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Pietro Michiele

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Pietro Michiele (incisione da Le glorie degli Incogniti, Venezia 1647)

Pietro Michiele (Venezia, 29 giugno 1603Venezia, 1651) è stato un poeta italiano di estrazione marinista.

Di antica e nobile famiglia veneziana (variamente indicata come, Michiel, Michiele, Michieli, talora anche senza dittongo), nacque il 29 giugno 1603 da Antonio e da Giulia Mazza (di condizione non patrizia).[1] Manifestò assai precocemente uno spiccato talento poetico, che, secondo quanto riferisce il Crasso, gli valse l’apprezzamento di Giambattista Marino.[2] La vivace tempra del suo ingegno e la fine qualità della sua penna lo resero in breve tempo letterato famoso e acclamato membro dell’accademia veneziana degli Incogniti.

A Pieve di Cadore, dov'era castellano, nel 1643, dopo oltre dodici anni di coabitazione, sposò “con la maggiore segretezza del mondo”[3] una ferrarese, non nobile, di nome Apollonia, che aveva accolta nella sua dimora ancora fanciulla e che è cantata in numerosi componimenti del poeta con lo pseudonimo di “Dorina”. Dall’unione nacquero almeno due figli, Antonio e Girolamo; quest’ultimo dedicherà a Giambattista Nani, all'epoca procuratore di San Marco, le liriche postume del padre.

Ebbe rapporti di amicizia e scambi epistolari con numerosi letterati del tempo, come Giovan Francesco Loredano e Ciro di Pers.

Accanto all’attività letteraria, Pietro Michiele svolse incarichi pubblici: fu uno dei Cinque savi e anziani alla pace nel 1633 e nel 1634, podestà di Conegliano in quegli stessi anni e provveditore a Pordenone nel 1636. Intorno al 1648 militò contro i Turchi in Dalmazia, dove assunse, con titolo comitale, la carica di podestà nell’isola di Pago.[4]

Morì a Venezia – forse in Murano o in Burano – nel 1651.[5] Un sonetto in morte di Pietro Michiele è contenuto nei Capricci serii delle Muse di Giambattista Vidali.[6]

La poesia di Pietro Michiele, di stretta osservanza marinista,[7] trovò principale espressione in una serie di canzonieri: prima parte delle Rime (Venezia, Giacomo Scaglia, 1624), seconda parte delle Rime (Venezia Giacomo Scaglia, 1629) e terza parte, pubblicata in una composita silloge dal titolo La benda di Cupido (Venezia, Giacomo Scaglia, 1634);[8] oltre a queste, una raccolta di Poesie postume (Venezia, Brigonci, 1671).

Fra le altre opere in versi: Epistole amorose (Venezia, Giacomo Scaglia, 1632) dodici componimenti in vario metro rivolti a diverse donne; Il flauto (Venezia, Sarzina, 1638), ventuno egloge in versi sciolti; Il Polifemo, poemetto di quattro canti in ottave (Venezia, Sarzina, 1638); Il dispaccio di Venere, epistole eroiche ed amorose (Venezia, Guerigli, 1640)[9]; L’arte degli amanti (Venezia, Giacomo Scaglia, 1642), otto canti in ottava rima ispirati all’Ars amandi ovidiana; Favole boscherecce (Venezia, Guerigli, 1643), dieci canti in ottave; un burlesco capitolo ternario scritto dal poeta in occasione del proprio matrimonio e contenuto nella già ricordata Biblioteca Aprosiana (Bologna 1673, pp. 161-162); Del Guidon selvaggio (Venezia, Sarzina, 1949), tredici canti su materia ariostesca (a quest’opera del Michiele si riferisce il distico latino in epigrafe al ritratto del poeta nelle Glorie degli Incogniti, Venezia 1647, p. 375); Il cimiterio (Venezia, Guerigli, 1653 e in edizione ampliata nel 1658), una serie di epitaffi giocosi in quartine scritti dal Michiele insieme a Giovan Francesco Loredano (celebri i due, alquanto irriguardosi, per la morte di Artemisia Gentileschi[10]).

Tra le prose: i discorsi Della vecchiezza e I biasmi di amore, contenuti in Discorsi accademici de’ signori Incogniti (Venezia, Sarzina, 1635); le Prose varie (Venezia, Sarzina, 1639), disparato assortimento di discorsi, questioni e novelle; il prosimetro Licida (Venezia, Guerigli, 1644); e sei racconti compresi nel volume miscellaneo Cento novelle amorose dei signori accademici Incogniti (Venezia, Guerigli, 1651).

Pietro Michiele ereditò dalla famiglia un’ampia galleria di opere pittoriche, che arricchì con ulteriori acquisti.

Un testo esemplificativo

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«Si specchiava nel fiume
che corre acque d’argento
Dori, com’ha in costume.
Io, ch’avea ’l guardo intento
i suoi scherzi a mirar quasi per gioco,
uscir vidi per me da l’acque il foco.»

  1. ^ La principale ricognizione biografica su Pietro Michiele resta Emanuele Cicogna, Cenni intorno la vita e le opere di Pietro Michiel, in Memorie dell’I.R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, vol. XIII, Venezia 1866, pp. 387-400.
  2. ^ Lorenzo Crasso, Elogi d’uomini letterati, Venezia 1660, p. 265. Sulla precocità dell’estro poetico di Pietro Michiele si sofferma la prefazione dello stampatore all’editio princeps* della sua Benda di Cupido (Venezia 1634): “Questo libro fu da l’Autore cominciato in età, posso dir, poco meno che puerile”.
  3. ^ Cornelio Aspasio Antivigilmi (pseud. di Ludovico/Angelico Aprosio), La Biblioteca Aprosiana, Bologna, Manolessi, 1673, p. 159.
  4. ^ Girolamo Brusoni, nella sua Storia dell’ultima guerra tra’ Veneziani e i Turchi (Venezia, Stefano Curti, 1673), ne ricorda le doti di abile mediatore e saggio pacificatore tra la popolazione locale e le milizie forestiere (Brusoni, Storia dell’ultima…, p. 110).
  5. ^ Cicogna, Cenni intorno la vita…, p. 389. Le due edizioni del Cimiterio sarebbero pertanto postume.
  6. ^ Giambattista Vidali, I Capricci serii delle Muse, Venezia, Nicolò Pezzana, 1677, p. 289.
  7. ^ Angelico Aprosio, nel suo Visiera alzata, dà notizia di uno Stronzilio, che il Michiele scrisse contro Giulio Strozzi, reo di avere “sparlato della poesia del cavalier Marino” (Visiera alzata, Parma, Eredi del Vigna, 1689, p. 83).
  8. ^ Il curioso titolo, che nelle intenzioni originarie del Michiele avrebbe dovuto essere “la faretra di Cupido” e che fu mutato in "benda" perché bruciato editorialmente sul tempo da libri di altri autori, allude alle “cieche ferite che Amore bendato ha aperte nel cuore dell’amante” (così la prefazione dello stampatore alla Benda di Cupido, Venezia 1634).
  9. ^ Nel XVII secolo il genere delle "epistole eroiche" fu coltivato da numerosi autori, sia italiani che stranieri. In Italia, sull'onda del Marino, vi si cimentarono fra gli altri Francesco Della Valle, Pietro Michiele e Giuseppe Artale (cfr. I libri di epistole eroiche nel barocco europeo: 1596-1717).
  10. ^ "Co 'l dipinger la faccia a questo e a quello / nel mondo m'acquistai merto infinito, / ne l’intagliar le corna a mio marito / lasciai il pennello, e presi lo scalpello." (Il cimiterio, Venezia 1658, p. 97); "Gentil’esca de’ cori a chi vedermi / poteva sempre fui nel cieco mondo; / or, che tra questi marmi mi nascondo, / sono fatta Gentil’esca de’ vermi" (ibidem, p. 98).

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