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Sangiaccato di Chio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Sangiaccato di Chio
Sancak-ı Sakız
Informazioni generali
CapoluogoChio
Dipendente daImpero ottomano (bandiera) Impero ottomano
Amministrazione
Forma amministrativaSangiaccato
Evoluzione storica
Inizio1566
CausaConquista ottomana
Fine1912
CausaConquista greca e italiana
Preceduto da Succeduto da
Maona di Chio e di Focea Prefettura di Chio
Italia (bandiera) Dodecaneso italiano

Il sangiaccato di Chio,[1] o di Chios (in greco Σαντζάκι Χίου?), Sakız (in turco Sancak-ı Sakız,), Scio[2][3] (in italiano desueto), era una provincia ottomana di secondo livello (sangiaccato/sanjak o liva) centrato sull'isola orientale dell'Egeo di Chio. Il suo nome turco, Sakız, deriva dal prodotto più caratteristico dell'isola, il mastice.[4]

Posseduta dalla compagnia genovese Maona dal 1346,[5] Chio (e le sue isolette di Psara e Oinousses) fu conquistata senza resistenza dall'Impero ottomano nel 1566, come ricompensa per la mancata conquista di Malta l'anno precedente, e annessa come sangiaccato dell'Eyalet dell'Arcipelago.[4]

Con l'eccezione di un attacco fiorentino nel 1599,[6] una breve occupazione da parte dei veneziani nel 1694-1695 durante la guerra di Morea, e le attività russe nell'area durante la guerra russo-turca del 1768-1774, l'isola rimase una provincia pacifica fino allo scoppio della guerra d'indipendenza greca.[4] Durante questo periodo, il suo ruolo di importante snodo commerciale e principale punto di esportazione per le merci anatoliche (un ruolo che mantenne fino a quando fu eclissata dalla città portuale continentale di Smirne nel XVII secolo), così come la sua produzione unica di mastice (che era molto apprezzato dalle dame dell'harem del Sultano), le assicurò grande prosperità.[4] La popolazione dell'isola era per lo più greco-ortodossa, con pochi cattolici di origine genovese, il cui potere fu molto diminuito dopo l'occupazione veneziana; la presenza turca era limitata al governatore e ai suoi amministratori, oltre ad una guarnigione di circa 2.000 soldati.[4]

Chio fu devastata nel famigerato massacro di Chios nel 1822, quando le forze ottomane riconquistarono l'isola, che si era unita alla ribellione greca contro l'Impero, e massacrarono o vendettero come schiavi circa la metà dei suoi 80.000 abitanti.[4] Tuttavia, l'isola recuperò un minimo della sua precedente prosperità e mantenne un'ampia autonomia dopo la fine della guerra d'indipendenza greca, fino a quando le riforme amministrative ottomane del 1866 la trasformarono in una provincia più regolare all'interno del Vilayet dell'Arcipelago.[4] Tra il 1880 e il 1887, Chio fu anche la capitale del Vilayet dell'Arcipelago.[7]

Nel 1912, il sangiaccato di Chio comprendeva le kaza (distretti) della stessa Chio, Kilimli (Calimno/Kalymnos), İleryoz (Lero/Leros) e Ahikerya (Icaria/Ikaria).[7] Queste ultime, le isole più settentrionali del Dodecaneso, furono prese dall'Italia nell'estate 1912 durante la guerra italo-turca, mentre la stessa Chio fu catturata dai greci nel novembre 1912, durante la prima guerra balcanica.

  1. ^ G. R. Margaroli, La Turchia, ovvero L'Impero Ottomano osservato nella sua situazione geografica, statistica, politica, e religiosa, G.Schiepatti, 1829, p. 126. URL consultato il 26 settembre 2021.
    «Chio con Ipsara ed Antipsara formavano un sangiaccato dipendente dal capitano bassà , e di cui la città di Chio ne era il capo luogo»
  2. ^ Scuola archeologica italiana di Atene, Annuario della Scuola archeologica di Atene e delle missioni italiane in Oriente, Istituto poligrafico dello stato., 1914, p. 171. URL consultato il 26 settembre 2021.
  3. ^ Almanacco italiano piccola enciclopedia popolare della vita pratica e annuario diplomatico amministrativo e statistico, Bemporad, p. 417. URL consultato il 26 settembre 2021.
  4. ^ a b c d e f g H. A. R. Gibb e P. J. Bearman, The encyclopaedia of Islam., New edition, Brill, 1960-2009, pp. 889-892, ISBN 90-04-16121-X, OCLC 399624. URL consultato il 26 settembre 2021.
  5. ^ François Livi e Carlo Ossola, De Florence à Venise: études en l'honneur de Christian Bec, Presses Paris Sorbonne, 2006, p. 106, ISBN 978-2-84050-453-5. URL consultato il 26 settembre 2021.
  6. ^ Il Rinascimento italiano e l'Europa: Commercio e cultura mercantile, Fondazione Cassamarca, 2007, p. 441, ISBN 978-88-89527-02-3. URL consultato il 26 settembre 2021.
    «I cavalieri di Santo Stefano , della Toscana , occuparono per poco tempo Chio nel 1599»
  7. ^ a b Andreas Birken, Die Provinzen des Osmanischen Reiches, 1. Aufl, Reichert, 1976, p. 107, ISBN 3-920153-56-1, OCLC 2475195. URL consultato il 26 settembre 2021.

Collegamenti esterni

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  • Sarantakou Efi; Misailidou Anna; Beneki Eleni; Varlas Michael (20 April 2005). Chios Cultural Portal of the Aegean Archipelago. Foundation of the Hellenic World.
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