando, riforma dell'educazione militare.
  • Fase II (2012-2015): aumento della retribuzione, fornitura di alloggi permanenti e uffici al personale, riqualificazione professionale e formazione avanzata del personale militare.
  • Fase III (2016-2020): riorganizzazione dei riservisti, rinnovamento infrastrutturale, creazione di battaglioni EW.

Nel 2010, la suddivisione militare-amministrativa della Federazione è stata modificata portando alla destituzione dei 6 distretti militari allora esistenti e la conseguente istituzione di 4 distretti militari allargati: quello occidentale, meridionale, centrale ed orientale.

Distretto Unità Sede
Distretto militare occidentale

(San Pietroburgo)

1ª Armata corazzata delle guardie Odintsovo
6ª Armata di forze combinate San Pietroburgo
20ª Armata di forze combinate delle guardie Voronezh
Distretto militare meridionale

(Rostov sul Don)

8ª Armata di forze combinate delle guardie Novocherkassk
49ª Armata di forze combinate Stavropol
58ª Armata di forze combinate Vladikavkaz
Distretto militare centrale

(Ekaterinburg)

2ª Armata di forze combinate delle guardie Samara
41ª Armata di forze combinate Novosibirsk
Distretto militare orientale

(Khabarovsk)

5ª Armata di forze combinate Ussuriysk
29ª Armata di forze combinate Chita
35ª Armata di forze combinate Belogorsk
36ª Armata di forze combinate Ulan-Ude
68º Corpo d'Armata Yuzhno-Sakhalinsk

La struttura di comando è stata snellita, riducendo in media del 61% il numero degli ufficiali nei ranghi tra il 2008 ed il 2012.

Grado 2008 2009 2012 Variazione percentuale
Generale 1 107 780 866 −22%
Colonnello 15 365 - 3 114 −80%
Tenente colonnello 19 300 - 7 500 −61%
Maggiore 99 550 - 30 000 −70%
Capitano 90 000 - 40 000 −56%
Tenente anziano 30 000 - 35 000 +17%
Tenente 20 000 - 26 000 +30%
Ufficiali totali 365 000 142 000 −61%
Guardiamarina 90 000 0 0 −100%
Michman 50 000 0 0 −100%

Sono state realizzate ulteriori infrastrutture a supporto della medicina militare, che hanno portato a conteggiare:

  • 66 ospedali militari
  • 83 cliniche militari
  • 17 infermerie
  • 5 sanatori militari e case di riposo
  • 64 basi di stoccaggio per attrezzature militari e proprietà

Fase II

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In questa fase sono stati ridotti i problemi di tipo sociale di cui soffrivano gli effettivi. Lo stipendio è stato aumentato da 2 a 3 volte per ciascun grado, integrato da numerosi bonus e coefficienti relativi al servizio svolto.

Dal 2010 al 2017, sono stati forniti alloggi permanenti a più di 482 000 soldati.

A partire da gennaio 2012, tutti i militari a contratto sono tenuti a seguire corsi di addestramento intensivo in centri di formazione appositamente creati. Nei primi sei mesi del 2012, più di 6,5mila militari si sono formati nel solo distretto militare meridionale, 5 500 con successo mentre circa 1 000 militari non hanno superato il test.

Fase III

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Nel 2016 sono iniziati i lavori per la creazione di 24 complessi produttivi e logistici (PLC) entro il 2020. I PLC sono progettati per sostituire circa 330 tra magazzini dell'esercito e basi di stoccaggio, riducendo così le spese del ministero della difesa da 29,4 miliardi a 14,8 miliardi di rubli.

Nel 2018, il Ministero della difesa definì un vero e proprio sistema di riserva di mobilitazione, in base al quale i soldati e gli ufficiali di riserva concludono un contratto con il Ministero della Difesa e sono tenuti a frequentare i campi di addestramento ogni anno, nonché corsi speciali ogni mese. Il contratto prevede pagamenti e risarcimenti. Durante il servizio, il riservista riceve uno stipendio intero e nei restanti mesi il 12% del totale.

Ruolo e funzione

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Genieri russi durante le operazioni di sminamento ad Aleppo

Il ruolo principale per le Forze di terra è la difesa dei confini nazionali, il combattimento a terra, la sicurezza dei territori sottoposti a occupazione e lo scontro con eventuali forze nemiche. Tutti questi obiettivi debbono essere perseguiti dalle truppe di Terra sia in un ipotetico conflitto nucleare che in una guerra convenzionale, con l'esclusione dell'uso di armi di distruzione di massa. Oltre a ciò, essi debbono essere in grado di proteggere gli interessi della nazione all'interno degli obblighi e dei patti militari stipulati a livello internazionale.

Il Comando generale delle Forze di terra è ufficialmente deputato ai seguenti obiettivi:[23]

  • L'addestramento delle truppe per il combattimento, sulla base degli obiettivi determinati dal Comando generale delle Forze armate della Federazione Russa
  • L'organizzazione e lo sviluppo della struttura e della composizione delle truppe, comprese quelle delle forze speciali
  • Lo sviluppo della teoria e della pratica bellica
  • Lo sviluppo di manuali e di metodologie di addestramento sul campo
  • Lo sviluppo di addestramento e tattiche per le Forze di terra

Organizzazione

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Il Presidente russo è il comandante in capo supremo delle Forze armate. Le attività delle Forze terrestri russe sono dirette dal Comando centrale (Glavkomat), con sede a Mosca. Questa struttura fu abolita nel 1997, per poi essere ripristinata dal presidente Putin nel 2001, nominando come comandante delle Forze terrestri il generale Nikolaj Kormilcev, in carica anche come ministro della difesa. Kormilcev ha ceduto il suo comando al generale Aleksej Maslov nel 2004, e nel quadro di una riorganizzazione degli incarichi e delle responsabilità, il comandante in capo delle Forze terrestri perse il suo ruolo di ministro della difesa. Come Kormilcev, anche Maslov (in carica come capo delle Forze terrestri) fu promosso al grado di generale d'armata.

Il Comando centrale delle Forze terrestri è costituito dallo stato maggiore delle Truppe terrestri e dai dipartimenti delle Forze di mantenimento della pace, degli armamenti delle Forze terrestri, dei servizi segreti delle Forze terrestri, dei Quadri delle Forze terrestri (personale amministrativo), della dottrina e dell'educazione militare. Vi erano altri dipartimenti al tempo in cui il comandante delle Forze terrestri era anche ministro della difesa. Essi sono il Dipartimento delle truppe di difesa da radiazioni, attacchi chimici e biologici, il Dipartimento del genio militare, il Dipartimento delle truppe di supporto aereo e altre ancora. A oggi il titolare di questi dipartimenti è sconosciuto.

Nel 2024, l'organizzazione è la seguente:

  Distretto militare di Leningrado, San Pietroburgo

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  Distretto militare di Mosca, Mosca

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  Distretto militare Meridionale, Rostov sul Don

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  Distretto militare Centrale, Ekaterinburg

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  Distretto militare Orientale, Chabarovsk

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Gruppo tattico di battaglione - BTG

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Il gruppo tattico di battaglione (in inglese BTG, Battalion Tactical Group) è un'organizzazione tattica modulare creata a partire da una brigata dell'esercito per dispiegare le forze da combattimento nelle zone di conflitto. L'uso dei BTG è divenuto effettivo dalle operazioni in Donbass tra il 2013 e il 2015, sebbene molte unità nonostante un numero superiore di potenza di fuoco, guerra elettronica e difesa anti-aerea siano state sopraffatte dall'esercito regolare ucraino.[24] Ogni reggimento o brigata è strutturato in maniera quasi permanente in 2 BTG. Le unità del Distretto Militare Meridionale ne hanno 3. Al 2021 le forze terrestri russe avevano a disposizione 168 BTG. Secondo fonti occidentali durante l'invasione dell'Ucraina del 2022, ne sono stati impiegati 100, ovvero il massimo dispiegamento possibile.[25]

Struttura

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Struttura del BTG
  • 700-800 soldati
  • 1 compagnia carri equipaggiata con 10 MBT
  • 3 compagnie di fanteria meccanizzata equipaggiata con 40 veicoli da combattimento per la fanteria IFV e 6 veicoli trasporto truppe APC
  • 1 compagnia di difesa anticarro equipaggiata con 2S25 e 9P162 Kornet 1
  • 2/3 batterie di artiglieria semovente o MLRS equipaggiate con 2S19 e BM-21
  • 2 compagnie di difesa anti-aerea equipaggiata con 2S6M1 e SA-13
  • 1 compagnia di supporto
  • 1 compagnia da ricognizione

Equipaggiamento

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Armi e mezzi dell'Esercito della Federazione Russa.

L'esercito di terra della Federazione Russa dispone di un grande numero di veicoli corazzati, blindati ed artiglierie. Segue tabella riassuntiva dell'inventario dell'esercito russo per categoria di veicolo, al 2022.

Categoria In servizio[26] In riserva[26]
Carri armati da combattimento (MBT) 2 927 ≈10 200
Veicoli da combattimento della fanteria (IFV) 5 180 ≈8 500
Mezzi corazzati trasporto truppe (APC) 6 050+ ≈6 000+
Artiglieria semovente (SPG) 1 968 ≈4 260
Artiglieria trainata 150 ≈12 415
Lanciarazzi multipli (MLRS) 1 352
Sistemi missilistici terra-aria (SAM) 2 531

Gradi e insegne

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Gradi militari delle forze terrestri russe.

La gerarchia dei gradi dell'Esercito russo ha mantenuto in gran parte quella dell'esercito sovietico, con alcune piccole modifiche. La differenza principale dallo stile occidentale abituale è qualche variazione nei titoli di grado dei generali – in almeno un caso, colonnello Generale, deriva dall'uso tedesco. La maggior parte dei nomi di grado sono stati presi in prestito dai gradi esistenti tedesco/prussiani, francesi, inglesi, olandesi, e polacchi al momento della formazione dell'esercito regolare russo nel tardo XVII secolo, [senza fonte] e sono ancora in vigore con poche modifiche del titolo attraverso il periodo sovietico.

  1. ^ "RUSSIAN ARMY CHIEF DETAILS LAND FORCE DEVELOPMENT"., su janes.com, 2 ottobre 2018, URL consultato il 4 ottobre 2018.
  2. ^ (RU) Sito ufficiale delle forze terrestri russe.
  3. ^ Luke Harding; Ian Traynor, Big rise in Russian military spending raises fears of new challenge to west, in The Guardian, 9 febbraio 2007.
  4. ^ Budget of Russia’s new state arms procurement program to be over 21 trillion rubles, su TASS. URL consultato il 20 maggio 2021.
  5. ^ Russian army’s share of modern military equipment must reach 70%, says Putin, su TASS. URL consultato il 20 maggio 2021.
  6. ^ International Institute for Strategic Studies, The Military Balance 1992–3, Brassey's, 1992, p.89.
  7. ^ IISS, 1992, p.89.
  8. ^ IISS, The Military Balance 1995–96, p.102.
  9. ^ Alexey D. Muraviev and Greg Austin, The Armed Forces of Russia in Asia, Tauris, 2001, p.257.
  10. ^ M.J. Orr, The Russian Armed Forces as a factor in Regional Stabiliy, CSRC, June 1998, p.2.
  11. ^ Otechestvennye zapiski, 2002, №8 http://magazines.russ.ru/oz/2002/8/2002_08_21.html.
  12. ^ Pavel Baev, The Russian Army in a Time of Troubles, Oslo, International Peace Research Institute, 1996, p. 67.
  13. ^ Charles Dick, Russian Views on Future War—Part 3, Jane's Intelligence Review, November 1993, p.488.
  14. ^ (EN) McNair Paper 34, The Russian Military's Role in Politics, January 1995, Copia archiviata, su ndu.edu. URL consultato il 12 ottobre 2006 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2008)..
  15. ^ Alexey D. Muraviev and Greg Austin, The Armed Forces of Russia in Asia, Tauris, 2001, p.257.
  16. ^ McNair Paper 34, 1995.
  17. ^ Raymond C. Finch, Why the Russian Military Failed in Chechnya, Foreign Military Studies Office, Fort Leavenworth, KS, Copia archiviata, su fmso.leavenworth.army.mil. URL consultato il 14 ottobre 2006 (archiviato dall'url originale il 15 ottobre 2006)..
  18. ^ C. W. Blandy, Chechnya: Two Federal Interventions. An Interim Comparison and Assessment, Conflict Studies Research Centre, P29, January 2000), p.13, citato in Dale Herspring, "Undermining Combat Readiness in the Russian Military", Armed Forces & Society, Vol 32, No.4, July 2006.
  19. ^ Scott and Scott, Russian Military Directory, 2002, p.328.
  20. ^ (EN) Michael Orr, Better or Just Not So Bad? An Evaluation of Russian Combat Performance in the Second Chechen War, CSRC paper P31, 2000, p.82.
  21. ^ Orr, 2000, p.87.
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