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Onomastica Akan

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L'onomastica Akan è il sistema tradizionale di denominazione dei neonati in dialetto twi utilizzato dal popolo Akan in Ghana, in alcune aree della Costa d'Avorio, del Togo e del Burkina Faso;[1][2] è diffuso anche in alcuni paesi caraibici, a causa della diaspora e delle deportazioni dall'Africa Occidentale tra il XVIII e il XIX secolo.

Attribuzione del nome

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Nella società Akan l'attribuzione del nome dipende in primo luogo dal giorno della settimana in cui si nasce. Infatti, a ogni giorno è dedicato il culto di una divinità, il cui influsso incide sull'intima essenza delle persone. Il primo nome scelto secondo tale sistema si chiama dunque kradin in dialetto twi, ossia "nome dell'anima" (day-name in inglese[3]). Quest'ultimo è preceduto o seguito da uno o più nomi dalla valenza simbolica, affettiva, descrittiva o pratica in base alla storia della famiglia e alla sua posizione sociale.[1]

A titolo di esempio, un bambino può essere chiamato Kwaku (maschio nato di mercoledì) Nyamekye (donato da Dio) Nsia (sesto figlio) Kaakyre (ultimo figlio), oppure Ama (femmina nata di sabato) Kakraba (sorella gemella maggiore).

L'insieme dei nomi attribuiti a una persona corrisponde al suo din pa, cioè il vero nome, univoco, legato al suo spirito e al suo destino (nkrabea). Per questo il kradin può essere variato solo in ossequio a un parente stretto, soprattutto se di rango elevato, oppure come tributo a una persona particolarmente importante per il nucleo familiare, come un benefattore o un'amicizia fraterna.[1][3] In tal caso, la scelta viene determinata anche dal fatto che il kradin del nascituro male si associa ai prenomi della persona a cui si rende omaggio.[1]

Come eredità del colonialismo e conseguenza delle emigrazioni verso l'Occidente si è diffuso l'uso dei nomi inglesi e francesi, spesso di matrice biblica (per esempio Elijah Kofi Amoah o Mary Ama Ofori). Si tratta di un costume simile a quello dei musulmani, i quali tradizionalmente si ispirano all'onomastica coranica (Kwabena Amadu o Abena Rahmatu). Nel caso dei musulmani di etnia Fanti, invece, spesso coesistono nomi inglesi e coranici, per esempio Peter Kofi Alhassan.

Come accade in altre culture, per gli Akan i giorni della settimana contengono il nome (din) della divinità (bosom) a cui sono stati consacrati: per esempio, Ɛbenada è il giorno (εda) dedicato al culto di Bena. Di conseguenza, si ritiene che il giorno in cui si nasce influenzi l'anima (kra) delle persone.[4][5][6]

Giorno della settimana Twi Fante Divinità

(Abosom)

Caratteristiche

della divinità

Maschile Femminile Maschile Femminile
Kwasiada (Domenica) Kwasi Akosua Awusi Akosua /

Esi

Agile Awusi - Agile
Ɛdwoada (Lunedì) Kwadwo Adwoa Kojo / Jojo Adwoa Adwo Adwo - Pacifico
Ɛbenada (Martedì) Kwabena Abena Kobina / Ebo / Kwamena Abenaa/Araba Abena Abra - Amichevole
Wukuada (Mercoledì) Kwaku Akua Kweku / Kuuku Ekua / Kuukua Aku Aku - Malvagio
Yawoada (Giovedì) Yaw Yaa Ekow Aba Awo Awo - Coraggioso
Efiada (Venerdì) Kofi Afia Kofi / Fiifi / Fi Efua/Efe Afi Afi - Avventuroso
Memeneda (Sabato) Kwame Ama Kwame / Kwamina / Ato Ama Amen Amen - Creatore

Fra i discendenti degli Ndyuka e dei Coromanti - gli schiavi deportati dall'antica Costa d'oro verso i paesi caraibici, come la Giamaica - è tuttora frequente l'uso di nomi legati ai giorni della settimana, sebbene talvolta siano trascritti e pronunciati in modo dissimile dagli originali; alcuni esempi sono Affoué, Cuffee, Cuffy, Quao, Quamina.[7][8][2][9]

Giorno della settimana Diaspora Akan in Giamaica Ndyuka
Maschile Femminile Maschile Femminile
Domenica Quashie Quasheba Kwasi Kwasiba
Lunedì Cudjoe / Quajo Adjoa / Ajuba / Juba Kodyo Adyuba
Martedì Quabena Abena / Bena Abeni Abeni
Mercoledì Quaco Aqua / Acooba / Cooba Koku / Kokou / Kweku / Kaku / Kuuku Akuba / Akú / Ekua
Giovedì Quaw / Quao Aba / Yaaba Yaw Yaba
Venerdì Cuffy / Cuffee Afiba / Fiba Kofi Afiba
Sabato Quame Quamina / Ama Kwami Amba

Nomi attribuiti ai gemelli e ai loro fratelli o sorelle

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In caso di parto gemellare il primo nato è considerato il figlio minore, per questo si chiama "Kakra" in dialetto twi. Il secondo nato sarà chiamato "Panyin", cioè "maggiore, più grande". Tale distinzione nasce dalla credenza popolare secondo la quale il gemello maggiore, fisicamente più grande e forte, spingesse il minore al di fuori del grembo materno.

Fratelli e sorelle Maschile Femminile
Gemelli (Entaafuo) Ata / Atta Ataa / Atta
Primo nato (più giovane) Ata Kakra Kakra, Kakraba
Secondo nato (Più grande) Ata Panyin Ataa Panyin
Terzo gemello Ahenesa
Primo nato dopo i gemelli Tawia Tawia
Secondo nato dopo i gemelli Gaddo Nyankomago
Terzo nato dopo i gemelli Atuakɔsεn
Quarto nato dopo i gemelli Abobakorowa
Sesto nato dopo i gemelli Damusaa

Nomi in ordine di nascita

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Nelle famiglie numerose il nome dei figli può designare l'ordine in cui sono nati. Si ricorre a tale denominazione anche nel caso in cui due o più figli dello stesso sesso siano nati nel medesimo giorno. Piesie e Kaakyire sono usati anche come aggettivi che indicano rispettivamente il primo e l'ultimo figlio.[10]

Ordine Maschile Femminile Varianti
Primo figlio Piesie Berko, Arko, Dede, Dedei, Abaka, Kande
Secondo figlio Ano, Manu Maanu
Terzo figlio Mεnsa, Mensah, Ansa Mansa
Quarto figlio Anan, Annan Anan, Anane
Quinto figlio Num, Anum Anum
Sesto figlio Esia, Nsia Essien
Settimo figlio Nson, Esuon Nswaa, Ason Esson, Ansong
Ottavo figlio Nwɔtwe Awotwe Awotwie
Nono figlio Akron, Nkroma Nkroma, Nkrumah, Akunu Ackon
Decimo figlio Badu Baduwaa
Undicesimo figlio Duku
Dodicesimo figlio Adunu
Tredicesimo figlio Adusa
Quattordicesimo figlio Agyeman
Ultimo figlio Kaakyire

Nomi attribuiti in circostanze e condizioni eccezionali o particolari

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In caso di parti avvenuti dopo una gravidanza difficile, dopo numerosi aborti o morti precoci, i genitori scelgono nomi scaramantici, persino beffardi o ridicoli per allontanare lo spettro della morte e distrarre gli spiriti maligni. Altri nomi descrivono il contesto ambientale o lo stato emotivo in cui viveva la famiglia durante l'attesa del bambino.[1][3][11][6]

Circostanza Nome Significato del nome
Nato/a in mezzo ai campi Afuom La fattoria
Nato/a per strada Ɔkwan La strada
Nato/a durante la guerra Bekoe, Bediako In tempo di guerra
Nato/a in condizioni liete Afriyie o Afriye Apparso/a bene (lett.),

arrivata nel momento giusto

Nato/a prematuro/a o malato/a,

dopo anni di infertilità o da genitori anziani

Nyamékyε Dono di Dio
Nyaméama
Kunsu, Gyambibi, Gare, Firi Dono di una divinità
Asaaseasa È finito il terreno (per la sepoltura)
Nhyira Benedizione
Aseda Grazie, grazie a Dio
Nato/a dopo la morte di un genitore Anto, Antobam, Antobre Non lo ha incontrato/a
Adiyaa Ha patito un dolore
Kunto Suo padre è morto in battaglia
Rifiutato/a dal padre Obím̀pέ, Yεmpέw Indesiderato
Situazione di tensione o problematica

nell'ambiente di riferimento

Agyegyesem Guerrafondaio, combinaguai
Nyasemwhe Mettiti nei guai e poi vedi
Kaedabi Ricorda il passato
Sopravvissuto/a alla morte Owuompe, Awomawu La morte non lo vuole

I kradin delle divinità

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Il nome indigeno del Dio precristiano adorato dagli Akan è Onyamkopɔn (anche Onyame o Nyame). Egli è considerato la massima entità spirituale, situata in cielo e creatasi di sabato: il suo kradin è Kwame, perché si ritiene sia di sesso maschile. Stante la sua natura straordinaria e ultraterrena, il suo nome non viene mai pronunciato da solo bensì accostato a numerosi appellativi come Oboo Adee Kwame (il Creatore), Twieduampong Kwame (l'Onnipotente), Ode ne ho Kwame (Colui che si è creato da solo), Osoro hene Kwame (Re dei cieli), Ɔdomankoma Kwame (Colui che concede la grazia).[12][1]

Gli Akan identificano la Terra (asaase) come la divinità femminile per eccellenza, creata da Dio un giovedì: Asaase Yaa.

Contrariamente a quanto accade generalmente in Occidente, dove il riconoscimento del figlio è sancito dalla registrazione anagrafica del cognome dei genitori, il legame tra un bambino Akan e la sua famiglia si perfeziona ufficialmente quando il padre ne annuncia il nome alla comunità.

Nelle società patriarcali l'abusyadin (nome di famiglia) si trasmette di padre in figlio, previa consultazione con la famiglia e la coniuge.

Il professor Kofi Agyekum della University of Ghana ritiene che studiando alcuni cognomi si possa risalire ai dodici clan patriarcali degli Akan, ciascuno dei quali votato a una divinità, come si evince dal morfema ricorrente bosom, “divinità”: Bosommuru, Bosompra, Bosomtwe, Bosomnketia, Bosompo, Bosomdwerεbe, Bosomkrεte, Bosomafi, Bosomayesu, Bosomakɔm, Bosomakonsi, Bosomafram e Bosomsika.[11]

Nondimeno, a eccezione delle famiglie nobili e più antiche, l'attribuzione del cognome non è automatica né lineare. Il padre può infatti scegliere il cognome dal proprio ramo paterno o materno, oppure dare al figlio il nome e il cognome di un individuo importante. Se per una bambina si sceglie il nome di un uomo, lo si può declinare al femminile con suffissi quali -waa, -maa, -bea o -ba (per esempio se il cognome è Ofori diventerà Oforiwaa al femminile).[13] In altri casi i cognomi riconducono al luogo di nascita (Kumasi) o all'etnia (Asante, Dagarti). Possono derivare anche dal soprannome attribuito al capostipite di una famiglia che si è distinto per il proprio valore, come nel caso di Osei (“il distruttore”), Osafo e Kantaka (“combattenti”).[1]

L'armonizzazione dei cognomi avviene principalmente per motivi burocratici (iscrizione a scuola, norme giuridiche estere, ricongiungimento familiare all'estero). La prassi di indicare il cognome paterno sui documenti ufficiali risente dell'influenza occidentale.[3] Per lo stesso motivo è ormai prassi indicare, oltre al cognome, solo i nomi occidentali o coranici sui documenti ufficiali, mentre quelli tradizionali sono usati in ambito familiare o informalmente sul luogo di lavoro.[11]

Outdooring e Abadinto

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Secondo la tradizione, i neo-sposi rimangono ciascuno nella casa di origine finché non sono in grado di acquistare, costruire o affittare un loro alloggio. Tuttora in zone rurali e fortemente ortodosse, la vita in comune è limitata al tempo libero, ai pasti e all'intimità. Dopo il parto la donna torna nella casa dei propri genitori con il neonato, anche per poter godere del sostegno delle figure femminili di riferimento. Durante i primi sette giorni della sua vita il neonato viene esposto raramente al mondo esterno, soprattutto prima dell'alba e dopo il tramonto, per tutelarlo dagli agenti atmosferici e dai possibili influssi negativi degli spiriti malvagi. In questo periodo il bambino non ha un nome che lo leghi alla vita terrena, poiché potrebbe tornare nell'aldilà (Asamando).[14] Tale tradizione si è consolidata probabilmente per l'elevato tasso di mortalità infantile nei primissimi giorni di vita e per ridurre il trauma del distacco.

All'alba dell'ottavo giorno si celebra l'outdooring (dall'inglese outdoor), ossia il primo giorno in cui il bambino esce di casa, si presenta e gli viene presentato il mondo esterno.

Due parenti paterni si recano nella casa, versano due bicchierini di distillato in onore della madre Terra, pronunciano frasi rituali di benvenuto e augurio, poi conducono la madre e il bambino verso la casa paterna, dove si ripete il rituale.

Il bambino, vestito di bianco come sua madre, viene adagiato su un cuscino. Per tre volte uno dei due parenti intinge il dito in un bicchierino di distillato (in genere gin o akpeteshie) e lo poggia sulla lingua del bambino. L'operazione si ripete con dell'acqua. Nel corso del rito si pronunciano le seguenti frasi: "Se questa è distillato, che sia distillato" e "Se questa è acqua, che sia acqua". Assaggiando i due sapori in antitesi, il bambino entra in contatto con il bene e il male, con la verità e la menzogna.

La cerimonia prosegue trasferendo il neonato su una stuoia. Se si tratta di un maschio, si poggerà nella sua mano una sciabola, in quanto da adulto sarà chiamato a difendere la propria famiglia. Se si tratta di una bambina, l'oggetto simbolico sarà una scopa, come futuro impegno a curare la prole, la casa e i campi. Secondo la tradizione, come auspicio di fertilità, la bambina deve essere coperta brevemente da una zucca, oppure si deve sospendere una cesta sul suo corpo.[10]

Dopo l'outodooring segue la cerimonia dell'abadinto o dinto (lett. "lanciare il nome al bambino"), cioè l'attribuzione del nome che finalmente si lega all'anima del nascituro.[15][14] Pur trattandosi di due cerimonie distinte, la brevità e gli elementi in comune spingono molte famiglie odierne a fissarle lo stesso giorno.

Poiché la responsabilità del nome ricade sul padre, saranno i suoi parenti a prendere in braccio il bambino ed annunciarne il legame definitivo con il mondo, presentandolo alla Terra, al Cielo, alle divinità (abosom) e agli spiriti degli avi (Nananom Nsamanfo).

Infine, si procede con la circoncisione dei maschi e la foratura dei lobi delle bambine, a cui seguono un bagnetto rituale.

La giornata celebrativa si conclude con un lauto banchetto.[14]

Kweku Ananse è il nome di un ragno (ananse, appunto) antropomorfo protagonista di fiabe e leggende ghanesi e caraibiche. Alcuni racconti mitologici identificano Ananse come una divinità, figlio della Asase Yaa.

Tra le figure di spicco secondo la tradizione Akan vi sono[7][1]:

  1. ^ a b c d e f g h Akwasi Arko-Achemfuor, Naming of Children and Meaning of Names among the Akan of Ghana: Defining Identities?, in Southern African Journal for Folklore Studies, Vol. 28, No. 1 (2018).
  2. ^ a b Affoué Cécile N’Guessan, Quelques modalités d’attribution anthroponymiques Baoulé: l’exemple de l’ahétou, in Akofena, Vol.1, n°002 (pp.3-16).
  3. ^ a b c d Uchendu, Victor C. and others, African Culture African Curriculum Workshop for Public School Teachers. Final Report, July 1, 1976 through June 30, 1980 (pp.183-186). ED 194 423 (PDF), su files.eric.ed.gov.
  4. ^ Samuel Gyasi Obeng, Akan death-prevention names: a pragmatic and structural analysis, in Names, Vol. 46, No. 3 (1998).
  5. ^ 'Day born names’ in Dagbani, Ewe and Fante, su ghanaweb.com.
  6. ^ a b Olive Akpebu Adjah, What is in a name? Ghanaian personal names as information source, in African Research & Documentation, N. 117 (2011).
  7. ^ a b Kwame Aidoo, Everything You Need to Know About the Ghanaian Tradition of Day Names, su Culture Trip. URL consultato il 10 giugno 2021.
  8. ^ David DeCamp, African day-names in Jamaica, in Language, Vol. 43, n.1 (pp.139-149).
  9. ^ Résumé a travers les prénoms des jours de naissance que les Akan donnent aux personnes, l’on perçoit leur croyance en un Dieu unique ainsi que l’ordre qu’ils donnent aux jours de la semaine perçue de façon cyclique et allant du jeudi 1, su m.20-bal.com. URL consultato il 15 giugno 2021 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2020).
  10. ^ a b (EN) Zindzy Gracia, Traditional baby naming ceremony in Ghana, su Yen.com.gh - Ghana news., 29 giugno 2018. URL consultato il 12 giugno 2021.
  11. ^ a b c Kofi Agyekum, The Sociolinguistic of Akan Personal Names, in Nordic Journal of African Studies 15(2): 206–235 (2006).
  12. ^ Leo Andoh Korsah e Jonathan ET Kuwornu-Adjaottor, The Akan experience of God through the eyes of the Fante from Oguaa, in Art Human Open Acc J. 2019;3(6):280‒283. 280.
  13. ^ Kwasi Adomako, Morphphonological analysis of Akan female family-name formation, in Ghana Journal of Linguistics, vol. 6, 3 (2017).
  14. ^ a b c Adinto: Akan Naming and Outdooring Ceremony - Afropedea, su afropedea.org. URL consultato il 12 giugno 2021 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2021).
  15. ^ (EN) Letter from Africa: Why there was an uproar over the name Prince, in BBC News, 15 febbraio 2018. URL consultato l'11 giugno 2021.

Voci correlate

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