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Eccidio di Cravasco

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Eccidio di Cravasco
TipoUccisioni detenuti politici
Data23 marzo 1945
LuogoCravasco, (Campomorone)
StatoItalia (bandiera) Italia
ResponsabiliSicherheitspolizei, su ordine del tenente colonnello Siegfried Engel
MotivazioneRappresaglia per l'uccisione di 9 tedeschi in uno scontro con la brigata Balilla
Conseguenze
Morti17
Feriti1

L'eccidio di Cravasco[1][2], avvenuto alle 4 del mattino[3] del 23 marzo 1945, vide l'uccisione di 17 detenuti politici a Cravasco, come rappresaglia per l'uccisione, in quella località, di nove tedeschi in uno scontro con la brigata Balilla.

Il 22 marzo 1945, un gruppo di una decina di partigiani della brigata Balilla di Angelo Scala uccise in un'imboscata nove soldati tedeschi. In risposta a questo atto, fu ordinata dal comando nazista una rappresaglia. Furono prelevati dal carcere di Marassi venti prigionieri politici, cinque dei quali ricoverati in infermeria. I prigionieri furono portati a Isoverde, località nel comune di Campomorone. Durante il tragitto due dei catturati riuscirono a fuggire. I rimanenti furono condotti a piedi fino a Cravasco, dove vennero fucilati nei pressi del cimitero. Uno di loro, Arrigo Diodati, pur se colpito, si salvò.

Il 5 novembre 1999 venne condannato all'ergastolo dal tribunale militare di Torino il tenente colonnello (Obersturmbannführer) delle SS Siegfried Engel, all'epoca dei fatti Comandante della Polizia di Sicurezza, che diede l'ordine di fucilazione.

Le vittime furono:

  • Oscar Antibo (Lauri), 37 anni, nato a Savona, intendente della Divisione Garibaldina "Bevilacqua", operaio della "Ferrania", militante comunista. Catturato in un'imboscata dai militi della divisione fascista San Marco il 24 settembre 1944 (ferito al braccio, gli verrà amputato in ospedale).
  • Giovanni Bellegrandi (Annibale), 25 anni, nato a Brescia, ingegnere, ex sottotenente della 131ª Divisione corazzata "Centauro" del Regio esercito, istruttore militare dell'organizzazione "OTTO". Arrestato il 19 gennaio 1945 dalle SS.
  • Pietro Bernardi, 35 anni, di Rivarolo, nato a Dürrmenz nel Baden-Württemberg (Germania), appartenente alla Brigata SAP "Jori".
  • Orlando Bianchi (Orlandini), 44 anni, nato a Genova, ex capitano di complemento del 15º reggimento del Genio militare di stanza a Chiavari, membro del CLN di Uscio dopo l'8 settembre e del CMRL (Comando militare regione ligure), comandante delle SAP "Matteotti" a Voltri. Arrestato il 6 dicembre 1944.
  • Virginio Bignotti (Franchi), 56 anni, nato a Biella, ex maggiore dell'esercito, consulente militare all'interno del comando delle brigate SAP garibaldine genovesi con il ruolo di capo di stato maggiore. Arrestato ai primi di dicembre del 1944.
  • Cesare Bo (Emilio), 21 anni, nato a Sampierdarena, impiegato allo stabilimento "Ansaldo Elettrotecnico" di Campi, apparteneva alla Brigata SAP "Buranello". Arrestato il 15 dicembre 1944.
  • Pietro Boido (Pierin), 30 anni, di Sestri Ponente, nato a Nizza Monferrato, operaio montatore ai Cantieri Navali di Sestri, gappista e militante comunista, appartenente alla Brigata SAP "Alpron". Arrestato, in casa, dalle brigate nere, l'8 gennaio 1945.
  • Giulio Campi (Cesare), 53 anni, di Rivarolo, nato a La Spezia, caporeparto nello stabilimento "Ansaldo Vittoria", militante comunista, membro del CMRL con il ruolo di condirettore dell'Ufficio aviolanci. Arrestato nel dicembre del 1944.
  • Gustavo Capitò (Fermo), 48 anni, nato a La Spezia, ex tenente colonnello dell'esercito, vicino al Partito d'Azione, consulente del comando militare del CLN di Savona, quindi responsabile del servizio informativo del Comando militare regionale ligure. Arrestato il 16 dicembre 1944.
  • Giovanni Carù, 32 anni, nato a Ferno in provincia di Varese, operava nelle brigate SAP del centro della città.
  • Cesare Dattilo (Oscar), 23 anni, nato a Cogoleto, operaio meccanico aggiustatore allo stabilimento "Ansaldo San Giorgio" di Sestri Ponente, militante sindacale sfuggito alla retata del 16 giugno 1944, comandante di un distaccamento partigiano all'Acquabianca di Tiglieto, comandante della brigata "Buranello" della divisione garibaldina "Mingo". Catturato da una pattuglia di fanti della San Marco il 9 dicembre 1944 a San Pietro d'Olba.
  • Giacomo Goso, 49 anni, nato a Bardineto, giudice del Tribunale di Savona, vicino agli ambienti del movimento di "Giustizia e Libertà" e alla brigata "Savona". Arrestato il 13 dicembre 1944.
  • Giuseppe Maliverni (Otto), 19 anni, di Rivarolo, gappista a Sampierdarena, partigiano della 3ª Brigata Liguria nella zona della Benedicta, riesce a tornare in città dopo l'eccidio e diventa vice comandante della brigata SAP "Buranello". Arrestato nel gennaio del 1945 dalle brigate nere.
  • Nicola Panevino (Silva), 34 anni, nato a Carbone in provincia di Potenza, giudice presso il Tribunale di Savona, membro del CLN di Savona come esponente del Partito d'Azione, appartenente alla brigata Giustizia e Libertà "Savona" (che dopo la sua morte ne assumerà il nome). Arrestato dai militi della San Marco il 15 dicembre 1944. Medaglia d'argento al valor militare, alla memoria[4].
  • Renato Quartini (Tino), 21 anni, di Certosa, nato a Ronco Scrivia, disegnatore allo stabilimento "Ansaldo Elettrotecnico", membro dei GAP, comandante delle Squadre d'azione del Fronte della Gioventù. Catturato nella notte fra il 23 e il 24 agosto 1944 durante l'azione, da lui diretta, tesa a liberare Riccardo Masnata, gappista ferito e piantonato all'ospedale "San Martino" di Genova: il gruppo di sappisti della Brigata SAP "Jori" fu intercettato nei pressi della caserma della Xª Mas di San Fruttuoso dai militi del sottocapo di marina Bottéro. Quartini, ferito a sua volta, subì l'amputazione di una gamba. Insignito di Medaglia d'oro al valor militare.
  • Bruno Riberti, 18 anni, di Certosa, nato a Migliarino in provincia di Ferrara, operaio allo stabilimento "Ansaldo Artiglieria", appartenente alla brigata SAP "Jori". Catturato nella notte fra il 23 e il 24 agosto 1944 nel corso del tentativo di liberare Masnata (rimasto gravemente ferito, fu ricoverato al San Martino prima di essere trasferito alle carceri di Marassi).
  • Ernesto Salvestrini (Amilcare), 22 anni, nato a Marina di Massa, studente, radiotelegrafista. Arrestato durante una missione speciale a Nervi.

Sopravvisse alla fucilazione Arrigo Diodati (Franco), nato a La Spezia il 25 maggio 1926 da genitori antifascisti, che con la famiglia si era trasferito a Parigi nel 1937. Dopo l'invasione della Francia da parte della Germania nazista, Diodati si impegna in azioni di supporto ai maquisards francesi. Rientrato in Italia dopo l'8 settembre, organizzò a La Spezia il Fronte della Gioventù. Assunse poi l'incarico di vice commissario politico delle brigate SAP "Garibaldi" di Genova. Scampato all'eccidio, trovò ricovero presso la brigata "Pio", divisione "Mingo", con la quale partecipò alla liberazione di Genova.[5]

  1. ^ Eccidio di Cravasco, 59° anniversario della Liberazione (PDF), Anpi, 24 luglio 2004.
  2. ^ Cravasco, su Istituto Ligure per la storia della Resistenza e dell'Età contemporanea (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2011).
  3. ^ 70 anni fa: strage al cimitero di Cravasco, a Campomorone (GE), su Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana, 23 marzo 2015.
  4. ^ Nicola Panevino, su Anpi.
  5. ^ Massimo Bisca, Addio ad Arrigo Diodati l'unico scampato a Cravasco, in la Repubblica, 24 dicembre 2013.

Voci correlate

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