Tegulae mancipum sulfuris
Tegulae mancipum sulfuris (o tegulae mancipium sulphuris), in italiano "tegole[1] degli appaltatori di zolfo", sono delle tavolette di argilla con incisi alcuni caratteri latini in scrittura destrorsa e speculare. Oltre alla scrittura, si registra la presenza di uno o più simboli non alfabetici (signum).
Uso e funzioni
[modifica | modifica wikitesto]Le tavole servivano come cliché, inseriti sul fondo di stampi o casseforme (probabilmente in materia lignea) nei quali veniva colato lo zolfo fuso. In questo modo, la matrice imprimeva, sui pani di zolfo, il nome del produttore del materiale in ordinaria scrittura sinistrorsa[2]. I dati e i signa impressi avevano una funzione fiscale analoga a quella dei bolli impressi sui manufatti laterizi nelle figlinae. Permettevano la tracciabilità del prodotto e permettevano l'imposizione e l'esazione del portorium.
La funzione delle tegulae fu intuita dallo studioso a cui si devono i primi ritrovamenti, l'archeologo Antonino Salinas che diede comunicazione a Theodor Mommsen del ritrovamento e della sua ipotesi[3].
Nomenclatura
[modifica | modifica wikitesto]Fu Theodor Mommsen a definire e denominare la categoria epigrafica all'interno del Corpus Inscriptionum Latinarum, al momento della pubblicazione della seconda parte del X volume, nel quale inserì quattordici esemplari da Agrigento, la maggior parte dei quali pervenuti in modo anche molto frammentario[4].
Il nome coniato da Mommsen proveniva dall'iscrizione latina, corrotta e frammentaria, che era leggibile su una di esse, la prima inserita nella serie del Corpus Inscriptionum Latinarum: Mancipu[m] / sulforis / [pro]v(inciae) Sicil[iae][5].
Rinvenimenti archeologici
[modifica | modifica wikitesto]Gli esemplari conosciuti risalgono, all'incirca, al II – III secolo d.C., e provengono dai territori di Agrigento (Comitini) e di Caltanissetta (Milena).[6]
Pare che gli antichi romani sfruttassero lo zolfo presente nei territori di Comitini a partire dal 180 d.C.: infatti, è stata rinvenuta una tavola Tabula Sulfurea con inciso, in rilievo, il marchio “Officina Commodiana” presso contrada Puzzu Rosi.[7]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il termine latino tegula indicava, in origine, un generico manufatto laterizio sottoposto a cottura in fornace, compresa quella (tegola/embrice destinata alla copertura dei tetti, ma anche le lastre decorate utilizzate da paramento architettonico. Cfr. Giuseppe Lugli, «TEGOLA», Enciclopedia Italiana, vol. 33 (1937)
- ^ Copia archiviata, su cianciana.info. URL consultato il 31 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2014).
- ^ CIL, X.2, p. 998).
- ^ CIL X, 8044
- ^ CIL X, 8044= Inscriptiones Latinae Selectae 08712a
- ^ Miniere di Zolfo a Caltanissetta - 1 - Origini delle miniere (II - III secolo d.C.), su amicidellaminiera.it, Associazione Amici della miniera (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2013).
- ^ Storia mineraria in Sicilia, lo zolfo, su irsap-agrigentum.it.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Lietta De Salvo, Produzioni e flussi commerciali Africa-Sicilia., in: AA.VV., L'Africa romana. Le ricchezze dell'Africa. Risorse, produzioni, scambi. Atti del XVII convegno di studio. Sevilla, 14-17 dicembre 2006, a cura di J. González, P. Ruggeri, C. Vismara, R. Zucca, Roma, Carocci Editore, 2008, vol. II, pp. 1517-1525
- AA.VV., Atti del V congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, Kōkalos: studi pubblicati dall'Istituto di storia antica dell'Università di Palermo-Banco di Sicilia, 1982.