Via de' Serragli
Via dei Serragli | |
---|---|
Via de' Serragli nei pressi del vecchio accesso al giardino Torrigiani | |
Nomi precedenti | Via del Pugliese, via del Canto alla Cuculia, via Chiara, via Giano della Bella, via delle Fornaci, via di Boffi |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Città | Firenze |
Quartiere | Quartiere 1 |
Codice postale | 50124 |
Informazioni generali | |
Tipo | strada carrabile |
Intitolazione | famiglia Serragli |
Collegamenti | |
Inizio | piazza Nazario Sauro/borgo San Frediano/via Santo Spirito |
Fine | piazza della Calza |
Intersezioni | borgo Stella, via Santa Monaca, via Sant'Agostino, via dell'Ardiglione, via della Chiesa, via del Campuccio, via Santa Maria, via Serumido |
Mappa | |
Via dei Serragli è una strada centro storico di Firenze, tra le principali direttrici nord-sud del quartiere Oltrarno. La strada si sviluppa con impianto rettilineo per più di un chilometro collegando piazza Nazario Sauro (angolo borgo San Frediano e via di Santo Spirito) alla piazza della Calza (Porta Romana). Lungo il tracciato si innestano: il borgo Stella (con il canto di borgo Stella), via Santa Monaca (con il canto della Cuculia), via Sant'Agostino, via dell'Ardiglione, via della Chiesa (con il canto di Sitorno), via del Campuccio (con il canto alla Cornacchia), via Santa Maria e via di Serumido.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La denominazione riferisce della presenza, essenzialmente lungo il primo tratto della via, in antico, di varie case di proprietà della famiglia Serragli, che aveva avuto alcuni importanti membri che ricoprirono alcune cariche pubbliche tra il XIV e il XVII secolo: sei gonfalonieri di Giustizia e 21 priori. La fama dei Serragli però è soprattutto dovuta all'ultimo discendente, Giuliano, che nel 1648 lasciò tutti i suoi averi alla Congregazione di San Filippo Neri per la costruzione del complesso di San Firenze.
Precedentemente all'unificazione del tracciato sotto quest'unica denominazione la strada recava nomi diversi in relazione ai vari tratti, così come riportato dallo Stradario storico amministrativo del Comune di Firenze del 1913: "da piazza de' Soderini (oggi piazza Nazario Sauro) a Borgo della Stella: via del Pugliese; da Borgo della Stella a via Sant'Agostino: via del Canto alla Cuculia; da via S. Agostino a via del Campuccio: via Chiara, e talvolta via Giano della Bella; da via del Campuccio a via Serumido: via delle Fornaci; oltre: via di Boffi".
A parziale conferma di ciò la pianta di Firenze delineata da Ferdinando Ruggieri nel 1731 riporta in ordine le titolazioni di via de' Serragli fino a via Sant'Agostino, di via Chiara per il tratto seguente che tuttavia, oltre i bastioni che al tempo correvano in prossimità del monastero di San Vincenzo d'Annalena, è segnato con il toponimo Boffi. "Col suo tracciato, l'attuale via de' Serragli è uno dei più chiari esempi di 'grande forca' al di là dell'Arno, dove un punto di obbligo, lungo le seconde ed ultime mura comunali, era costituito dalla Porta Romana, verso la quale s'indirizzava, prima di tutte le altre, l'antica arteria dell'attuale via Romana, proveniente dal primo ponte fiorentino, cioè dal Ponte Vecchio. Proveniente, invece, dal secondo ponte, quello alla Carraia, la nuova via, tracciata attraverso i campi, con le varie denominazioni di cui abbiamo parlato, aveva la stessa mèta, perciò convergeva, facendo 'la maggior forca' d'Oltrarno, dentro la quale, poi, si sarebbe incuneata, come l'altezza del triangolo, la via Maggio, proveniente dal ponte a Santa Trinita. Si osservi il grande triangolo isoscele, che ha la base dal Ponte Vecchio al Ponte alla Carraia, e il vertice su Porta Romana; si avrà la chiara visione di un quartiere, col cuore religioso formato dalla chiesa di Santo Spirito"[1].
La strada venne interessata dai lavori di intensificazione della difesa militare in previsione della guerra di Siena (1554), quando all'altezza della chiesa di San Pier Gattolino venne edificato un bastione, a maggior protezione del versante sud della città. Già nel 1571 queste fortificazioni supplementari vennero smantellate e la zona riedificata con case da appigionare, affidate ai cavalieri del Santo Sepolcro, il cui stemma si vede ancora su molti edifici del tratto più a sud della strada e in via Romana.
Durante il Granducato di Toscana, ai tempi del Fantozzi (inizio anni 1840), si trovava su questa strada l’ambasciata britannica[2]. Nel periodo di Firenze Capitale (1865-1871) avevano sede nella via l’Ambasciata Turca in Italia e quella Americana, rispettivamente ai numeri civici 5 e 13;[3].
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il carattere della via è essenzialmente residenziale, con la presenza di nobili palazzi nel primo tratto, fino a via Sant'Agostino, e di case che sempre più si fanno popolari avvicinandosi a porta Romana, fatto salvo l'episodio del casino Torrigiani, che tuttavia racchiude le proprie ricchezze all'interno di una cortina di case che si guardano su via de' Serragli con facciate di disegno sufficientemente corrente.
Nel suo ruolo di strada maestra della città la via continua ad essere interessata da un notevole passaggio, attualmente in direzione di uscita, da piazza Nazario Sauro alla piazza della Calza.
Edifici
[modifica | modifica wikitesto]Il primo palazzo di rilievo che si incontra venendo dall'Arno è palazzo Rinuccini, in angolo con via Santo Spirito. Al numero 8 è presente invece il palazzo Feroni-Magnani, edificato a metà del Quattrocento e ristrutturato nel 1778 da Zanobi del Rosso. Al 9 si trova il palazzo Antinori di Brindisi e al 17 palazzo Rosselli del Turco, ciascuno con elegante cortile interno. Al 19 si incontra palazzo Pallavicini e al 21 palazzo Baldovinetti, dove abitò Galileo Dati, amico di artisti e scienziati che spesso si riunivano nel suo palazzo.
Al numero 44 una targa ricorda la casa natale di Antonio Meucci, mentre al 49 il seicentesco palazzo Ricasoli-Salviati fu realizzato da Gherardo Silvani. Qui si trova anche la facciata ottocentesca dell'Istituto Gould.
Poco più avanti si trova anche lo studio dello scultore Pio Fedi (dal 1842), una curiosa costruzione la cui facciata da chiesarisale a quando qui esisteva l'oratorio del monastero di Santa Chiara, soppresso nel 1808. Una parte del monastero di Annalena, altrettanto soppresso, divenne l'Arena Goldoni, inaugurata nel 1818, e successivamente trasformarata nel Teatro Goldoni, su disegno di Giuseppe Del Rosso.
L'ex monastero di Sant'Elisabetta delle Convertite era tra i più importanti di Oltrarno e fu fondato nel 1285 dal fratello della beata Umiliana de' Cerchi. Ospitò le "Pinzochere di Santa Croce", le religiose che facevano parte del terzo ordine francescano e che avevano particolare cura del convento di Santa Croce. Il monastero venne trasferito in via dei Malcontenti nel 1837, e il monastero divenne rimessa per gli omnibus, poi asilo per orfanelli. La chiesa, che si trova all'angolo con via del Campuccio, fu restaurata da dall'architetto Giuseppe Castellucci ai primi del Novecento.
Immagine | N° | Nome | Descrizione[4] |
---|---|---|---|
1 | Palazzo Pecori | Il palazzo in angolo con via Santo Spirito apparteneva ai Pecori (dei quali resta l'arme all'angolo, opera di Giovan Battista Foggini). Venne ristrutturato alla fine del Seicento da Pier Francesco Silvani e venne unito al complesso di palazzo Rinuccini nel primo Ottocento. L'arme dei Pecori ricorre anche sul portone d'ingresso di via Santo Spirito, questa volta scolpita in marmo nella versione concessa a Francesco Maria Pecori dall'imperatore Giuseppe I (all'aquila bicipite coronata, spiegante le ali al di sopra di una pecora coricata rivolta sul terreno e brucante una pannocchia di saggina; il tutto sormontato da due fulmini, uscenti da una nuvola posta nel punto del capo e da un breve, caricato del motto 'Caesaris est') e recante un cartiglio con iscrizione e la data 1727. | |
4 | Casa | Si tratta di una casa (ma la nobiltà del fronte farebbe propendere per il temine palazzo) di carattere cinquecentesco, a tre piani per cinque assi, con le finestre del piano nobile ad arco, incorniciate da bugnato e allineate su una fascia marcadavanzale di vistoso aggetto. Il terreno mostra una inusitata altezza e, nonostante la presenza di due sporti oggi di accesso ad attività commerciali, non sembra aver subito significative modifiche e comunque non è stato bucato con altre finestre, come è accaduto nella maggior parte dei palazzi quattro cinquecenteschi fiorentini. Il fatto che il portone di accesso ai piani, ugualmente incorniciato in pietra, si presenti collocato all'estremità destra del prospetto, farebbe pensare a un edificio determinatosi come palazzo a partire da preesistenti e più antiche case[5]. | |
8 | Palazzo Del Pugliese | Erano qui nel Trecento "otto casette" di proprietà dei Serragli e, ai primi del Quattrocento, una casa dei Del Pugliese. Nel 1428 quest'ultima famiglia acquistò le precedenti, che erano già state riunificate, e procedette a trasformarle in un unico edificio, tanto che, nella denunzia del 1469, Piero di Francesco del Pugliese poteva affermare che "di dette case ne ho fatte una". Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1769 fu acquistato da Francesco Feroni che, intendendo dare ulteriore decoro alla proprietà, acquistò altre case confinanti e affidò all'architetto Zanobi Del Rosso l'incarico di ridisegnare i fronti e ridistribuire i vani interni. I primi lavori, conclusisi nel 1778, portarono ad ampliare il cortile, a restaurare lo scalone e a conferire nuove decorazioni ai principali appartamenti del piano terreno e del primo piano. Ulteriori ampliamenti seguirono dopo la soppressione, nel 1783, della chiesa e del monastero di San Frediano, che consentirono al marchese Ubaldo Francesco Feroni di estendere la proprietà fino alla piazza del Carmine (Firenze). Durante il periodo dell'occupazione francese il quartiere principale del palazzo fu affittato al ministro di Francia e, mentre il periodo di maggior ricchezza dei Feroni volgeva al termine, nel 1821 l'intera proprietà venduta ai Magnani, facoltosa famiglia di Pescia arricchitasi grazie allo sviluppo delle cartiere della zona. Successivamente parte della proprietà passò all'antiquario Salvatore Romano (1939) e oggi appartiene ai suoi eredi. La facciata su via de' Serragli, pur mostrando i vari rifacimenti, è essenzialmente riconducibile all'opera di Zanobi Del Rosso, al quale peraltro si devono le finestre con inferriate del piano terreno. Sul fronte dell'edificio è uno scudo con l'arme dei Feroni. | |
7-9 | Palazzo Antinori di Brindisi | L'edificio sorge dove erano alcune antiche case, una delle quali di Tommaso Soderini, acquistata assieme ad altre due già dei Comi e dei Masini tra il 1444 e il 1447 da Antonio di Tommaso Antinori, ad occupare fin dall'origine un lotto di terreno particolarmente esteso e delimitato dalle attuali via de' Serragli e via Maffia. Allo stesso Antonio si deve l'edificazione del palazzo, a costituire in Oltrarno la residenza di un ramo importante della famiglia, che dalla metà dell'Ottocento ottenne in via ereditaria i titoli e i beni degli Antinori di Brindisi, che fin dal Quattrocento si erano stabiliti nel Regno di Napoli. Ed è proprio in concomitanza con l'acquisizione da parte di Amerigo Antinori del grado di duca di Brindisi che il palazzo conobbe una fase di significativo rinnovamento, con la radicale trasformazione di tutta la parte destra del fabbricato su progetto dell'architetto Giuseppe Poggi, condotta dal 1856 al 1870 circa. In quell'occasione venne creata un'entrata separata per gli inquilini e un nuovo ingresso con un ampio androne arricchito da statue, accessibile alle carrozze e aperto al giardino posteriore. Quando si estinse il ramo familiare, il palazzo andò in eredità agli Aldobrandini. | |
10r | Casa | L'edificio segna il canto di borgo della Stella, posto com'è sull'incrocio tra l'omonima strada e via de' Serragli. Il fronte su quest'ultima è organizzato su quattro piani per due assi di finestre. Pur non mostrando esternamente elementi architettonici d'interesse si segnala la presenza, al 10 rosso, del laboratorio del bronzista Duccio Bianchi, erede di una bottega fondata nel 1925, a pieno diritto tra i laboratori artigiani storici della città. Dal lato di borgo della Stella è un modesto tabernacolo contenente un'immagine della Madonna col Bambino[6]. | |
17 | Palazzo Rosselli del Turco | La proprietà del palazzo fu acquistata nel 1851 da Luca Rosselli del Turco (1826-1882) in occasione del suo matrimonio con la contessa Vittoria Sassatelli di Imola, ultima del ramo principale di questa casata, i cui discendenti, che si dissero Rosselli del Turco Sassatelli, possedettero questo palazzo fino al 1922. La facciata, organizzata su otto assi per tre piani, presenta portone e finestre incorniciate da bozze di pietra serena, secondo modalità proprie della tradizione fiorentina tardorinascimentale, in questo caso rilette secondo una sensibilità oramai cinquecentesca. Sul fronte è un bello scudo in pietra sostenuto da due putti, con il campo dipinto con l'arme dei Rosselli del Lion bianco (al leone appoggiato a una lancia posta in palo e alla banda attraversante). Sulla rosta del portone è invece, a straforo, l'arme della famiglia Paoletti (d'azzurro, al destrocherio armato al naturale, impugnante una spada bassa di ferro, guarnita d'oro, il tutto accompagnato da tre stelle a otto punte ordinate in campo). Notevoli anche il ferro porta bandiera e la lumiera (ambedue di fattura novecentesca) posti in prossimità del portone. | |
19 | Palazzo Pallavicini | L'edificio, di antica fondazione, venne configurato nelle forme attuali attorno alla metà del Seicento, ad opera di Gherardo Silvani e su commissione di Giovanni Andrea del Rosso. Successivamente appartenne ai Salviati e quindi ai Ricasoli. Negli anni di Federico Fantozzi appare indicato come palazzo Pallavicini. Il fronte, sviluppato su tre piani per cinque assi, è caratterizzato dall'asse centrale contrassegnato da un portone sormontato da un balcone con balaustra in pietra e finestra con timpano curvilineo; a fianco di questa sono altre finestre di identica luce, due per lato, questa volta con la variante del timpano triangolare. Al piano terreno, ai lati, si evidenziano due finestre inginocchiate con arco curvilineo e grate in ferro battuto. | |
21 | Palazzo Baldovinetti | Acquistato da Michele di Leonardo Dati nel 1545, l'edificio rimase alla famiglia fino al 1768. In questo palazzo abitò l'accademico della Crusca Carlo Roberto Dati (1619-1676), allievo di Galileo Galilei e di Evangelista Torricelli, amico di Francesco Redi e di artisti e scienziati spesso riuniti nelle sale di questa residenza a formare quella specie di Accademia nota col nome di Società Cuculiana (dal nome del vicino canto alla Coculia). Passato alla famiglia Baldovinetti, eredi dei Dati, il palazzo fu venduto nel 1890 da Giovanni Tolomei Baldovinetti a Tommaso Rosselli Del Turco (1858-1937). La facciata si presenta con caratteri tipicamente cinquecenteschi, con portone e finestre incorniciate da bozze in pietra serena. Più tardo è il balcone con balaustra in ferro battuto. | |
22 | Palazzo Mazzei | ||
31 | Casa | La casa, riconducibile alla tipologia delle case a schiera tre quattrocentesche, presenta un fronte di disegno oltremodo semplice, organizzato su quattro piani per due assi. La si segnala per la presenza, sopra l'accesso all'ambiente terreno oggi destinato a laboratorio artigianale, di un pietrino a rotella, recante le insegne della Compagnia del Bigallo e dell'Arciconfraternita della Misericordia, ad attestarne appunto la proprietà a un certo momento della storia[7]. | |
33 | Casa | L'edificio si presenta attualmente sotto forma di palazzina ottocentesca (di disegno corretto e qualificato dal recente restauro), con la facciata organizzata su quattro piani per tre assi. Al di sopra della finestra del primo piano, in asse con il portone, è uno scudo con il campo segnato da una punta piegata, riconoscibile come insegna dell'Ordine Carmelitano, in questo caso posto a indicare una proprietà che, a un certo momento della storia dell'immobile, fu probabilmente della non lontana chiesa di Santa Maria del Carmine. A suggerire come l'attuale immobile sia frutto dell'unificazione di precedenti e antiche case a schiera è, sul limitare sinistro, la presenza di un pietrino con la colomba dello Spirito Santo, nelle forme proprie dei contrassegni utilizzati a segnare le proprietà della chiesa di San Basilio degli Armeni, in via San Gallo[8]. | |
34 | Casa | Si tratta di un edificio con il prospetto organizzato su quattro piani per due assi, certo di antica fondazione ma attualmente privo all'esterno di elementi architettonici distintivi. Lo si segnala per la presenta di un pietrino posto tra le due finestre del primo piano, in pessime condizione e che, per ciò che resta, si ipotizza riconducibile all'insegna della chiesa di Santo Spirito, a indicare una delle case di proprietà del vicino convento agostiniano[9]. | |
42 | Casa | Si tratta di un casamento con il fronte di disegno sufficientemente corrente, anche se le cornici delle finestra sembrano indicare un intervento di riconfigurazione seicentesco, organizzato attualmente su tre piani (i primi due molto alti) per sette assi. A suggerire come l'attuale immobile sia frutto dell'unificazione di precedenti e antiche case a schiera è, sul limitare sinistro, la presenza di un pietrino con il campo incappato, riconoscibile come insegna dell'ordine carmelitano, in questo caso posto a indicare una porzione della proprietà che, a un certo momento della storia dell'immobile, fu probabilmente della non lontana chiesa di Santa Maria del Carmine[10]. | |
37 | Casa | Si tratta di un edificio con il prospetto organizzato su quattro piani per due assi, certo di antica fondazione ma attualmente privo all'esterno di elementi architettonici distintivi. Lo si segnala per la presenza di un pietrino posto al centro della facciata, tra il secondo e il terzo piano, recante una stella a otto punte propria dell'Arte dei Giudici e Notai, o dell'Arte dei Fornai o degli Albergatori, a documentare di un'antica proprietà nella zona d'Oltrarno da parte di una di queste corporazioni[11]. | |
44 | Casa Meucci | Si tratta di un edificio dal fronte decisamente anonimo anche se antico e, come indica un'iscrizione vicina al portone, già proprietà "De la Priora di S.o Romolo in Piazza" (piazza della Signoria). Nell'immagine pubblicata nel repertorio di Bargellini e Guarnieri, precedente al 1978, il piano terreno presenta un finto bugnato di gusto ottocentesco, non più esistente. Nonostante la modestia dell'architettura il luogo assume notevole importanza per aver visto la nascita, il 13 aprile 1808, di Antonio Meucci, come ricorda una lapide qui posta nel 1996. Sempre in questa casa, dal 1932 fino alla morte nel 1933, abitò lo scrittore Fernando Agnoletti[12]. | |
41 | Casa | Si tratta di una casa sviluppata su quattro piani (l'ultimo frutto di una soprelevazione) per quattro assi. Il fronte presenta nell'insieme un carattere tardo quattrocentesco, nonostante sia evidente la sua più antica età, come suggerisce anche il diverso intervallo tra le due finestre di sinistra e tra queste e quelle dei due assi di destra, a indicare due edifici preesistenti (presumibilmente due case corti medievali) poi unificati in un'unica casa grande. Non mancano sul fronte i segni degli interventi successivi, come la soprelevazione dell'ultimo piano e soprattutto la decorazione a sgraffito, realizzata nel tardo ottocento guardando, per quanto riguarda le fasce decorative dei primi due piani, alla tradizione rinascimentale. Al centro del primo piano è un piccolo tabernacolo settecentesco con una Madonna col Bambino. Nonostante ogni secolo abbia lasciato tracce più o meno significative, la facciata appare di disegno unitario e corretto, decisamente nel solco della tradizione fiorentina[13]. | |
49-51 | Istituto Emily Gould | ||
64 | Palazzo | Si tratta di un esteso edificio con caratteri cinque seicenteschi, posto sull'angolo tra via dei Serragli (dove è il prospetto principale) e via dell'Ardiglione, dove si sviluppa per un notevole tratto restringendo la carreggiata di quest'ultima (la fabbrica si pone quindi oltre il filo degli altri edifici in fregio). La facciata su via dei Serragli si caratterizza per l'alto sviluppo dei tre piani, organizzati su quattro assi, con l'alto portone posto all'estrema sinistra e incorniciato da conci piani di pietra forte, posti a filo dell'intonaco, così come accade per le finestre dei piani superiori, ad arco e allineate su un ricorso marcadavanzale ugualmente in pietra e in significativo aggetto. Al terreno, prossima al portone, è una sola finestra. Dal lato di via dell'Ardiglione è un tabernacolo che conserva un rilievo policromo con la Madonna e il Bambino, restaurato dallo Studio Ardiglione nel 1993[14]. Il palazzo è stato riqualificato esternamente tra il 2021 e il 2024. All'interno esiste un cortile porticato su un lato, con abitazioni disposte su più livelli raggiungibili da scale esterne indipendenti. verso l'androne si trova un pozzo privato coperto, oggi chiuso. | |
66 | Casa | Si tratta di un edificio con caratteri cinquecenteschi, restaurato nel 1970 con un intervento diretto dagli architetti Gastone Del Greco e Luciano Grassi e premiato l'anno seguente dalla Fondazione Giulio Marchi. "Il prospetto si presenta con un alto piano terreno (quasi il doppio dei piani superiori). Sulla destra si apre un portale ad arco a tutto sesto con ghiera di bozze lavorate dal quale si accede ad un ingresso coperto di volta a botte. A fianco della porta vi è una finestra rettangolare molto più tarda. Sopra il portale, nello spazio di intonaco, vi è uno stemma di forma manierista dal campo oramai illeggibile. I due piani superiori sono marcati da una robusta cornice che forma davanzale alle tre finestre che ripetono la stessa composizione del portale. All'ultimo piano si trova un loggiato ora tamponato. Il palazzo ha una gronda alla fiorentina ora nascosta da una superficie intonacata"[15]. | |
74 | Casa | Si tratta di un edificio a due piani, con il prospetto privo di elementi architettonicamente rilevanti. Nei locali al terreno ha sede una farmacia inserita nell'elenco degli esercizi storici di Firenze. Così il sito del Comune di Firenze: "l'attività della Farmacia di via de' Serragli è documentata già dal 1880, sull'angolo con via della Chiesa, in uno dei quartieri più tradizionali e popolari della città. Gli arredi, bancone e vetrine, furono eseguiti originariamente in blu con bordi dorati, seguendo i gusti del primo proprietario, il dottor Dylan. In seguito il blu venne sostituito dal bianco e, nel 1998, l'arredo venne restaurato ed integrato, mantenendo quel carattere unitario che ancora oggi nel costituisce il maggior pregio"[16]. | |
96r-98r | Casa | L'edificio determina la cantonata con via della Chiesa (canto di Sitorno) e presenta sulla stessa un grande scudo con il campo segnato da una punta piegata, riconoscibile come insegna dell'ordine carmelitano, in questo caso posto a indicare una proprietà che, a un certo momento della storia dell'immobile, fu della non lontana chiesa di Santa Maria del Carmine. A precisare il dato è l'iscrizione posta sul cartiglio sottostante, frammentaria ma della quale rimangono le prime lettere, CARM.., da interpretare come Carmine o Carmelo. Il prospetto principale è su via della Chiesa, dove si articola per quattro piani per due assi e dove l'insegna dell'ordine Carmelitano si ripete, in dimensioni ridotte, in corrispondenza del portone al numero civico 55. Gli interassi si mostrano disuguali, a indicare presumibilmente i limiti posti all'edificio da più antiche preesistenze, poi unificate con un fronte databile ai primi dell'Ottocento. Sempre da questo lato, in prossimità del canto, è una edicola di disegno neoclassico che conserva un affresco di Cosimo Ulivelli del 1668 (attribuzione e datazione sono esplicitati dall'iscrizione nella lapide sottostante il tabernacolo) raffigurante la Madonna con il Bambino tra i santi Andrea Corsini (o Filippo Neri) e Teresa d'Avila (o Maria Maddalena de' Pazzi o Brigida)[17]. | |
76 | Casa | L'edificio è il risultato dell'unione di due case a schiera, come si può dedurre dal disallineamento delle finestre. La facciata, nel suo insieme, si sviluppa su tre piani e presenta quattro assi. Di particolare interesse è la presenza di un pietrino dalle forme molto semplificate, tipico dell'emblema dell'ordine domenicano. Questo elemento indica che in passato l'immobile apparteneva a un convento domenicano, probabilmente quello di Santa Maria Novella, così come molte altre abitazioni situate in questo tratto della via[18]. | |
82 | Casa | È una semplice casa a schiera con una facciata di tre piani e due assi. Presenta un pietrino dalle forme estremamente semplificate, con il campo incappato, tipico dell'insegna dell'ordine domenicano. Questo dettaglio suggerisce che in passato l'edificio fosse di proprietà di un convento domenicano, probabilmente quello di Santa Maria Novella[19]. | |
65 | Casa | Si tratta di una semplice casa a schiera con il fronte di tre piani per due assi. Reca un pietrino di forme oltremodo semplificate, comunque con il campo troncato in scaglione secondo le forme proprie dell'insegna dell'ordine domenicano, a indicare come un tempo la proprietà dell'immobile fosse di un convento domenicano, presumibilmente quello di Santa Maria Novella[20]. | |
71 | Casa | Si tratta di una modesta casa a schiera con il fronte di due assi, attualmente organizzato su quattro piani. La si segnala per un pietrino sotto forma di scudo con il campo troncato in scaglione (eroso ma nelle forme proprie dell'insegna dell'ordine domenicano) precisato da un cartiglio sottostante con le lettere S.M.N., a indicare come un tempo la proprietà dell'immobile fosse del convento domenicano di Santa Maria Novella, al pari di varie altre case poste in questo stesso tratto della strada[21]. | |
75 | Casa Fallani | L'edificio è stato definito (presumibilmente nell'Ottocento) con l'unificazione di due precedenti case a schiere, mantenendo tuttavia il diverso allineamento delle finestre. Al centro del fronte è uno scudo con l'arme della famiglia Fallani (d'azzurro, alla colonna spezzata d'argento, fondata sulla campagna dello stesso)[22]. | |
88 | Casa | L'edificio, con il prospetto di tre piani su due assi, presenta un disegno oltremodo semplice, comunque nobilitato da un bel portale ad arco a tutto sesto decentrato a sinistra, incorniciato da conci di pietra disposti a raggiera e sormontato da un ovale con un bassorilievo in pietra raffigurante la Madonna e il Bambino (eroso), forse devozionale o forse da mettere in relazione all'Arte dei Medici e Speziali. Precedentemente al restauro del 2012[23], l'edificio era stato segnalato per le cattive condizioni di conservazione, con gli intonaci del fronte in parte caduti. Proprio tale stato aveva tuttavia consentito di leggere l'antico disegno del prospetto, con le finestre al primo piano ad arco, poi tamponate e ridotte a rettangolari, e di rilevare ancora la presenza di una scritta risalente all'ultima guerra che lo identificava come rifugio dell'UNPA. Il restauro (in parte finalizzato a definire l'edificio come struttura ricettiva), oltre a restituire dignità alla fabbrica, ha consentito di precisarne la storia. Dal sito della residenza d'epoca si apprende così come originariamente la casa fosse di un fornaio, con al terreno laboratorio e locali di vendita e al piano superiore l'abitazione della famiglia. Nel Cinquecento l'edificio sarebbe poi stato acquisito dai Neri Ridolfi (lo attesterebbe, negli interni, l'architrave di un camino con l'arme della famiglia: d'oro, al leone d'azzurro, e alla fascia attraversante d'argento caricata di tre stelle a sei punte del campo), per poi entrare, nel Settecento, tra le proprietà del vicino monastero di Santa Elisabetta. Quando all'inizio del secolo scorso il convento fu soppresso, nell'edificio fu istituita l'Opera Pia Paganelli che continuò l'opera di accoglienza all'infanzia propria del precedente istituto religioso fino al primo dopoguerra. Alle spalle dell'edificio è un piccolo giardino, ugualmente recuperato e restaurato con cura[24]. | |
81 | Casa | Si tratta di una casa a schiera, con la facciata di quattro piani per due assi, di disegno oltremodo semplificato. La si segnala per la presenza, al centro del piano terreno, di un pietrino con un putto in fasce (eroso ma dalla forma inconfondibile), che chiarisce l'immobile quale proprietà, un tempo, dello Spedale degli Innocenti. Vista la presenza di tale insegna, si può ipotizzare che l'immobile corrisponda a quello documentato da Valeria Orgera (1995) a partire dalla donazione per testamento di Neri Neretti all'ospedale fiorentino nel 1583, quindi affittata al nobile Antonio del Rosso e, nel tempo, trasformata negli spazi interni e soprelevata (la scheda di Valeria Orgera presenta pianta e alzati dell'edificio tra il 1618 e il 1779)[25]. | |
98 | Casa | Si tratta di una casa a schiera, con la facciata di quattro piani per due assi, riconfigurata nel corso dell'Ottocento e comunque di disegno oltremodo semplice. La si segnala per la presenza, al centro del piano terreno, di un pietrino eroso e comunque leggibile per la presenza di un pastorale oltre il cui fusto è la lettera D maiuscola, da identificare con l'emblema del monastero di San Donato in Polverosa. Il cartiglio sottostante, con il numero 31 (?) in cifre romane, è da interpretare come riferimento alla posizione dell'immobile nel registro delle possessioni dell'istituto. Un pietrino di identica forma è rilevabile su una casa in via Torta 7[26]. | |
s.n. | Chiesa di Santa Elisabetta delle Convertite | ||
102-112 | Istituto Pio X Artigianelli | ||
122 | Casa | Si tratta di un edificio con il prospetto organizzato su quattro piani per due assi, certo di antica fondazione ma attualmente privo all'esterno di elementi architettonici distintivi. Lo si segnala per la presenta di una lapide che lo indica come luogo di abitazione di Giulio Bencini, "pioniere della fotografia e maestro del saper vedere", posta dal Comune di Firenze nel 2016. | |
99 | Studio Galleria Pio Fedi | ||
107-109 | Cinema Godoni | ||
111- 113 | Palazzo Galli | Si tratta di un esteso edificio con il fronte organizzato su tre piani per ben undici assi: per quanto di disegno oltremodo semplice sembrerebbe denunziare una riconfigurazione settecentesca, nel corso della quale le finestre al terreno furono arricchite da belle inferriate con al culmine la sagoma di due galli affrontati con una pianta di grano con tre spighe interposta, il tutto alludente alla famiglia Galli (Galli Tassi) e alla sua arme (propriamente: troncato, nel primo d'argento, alla pianta di grano sradicata d'oro, spigata di tre pezzi dello stesso, accostata da due galli arditi affrontati di nero, crestati e barbati di rosso; nel secondo di verde pieno). A sinistra del portone segnato col numero 111 è un tabernacolo con un rilievo policromo settecentesco raffigurante la Madonna con il Bambino e san Giovannino. Al di là di tali elementi lo si segnala per essere stato abitazione e studio dello scultore americano Hiram Powers che qui si stabilì poco dopo essere giunto a Firenze nel 1837, occupando un appartamento al secondo piano e alcuni ambienti al piano terra adibiti ad atelier. Attualmente parte dell'immobile è occupato dalla Casa Generalizia della congregazione delle Suore Pie Operaie di San Giuseppe. In relazione a tale presenza è, in corrispondenza del portone segnato con il civico 113, una lapide posta nel 2011 in ricordo di madre Maria Agnese Tribbioli[27]. | |
132 | Casa Del Bello | Si tratta di un grande casamento riconfigurato nell'Ottocento, con il prospetto attualmente organizzato su quattro piani per sette assi. Il fronte non presenta elementi di pregio e tuttavia il luogo è da segnalare per la memoria che ricorda come qui, nel 1858, dimorasse lo scrittore Nathaniel Hawthorne, "prima di salire a Bellosguardo". Qui, dove disponeva di un vasto appartamento di sedici stanze al primo piano (al tempo di proprietà Del Bello), Hawthorne scrisse The Marble Faun[28]. | |
134 | Casa | Sul fronte dell'edificio una memoria ricorda come "qui, dal 1825 al 1827, prima di eleggere a dimora la sua casa di via Faenza, Alphonse de Lamartine attese alle 'armonie poetiche e religiose'", nel periodo il cui era a Firenze come segretario di legazione presso il granduca Leopoldo II. Secondo quanto scrive il poeta all'amico Aymon de Virieu, l'alloggio era "un po' vecchio, un poco sporco, ma secondo i miei desideri: belle scuderie, rimesse immense, cortile, giardini e terrazze, vigne e cipressi d'intorno; basta che faccia pochi metri di strada per trovarmi a galoppare sui viali del Poggio Imperiale". Di tutto questa disponibilità di spazi poco si indovina dalla strada, se non un fronte sufficientemente anonimo seppure ampio, organizzato su tre piani per sette assi, comunque nobilitato dalla presenza di un tabernacolo Ottocentesco ispirato a modelli rinascimentali, con cornice in marmo e una robbiana con la Madonna e il Bambino. Successivamente lo scrittore risiedette in via Faenza 93-95[29]. | |
131 | Casino Corsi | ||
133 | Casamento | Si tratta di un casamento posto in angolo con via da Serumido e che guarda su via de' Serragli con una facciata organizzata su tre piani per cinque assi. Dignitoso e ben mantenuto, l'edificio non si discosta tuttavia dai modelli correnti propri dell'architettura locale dell'Ottocento, con il terreno in finto bugnato e le bucature segnate da incorniciature di eco cinque seicentesca. Lo si segnala per essere stata qui la residenza, tra il 1860 e il 1868, dello storico dell'arte americano Charles Collahan Perkins. La storia e proprietà dell'edificio ha avuto momenti in comune col casino Corsi in via Romana[30]a. | |
140-142 | Casa | L'edificio si mostra sulla strada con un fronte organizzato su tre piani per otto assi di finestre, il tutto di disegno ottocentesco. Viste caratteristiche e localizzazione dell'immobile si può presumere che facesse parte delle proprietà Torrigiani, quale annesso dell'esteso giardino. La segnalazione vale tuttavia per il tabernacolo posto al terreno, in prossimità del civico segnato 142[31]. | |
144-146 | Casino Torrigiani | ||
148-150 | Casamento | L'edificio, che si presenta sulla via con una facciata di tre piani per sette assi e ornato portale centrale, venne costruito a spese della chiesa Evangelica Luterana sul finire del XIX secolo, e tuttora appartiene a quella comunità. Nel giardino sul retro si trovano alcuni studi per artista, particolarmente ampi e luminosi per permettere il lavoro degli artisti[32]. | |
160 | Casa | Si tratta di una casa di forme oltremodo semplici, con il prospetto di tre piani per tre assi. Sul fronte una memoria ricorda come qui alloggiasse, dal 1901 al 1907, lo scrittore svedese Hjalmar Bergman, che "dalla storia di Firenze trasse ispirazione per il romanzo Savonarola e per altre sue opere"[33]. | |
155 | Casa | Si tratta di una casa con il prospetto di disegno oltremodo semplice, nato dall'attuazione, probabilmente nel corso del Settecento, dell'unificazione di due precedenti case a schiera, portando alla definizione di un prospetto che attualmente si sviluppa su tre piani per cinque assi, segnato da un pietrino con la Croce di Malta accompagnato dal numero arabo 38 (ora tinteggiato a seguito del recente intervento che ha interessato l'edificio), da intendersi come progressivo delle proprietà dell'Ordine ospitalerio di San Giovanni Battista (commenda del Santo Sepolcro dipendente dalla magione del Ponte Vecchio). Lungo questa strada e ancor di più lungo la via Romana, l'Ordine aveva numerosissime case, come ricordano i molti pietrini riscontrati. La ricca serie di cabrei datati tra Seicento e Settecento pubblicati da Gian Luigi Maffei consente d'altra parte di ricondurre a questa comune proprietà circa sessanta case che si dispongono lungo il lato ovest di via Romana, da via di Serumido fino alla porta, con i lotti che si dispongono in profondità appunto fino a via de' Serragli. "E' l'edificazione del borgo lineare - residua dopo le pesanti demolizioni volute da Cosimo I - che dalla porta del circuito di mura del 1170, situata nell'attuale piazza San Felice, arrivava fino alla porta Romana del successivo perimetro. In entrambi i cabrei (1759-1760 e 1792-1793) abbiamo la rappresentazione delle piante dei piani terra delle case assemblate in una sola planimetria e le relative facciate anch'esse raffigurate nella sommatoria dei prospetti dell'intero percorso: le case sono a schiera con prevalenza dei tipi a doppia cellula, qualche volta con loggia, area di pertinenza o affaccio della cellula ulteriore su via de' Serragli, scale ad una rampa, nella maggior parte dei casi, ortogonali al fronte. Al piano terra figurano su via Romana un certo numero di specializzazioni della prima cellula a bottega o laboratorio con porta specifica distinta da quella che conduce alla parte residenziale della casa; questa è di norma contenuta nel solo primo piano con una evidente ridotta possibilità di suddivisione degli spazi in ambienti specifici per le diverse funzioni abitative. Nella lettura del cabreo seriore (1792-1793) si può rilevare una differenziazione sostanziale rispetto al precedente: la diffusa crescita in altezza di molte di queste case e, contemporaneamente, alcuni casi di accorpamento di più edifici limitrofi. Ne deriva il nuovo tipo edilizio - la casa in linea - plurifamiliare con scala a doppia rampa e due appartamenti per piano: si ottiene con questo scatto tipologico l'alienazione tra la casa e l'edificio in quanto da ora in avanti si diffonderà un concetto di casa che identifica come tale un appartamento interno, sub-organismo del più complesso organismo edilizio. Di questo stesso tessuto abbiamo anche una rappresentazione schematica della fine del XVII secolo con la numerazione progressiva riferita al registro delle possessioni, con una figurazione simile al nostro catasto" (Maffei)[34]. | |
162 | Casa | La casa è da ricondurre all'ampio intervento di edificazione promosso in questa zona dall'Ordine dello Spedale di San Giovanni Battista. Per quanto concerne la casa qui presa in considerazione siamo probabilmente in presenza della matrice originaria della tipologia, non alterata da successive soprelevazioni, ma ancora su due soli piani per due assi e con un pietrino con la Croce di Malta accompagnato dal numero arabo 46[35]. Vi si trova inoltre un simbolo, in mattone, degli Ufficiali della Torre, che connotava gli edifici legati alla cura pubblica. Si potrebbe ipotizzare che questa casa appartenesse infatti a tale magistratura magari per ospitarvi i portalieri della vicina Porta Romana. | |
159 | Casa | L'edificio ha mantenuto le caratteristiche proprie delle originarie case a schiera dei Cavalieri ospitalieri, con un prospetto che si sviluppa su tre piani per due assi. Sul fronte, a indicare l'originaria proprietà, è un pietrino con la Croce di Malta accompagnato dal numero arabo 40[36]. | |
163-165 | Casa | Anche in questo caso in questione l'edificio ha mantenuto le caratteristiche proprie delle originarie case a schiera, non fosse per una soprelevazione che ha portato alla definizione di un prospetto di quattro piani per due assi. Sul fronte è un pietrino con la Croce di Malta accompagnato dal numero arabo 43 (?), a indicare la posizione dell'immobile nel registro delle possessioni dell'Ordine ospitaliero[37]. | |
206r-208r | Casa | Il fabbricato si presenta costituito da un vano terreno con un palco soprastante. Il pietrino presente sul fronte, per quanto eroso, lo riconduce alle proprietà del monastero di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, per le quali si veda anche oltre al numero civico 78[38]. | |
177 | Casa | La casa è appartenuta all'Ordine dello Spedale di San Giovanni Battista, come molte altre sull'ultimo tratto di questa stessa via e su via Romana. Nel caso in questione si è attuata, probabilmente nel corso del Settecento, l'unificazione di due precedenti case a schiera, portando alla definizione di un prospetto che attualmente si sviluppa su tre piani per cinque assi. Sul limitare destro del fronte è un pietrino con la Croce di Malta accompagnato dal numero arabo 42. [39] | |
178 | Casa | Si tratta di una grande casa con il prospetto articolato per nove assi su due piani più un mezzanino, di disegno riconducibile tra Settecento e primi dell'Ottocento. Ai lati del grande portone sono due ovati che indicano l'edificio come proprietà del monastero di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, riportando le numerazioni VI e VII, da considerarsi interne all'elenco dei beni del monastero stesso[40]. |
Tabernacoli
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1515 nacque vicino a questo monastero san Filippo Neri, in una casa oggi segnalata da un tabernacolo forse dipinto da Bernardino Poccetti.
Lapidi
[modifica | modifica wikitesto]Al numero 134 una targa ricorda Alphonse de Lamartine che qui abitò. Verso sud, nella parte più prossima a Porta Romana, costeggia il recinto del grande Giardino Torrigiani, dove si trova anche l'antica porta principale di accesso.
Al numero 144 una targa ricorda la prima sfilata collettiva di alta moda italiana organizzata da Giovanni Battista Giorgini nella sua abitazione privata il 12 febbraio del 1951.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Bargellini-Guarnieri.
- ^ Federico Fantozzi, Nuova Guida ovvero Descrizione storico-artistico-critica della città e dei contorni di Firenze, ristampa anastatica del 1842, Arnaldo Forni Editore, aprile 1979.
- ^ Firenze in tasca. Una gita di piacere alla Capitale (guida economico-pratica), Fratelli Pellas, Firenze, 1867, ristampa anastatica, Sesto Fiorentino, 2014, Apice Libri, ISBN 978-88-906198-3-0, p. 12.
- ^ Gli edifici con voce propria hanno le note bibliografiche nella voce specifica.
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ I restauri premiati dalla Fondazione Giulio Marchi dal 1967 al 1993, a cura di Patrizia Pietrogrande, Firenze, Centro Di per Fondazione Giulio Marchi, 1994, p. 72.
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ su progetto dell'architetto Fabrizia Scarsellati Sforzolini.
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Schede
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
- ^ Scheda
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, Tipografia Barbèra, 1913, p. 127, n. 899;
- Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo della città e del Comune di Firenze, Firenze, 1929, p. 107, n. 975;
- Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978, IV, 1978, pp. 11-18;
- Roberto Ciabani, I Canti: Storia di Firenze attraverso i suoi angoli, Firenze, Cantini, 1984, pp. 36-41, 44-45;
- Francesco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2003.
- Comune di Firenze, Stradario storico e amministrativo del Comune di Firenze, terza edizione interamente rinnovata a cura di Piero Fiorelli e Maria Venturi, III voll., Firenze, Edizioni Polistampa, 2004, p. 432.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via dei Serragli
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Claudio Paolini, schede nel Repertorio delle architetture civili di Firenze di Palazzo Spinelli (testi concessi in GFDL).
- I Luoghi della Fede a cura della Regione Toscana, su web.rete.toscana.it.
- Oltrarno.net, su firenze-oltrarno.net. URL consultato il 28 giugno 2006 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2006).