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Amnesty International

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Disambiguazione – "Amnesty" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Amnesty (disambigua).
Amnesty International
TipoONG
Fondazione1961
FondatorePeter Benenson
ScopoDifesa e promozione dei diritti umani
Sede centraleRegno Unito (bandiera) Londra
Area di azioneMondo (bandiera) Mondo
Segretario generaleFrancia (bandiera) Agnès Callamard
MottoVal més encendre una espelma que maleir per sempre la foscor, Mieux vaut allumer une bougie que maudire les ténèbres, Better to light a candle than curse the darkness, Es ist besser, eine Kerze anzuzünden, als die Dunkelheit zu verfluchen e ان تشعل شمعة خير من ان تلعن الظلام
Sito web
Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la pace 1977

Amnesty International è un'organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. Lo scopo di Amnesty International è quello di promuovere, in maniera indipendente e imparziale, il rispetto dei diritti umani sanciti nella "Dichiarazione universale dei diritti umani" e quello di prevenirne specifiche violazioni.

Storia dell'organizzazione

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L'organizzazione fu fondata il 28 maggio 1961 dall'avvocato inglese Peter Benenson,[1] quando lanciò sul The Observer di Londra un appello dal titolo I prigionieri dimenticati riferito all'arresto e alla condanna in Portogallo di due studenti resisi colpevoli di aver brindato alla libertà delle colonie. L'organizzazione conta oggi oltre sette milioni di soci sostenitori, che risiedono in più di 150 nazioni.[2] Il suo simbolo è una candela nel filo spinato.

Ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1977 per l'attività di "difesa della dignità umana contro la tortura, la violenza e la degradazione"[3]. L'anno seguente è stata insignita del Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani.[4]

Nel 1991, riceve il premio Colombe d'Oro per la Pace dell'Archivio Disarmo di Roma, per l’azione contro la violazione dei diritti umani nell’anno della Guerra del Golfo, che coincideva con il trentennale della sua fondazione.[5]

Amnesty International agisce contro le ingiustizie, proteggendo chi ne è vittima; opera a favore delle persone incarcerate per motivi di coscienza, uomini o donne, le cui credenze, la loro origine o l'appartenenza religiosa o politica gli hanno valso la privazione della libertà; tenta di convincere i governi a modificare le leggi quando ingiuste. Amnesty International si oppone ugualmente e senza riserva a tutte le forme di tortura e alla pena di morte.[6][7]

Nel perseguimento di questa visione, la missione di Amnesty International è quella di svolgere ricerche e azioni per prevenire e far cessare gravi abusi dei diritti all'integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di espressione e alla libertà dalla discriminazione. Le azioni di Amnesty e le denunce si basano sull'accertamento dei fatti grazie ai ricercatori che operano sul campo, spesso in situazioni difficili, raccogliendo prove, registrando le violazioni, tenendo aggiornati i dati, parlando con le vittime.

Significato del simbolo

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Il simbolo di Amnesty International è la candela nel filo spinato (in inglese: candle in barbed wire),[8] nota anche semplicemente come "candela di Amnesty International" (in inglese: the Amnesty candle). Realizzatrice del logo con la candela, a partire da un'idea del fondatore di Amnesty International Peter Benenson, fu l'artista britannica Diana Redhouse.[9][10][11]

Il filo spinato richiama la recinzione di un campo di prigionia soprattutto per richiamare la violenza di quell'argomento, a simboleggiare la detenzione protratta e le violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti dei prigionieri di coscienza; la candela accesa, che rimanda al motto spesso ricordato all'interno di Amnesty International "è meglio accendere una candela che maledire l'oscurità", rappresenta la volontà, da parte dell'organizzazione, di tenere sotto la luce dei riflettori ciascuna singola violazione dei diritti umani sulla quale essa lavora, perché l'opinione pubblica possa esserne edotta. Un ulteriore significato leggibile nella luce della candela è la speranza nella giustizia per tutte le vittime delle violazioni dei diritti umani.

Un presidio pubblico di volontari di Amnesty international, per protestare contro il campo di prigionia di Guantánamo

Il nucleo di base di Amnesty International è rappresentato locale. In Italia vi sono 173 gruppi territoriali formati in media da una decina di soci e presenti in tutte le regioni oltre a circa trenta gruppi giovani, formati da soci in età scolare o universitaria. Nella Svizzera Italofona ha sede uno dei tre Centri regionali su base linguistica e uno dei 97 gruppi attivi della sezione svizzera: il Gruppo Ticino,[12] con quattro sedi nelle principali città del Cantone.

Ogni gruppo Amnesty riceve periodicamente delle azioni dai coordinamenti nazionali e dal segretariato internazionale, con il compito di coinvolgere la popolazione del proprio territorio di competenza su tali tematiche generali o casi specifici. La trasformazione delle informazioni raccolte in effettiva pressione verso i governi violatori passa proprio attraverso un capillare coinvolgimento dell'opinione pubblica sul territorio.

I gruppi Amnesty si occupano di raccogliere firme, di organizzare eventi e manifestazioni, provvedono inoltre ad attività di raccolta fondi e di addestramento dei nuovi soci, rappresentano quindi a tutti gli effetti il movimento sul territorio.

Rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo

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A cura del segretariato internazionale, viene redatto e pubblicato ogni anno, sia in cartaceo che in digitale, un rapporto dei diritti umani nel mondo (Amnesty International Annual Report)[13] che è tradotto in più lingue (tra cui l'italiano).

Rapporto 2019-2020 di giugno 2020

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Il rapporto 2019-2020 è suddiviso in sei principali macro Regioni: Africa subsahariana, Americhe, Asia e Pacifico, Europa orientale e Asia Centrale, Medio Oriente e Africa del nord, e denuncia, per ogni nazione appartenente ad una specifica Regione, i diritti umani violati nell'anno della pubblicazione del rapporto. La denuncia per ogni nazione a sua volta, è suddivisa in paragrafi come, per citarne alcuni: Contesto, Diritto all'alloggio - Sgomberi forzati, Libertà di riunione, Uccisioni illegali, Libertà di espressione, Sparizioni forzate, Prigionieri politici, Libertà di espressione e di riunione, Pena di morte, Tortura ed altri maltrattamenti, Uso eccessivo della forza, Diritto alla salute - Mortalità materna, Impunità, Controterrorismo - Detenzioni, Condizioni carcerarie, Diritto all'infanzia, Ergastolo senza possibilità di libertà provvisoria, Diritto dei migranti, Diritti dei rifugiati e migranti, Minori non accompagnati, Uccisioni arbitrarie, Violenza contro le donne, Diritti delle donne, Rifugiati e richiedenti asilo, Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate, Obiettori di coscienza, Discriminazione - ROM, Controterrorismo e sicurezza.
Il rapporto 2019 - 2020, stampato a giugno 2020, comprende, oltre che panoramiche per ognuna delle sei macro-regioni, anche 19 approfondimenti per quelle nazioni del mondo che si sono più delle altre "distinte" per aver violato i diritti umani. Queste nazioni sono: Arabia Saudita, Brasile, Cina, Egitto, India, Iran, Libia, Myanmar, Polonia, Repubblica Centrafricana, Russia, Siria, Somalia, Sudan, Turchia, Ungheria e Venezuela ma anche Italia e Stati Uniti d'America[14].

L'Italia viene denunciata per i "rifugiati e richiedenti asilo" e le relative «politiche e la retorica anti-immigrazione del primo governo Conte»; la "politica dei porti chiusi"; per il "diritto all'alloggio e gli sgomberi forzati"; per "tortura e altri maltrattamenti". Per la tortura aggravata ad opera di 15 agenti di custodia nel carcere di San Gimignano (Siena) contro un detenuto. Per "i decessi in custodia" come per il processo che riguardava il decesso di Stefano Cucchi nel 2009 e per il "commercio di armi" (sospeso poi dal governo italiano) che vedeva come acquirenti l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti[15].

Stati Uniti d'America

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"Meccanismi Internazionali sui diritti umani". Amnesty denuncia che il governo americano dell'amministrazione Trump a luglio 2019 dichiarò che «la sua linea attuale era di collaborare alle procedure sui diritti umani delle Nazioni Unite soltanto quando queste fossero "vantaggiose per gli obiettivi della politica estera degli Usa", rifiutando pertanto di cooperare con il meccanismo di esame sulla situazione dei diritti umani in territorio statunitense».[16]. Ancora una denuncia sui: "Rifugiati, richiedenti asilo e migranti"; su "genere, sessualità e identità"; sulla "libertà di espressione" e "controterrorismo e sicurezza"; "tortura e altri maltrattamenti"; "violenza legata all'uso di armi da fuoco"; "pena di morte" e "uso eccessivo della forza".
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto Amnesty metteva in risalto che 1000 persone nel 2018 e almeno altrettanto nel 2019 sono stati gli uccisi «a seguito dell'utilizzo di armi da fuoco da parte degli agenti». Secondo tale rapporto «gli afroamericani erano sproporzionalmente colpiti dall'uso di forza letale da parte della polizia»[17].

Rapporto annuale 2020-2021

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Il rapporto di Amnesty International del 2020-2021 punta il dito in particolare sull'eccezionalità di un anno che è stato caratterizzato dalla pandemia. L'alto numero delle vittime è stato incrementato dalle ampie diseguaglianze esistenti, aggravato da sistemi sanitari minati da austerità e da istituzioni internazionali rese più deboli nelle loro funzioni. La vera leadership emersa in questa situazione non è stata politica, ma costituita da personale medico e sanitario, da scienziati, da tecnici e da tutti coloro che si sono occupati delle infinite necessità in situazioni di emergenza. La pandemia ha anche rivelato ancor più le conseguenze tragiche dell'abuso di potere e sono state le singole persone a ribellarsi contro diseguaglianze, violenze ed esclusioni.[18]

Dati dal Rapporto 2020-2021, informazioni tratte da ricerche su 149 paesi.[19]

  • Vessazioni da parte delle autorità statali nei riguardi di operatori sanitari e altri operatori essenziali nella risposta alla Covid-19 nel 28% dei paesi. Autorità dello stato hanno ostacolato e intimidito personale sanitario e altri lavoratori essenziali nell'ambito della pandemia in almeno 42 paesi.
  • Provvedimenti relativi alla Covid-19 con un esito discriminatorio sui gruppi marginalizzati nel 56% dei paesi. Risoluzioni prese dai governi per controllare la diffusione della pandemia hanno avuto una conseguenza discriminatoria su gruppi marginalizzati nel loro diritto alla salute in almeno 83 paesi.
  • Prigionieri di coscienza presenti in 36% dei paesi, sono stati detenuti in almeno 53 paesi.
  • Torture e maltrattamenti in 58% dei paesi con esiti mortali nel 28%. Torture e maltrattamenti sono stati constatati in 87 paesi di cui almeno 41 con esito infausto.
  • Rimpatri forzati di migranti o rifugiati verso quei paesi dove erano a rischio di persecuzione in 28% dei paesi. I rimpatri forzati sono avvenuti in almeno 42 paesi.
  • Sgomberi forzati nel 28% dei paesi, avvenuti in almeno 42 paesi.

Rapporto annuale 2021-2022

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Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International apre il "Rapporto annuale 2021.2022" con una introduzione estremamente critica facendo rilevare che nel 2021 "i potenti della terra" hanno usato «slogan patinati del tipo "ricostruiremo un modo migliore" [...]», oltre a ventilare «belle promesse» di un "reset globale" dell'economia e un progetto di una "comune agenda" mondiale «per arginare gli abusi delle multinazionali». Ma non solo! hanno promesso: «una ripresa sostenibile a livello ambientale» e un radicale cambiamento che avrebbe favorito la solidarietà globale. Nonostante le molte opzioni, ad avviso della segretaria generale, «i governi hanno ancora una volta scelto politiche e strade che hanno ulteriormente allontanato molti di noi da dignità e diritti.»
Promesse, nota la Callamard, inattese: «le promesse non sono state mantenute e sempre più persone sono state abbandonate a loro stesse, in più luoghi e con maggior frequenza»[20]. Per quanto riguarda la COVID-19 e le responsabilità dei governi i commenti della Callamard sono stati trancianti, ha rilevato infatti che la speranza di una pronta guarigione dovuta alla velocità, mai vista prima, con cui erano stati scoperti i vaccini facevano sperare la possibilità «che la fine della pandemia fosse ormai a portata di mano», possibilità che non si è minimamente realizzata perché «[...] i leader del mondo si sono ritirati nelle loro caverne fatte di interessi nazionali. Invece di fornire maggiore sicurezza a sempre più persone, i leader ci hanno spinto sempre verso l'abisso dell'insicurezza e, in alcuni casi, anche di guerra. Invece di sradicare le pratiche che ci dividono, i leader hanno gettato le nostre nazioni in competizioni autolesioniste per la conquista di ricchezza e risorse, oltre che in situazioni di conflitto. Invece di difendere il principio universale di uguaglianza dei diritti umani, il razzismo è diventato una componente sempre più integrata nel funzionamento del sistema internazionale, fino a determinare addirittura chi doveva vivere o meno, aggiungendo un altro capitolo alla storia crudele in cui si decide quali vite contano e quali no. Il 2021 avrebbe dovuto essere un anno di guarigione e ripresa. Invece, è diventato un incubatore di disuguaglianze e instabilità sempre maggiori, non solo per il 2021, non solo per il 2022, ma per il decennio a venire».

Segretari generali

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Sezioni nazionali

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Sezioni dell'Amnesty International nel mondo nel 2012.
Country/Territory Local website
Amnesty International Algeria www.amnestyalgerie.org.
Amnesty International Ghana www.amnestyghana.org.
Amnesty International Argentina www.amnistia.org.ar.
Amnesty International Australia www.amnesty.org.au.
Amnesty International Austria www.amnesty.at.
(Amnesty International Belgio)
Amnesty International Fiandre
Amnesty International Belgio francofono

www.aivl.be. URL consultato il 13 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2012).
www.amnestyinternational.be.
Amnesty International Benin www.aibenin.org. URL consultato il 2 marzo 2020 (archiviato dall'url originale il 23 aprile 2017).
Amnesty International Bermuda www.amnestybermuda.org. URL consultato il 16 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2013).
Amnesty International Brasile www.anistia.org.br.
Amnesty International Burkina Faso www.amnestyburkina.org. URL consultato il 10 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2017).
Amnesty International Canada (inglese)
Amnistie internationale Canada (francofono)
www.amnesty.ca.
www.amnistie.ca.
Amnesty International Cile www.amnistia.cl.
Amnesty International Repubblica Ceca www.amnesty.cz.
Amnesty International Danimarca www.amnesty.dk.
Amnesty International Isole Faroe www.amnesty.fo.
Amnesty International Finlandia www.amnesty.fi.
Amnesty International Francia www.amnesty.fr.
Amnesty International Germania www.amnesty.de.
Amnesty International Grecia www.amnesty.org.gr. URL consultato il 25 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2009).
Amnesty International Hong Kong www.amnesty.org.hk (archiviato dall'url originale il 17 gennaio 2021).
Amnesty International Ungheria www.amnesty.hu. URL consultato il 25 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 14 aprile 2017).
Amnesty International Islanda www.amnesty.is.
Amnesty International India www.amnesty.org.in.
Amnesty International Irlanda www.amnesty.ie.
Amnesty International Israele www.amnesty.org.il. URL consultato il 24 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2013).
Amnesty International Italia www.amnesty.it.
Amnesty International Giappone www.amnesty.or.jp.
Amnesty International Jersey www.amnesty.org.je (archiviato dall'url originale il 17 agosto 2020).
Amnesty International Lussemburgo www.amnesty.lu.
Amnesty International Malesia amnesty.my.
Amnesty International Isole Mauritius www.amnestymauritius.org. URL consultato il 16 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2013).
Amnesty International Messico www.amnistia.org.mx.
Amnesty International Moldavia www.amnesty.md.
Amnesty International Mongolia www.amnesty.mn.
Amnesty International Marocco www.amnesty.ma.
Amnesty International Nepal www.amnestynepal.org.
Amnesty International Paesi Bassi www.amnesty.nl.
Amnesty International Nuova Zelanda www.amnesty.org.nz.
Amnesty International Norvegia www.amnesty.no.
Amnesty International Paraguay www.amnistia.org.py (archiviato dall'url originale il 5 giugno 2009).
Amnesty International Perù www.amnistia.org.pe.
Amnesty International Filippine www.amnesty.org.ph.
Amnesty International Polonia www.amnesty.org.pl.
Amnesty International Portogallo www.amnistia.pt.
Amnesty International Porto Rico www.amnistiapr.org.
Amnesty International Russia www.amnesty.org.ru (archiviato dall'url originale il 29 aprile 2019).
Amnesty International Senegal www.amnesty.sn.
Amnesty International Repubblica Slovacca www.amnesty.sk.
Amnesty International Slovenia www.amnesty.si.
Amnesty International Sudafrica www.amnesty.org.za.
Amnesty International Corea del Sud www.amnesty.or.kr.
Amnesty International Spagna www.es.amnesty.org.
Amnesty International Svezia www.amnesty.se.
Amnesty International Svizzera www.amnesty.ch.
Amnesty International Taiwan www.amnesty.tw.
Amnesty International Thailandia www.amnesty.or.th.
Amnesty International Togo www.amnesty.tg. URL consultato il 10 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2013).
Amnesty International Tunisia www.amnesty-tunisie.org/. URL consultato il 25 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2013).
Amnesty International Turchia www.amnesty.org.tr.
Amnesty International Regno Unito www.amnesty.org.uk.
Amnesty International Ucraina www.amnesty.org.ua.
Amnesty International Uruguay www.amnistia.org.uy.
Amnesty International USA www.amnestyusa.org.
Amnesty International Venezuela www.amnistia.me. URL consultato il 16 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 1º giugno 2015).

Controversia sulla rimozione temporanea dello status di "prigioniero di coscienza" di Aleksej Naval'nyj

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Nel febbraio 2021 Amnesty International ha deciso di rimuovere lo status prigioniero di coscienza ad Aleksej Naval'nyj, a causa dei commenti fatti sui migranti 14 anni prima, considerati come discorsi d'odio. Amnesty ha affermato che una persona che ha "sostenuto la violenza o l'odio" è esclusa dall'attuale definizione di prigioniero di coscienza. Amnesty International si è scusata per il "cattivo tempismo" che ha consentito al Governo della Federazione Russa di "aizzare" la controversia contro i sostenitori di Naval'nyj.[21]

Un portavoce anonimo di Amnesty International a Mosca ha detto alla BBC di ritenere che fosse stata presumibilmente organizzata una campagna di propaganda contro Naval'nyj, rendendo più evidenti i suoi precedenti commenti controversi. La decisione di Amnesty è stata descritta dai media occidentali come "un'enorme vittoria per la propaganda di stato russa" che ha minato il sostegno di Amnesty al rilascio di Naval'nyj.[22][23][24] A seguito di tali accuse, Amnesty International ha risposto: "Le notizie secondo le quali la decisione di Amnesty International è stata influenzata dalla campagna diffamatoria dello stato russo contro Naval'nyj sono false. Mai dichiarazioni falsamente attribuite a Navalny o informazioni destinate unicamente a screditarlo sono state prese in considerazione. La propaganda delle autorità russe è facilmente riconoscibile."[21]

Il 7 maggio, Amnesty International ha ridato lo status di "prigioniero di coscienza" a Naval'nyj, in quanto la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sostenuto l'attivista dichiarando ingiusta la sua detenzione, e per il fatto che lo stesso Naval'nyj ha anche riveduto molte posizioni, scusandosi per aver cavalcato all'epoca l'onda del nazionalismo.[25]

Premio Nobel per la pace - nastrino per uniforme ordinaria
— Oslo, 10 dicembre 1977[26]
  1. ^ (EN) Where it all began, su amnesty.org, Amnesty International. URL consultato il 22 febbraio 2018 (archiviato il 25 maggio 2017).
  2. ^ (EN) What is Amnesty International?, su pages.uoregon.edu, University of Oregon. URL consultato il 22 febbraio 2018 (archiviato il 14 settembre 2016).
  3. ^ (EN) Discorso di assegnazione (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2018). del Premio Nobel
  4. ^ (EN) Lista dei premiati (PDF) (archiviato dall'url originale il 29 marzo 2016). dell'United Nations Prize in the Field of Human Rights
  5. ^ Copia archiviata, su archiviodisarmo.it. URL consultato il 18 gennaio 2018 (archiviato il 18 gennaio 2018).
  6. ^ Giornata contro la pena di morte.Amnesty a 23 Stati: fermate il boia, su avvenire.it, Avvenire, 10 ottobre 2017. URL consultato il 23 febbraio 2018 (archiviato il 1º febbraio 2018).
  7. ^ Raffaello Binelli, Pena di morte: il record di esecuzioni alla Cina. Ma Pechino nasconde i dati, su ilgiornale.it, il Giornale, 11 aprile 2017. URL consultato il 23 febbraio 2018 (archiviato l'11 aprile 2017).
  8. ^ (EN) Nayan Chanda, Bound Together: How Traders, Preachers, Adventurers, and Warriors Shaped Globalization, New Haven, Yale University Press, 2008, p. 140, ISBN 978-0-300-13490-2, OCLC 191733944. URL consultato il 22 febbraio 2018.
  9. ^ (EN) Jonathan Power, Amnesty International: The Human Rights Story, Elsevier Science, 2013, ISBN 978-1-4832-8601-3, OCLC 898421785.
    Visualizzazione limitata su Google Libri: Amnesty International: The Human Rights Story, su books.google.de, Elsevier, p. 14. URL consultato il 24 febbraio 2018 (archiviato il 25 febbraio 2018).
  10. ^ (EN) Yvonne Baron e Denis Baron, Diana Redhouse, su theguardian.com, The Guardian, 6 dicembre 2007. URL consultato il 24 febbraio 2018 (archiviato il 4 febbraio 2018).
  11. ^ (EN) Amnesty logo designer dies, su designweek.co.uk, Design Week, 26 ottobre 2007. URL consultato il 24 febbraio 2017 (archiviato il 4 febbraio 2018).
  12. ^ Assemblea generale per il Gruppo Ticino di Amnesty International, su tio.ch, Ticinonline SA, 27 marzo 2017. URL consultato il 25 febbraio 2018 (archiviato il 3 gennaio 2018).
  13. ^ (EN) Amnesty International Annual Report, su onlinebooks.library.upenn.edu, John Mark Ockerbloom. URL consultato il 28 febbraio 2018 (archiviato il 2 maggio 2017).
  14. ^ Rapporto 2019-2020 di Amnesty International - La situazione dei diritti umani nel mondo, pag. 6, Formigine, Infinito edizioni, 2020, ISBN 978-88-6861-409-6.
  15. ^ Rapporto 2019-2020 di Amnesty International - La situazione dei diritti umani nel mondo, pagg. 133-138, Formigine, Infinito edizioni, 2020, ISBN 978-88-6861-409-6.
  16. ^ Rapporto 2019-2020 di Amnesty International - La situazione dei diritti umani nel mondo, pagg. 182-183, Formigine, Infinito edizioni, 2020, ISBN 978-88-6861-409-6.
  17. ^ Rapporto 2019-2020 di Amnesty International - La situazione dei diritti umani nel mondo, pagg. 182-191, Formigine, Infinito edizioni, 2020, ISBN 978-88-6861-409-6.
  18. ^ Agnès Callamard, Introduzione al Rapporto annuale 2020-2021, Infinito Edizioni, Formigine, aprile 2021
  19. ^ Rapporto annuale di Amnesty International 2020-2021, Infinito Edizioni, Formiggine, aprile 2021
  20. ^ Agnès Callamard, Rapporto annuale 2021-2022, pag.17, Formigine, Infinito edizioni, 2022, ISBN 978-88-686-1586-4.
  21. ^ a b (EN) Amnesty International statement on Aleksei Navalny, su amnesty.org, Amnesty International, 25 febbraio 2021. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  22. ^ (EN) Amnesty strips Alexei Navalny of 'prisoner of conscience' status, su bbc.co.uk, BBC News, 24 febbraio 2021. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  23. ^ (EN) Supporters quit Amnesty International over ‘betrayal’ of Alexei Navalny, su thetimes.co.uk, The Times. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  24. ^ (EN) Chris Bryant, Why, after 35 years, I have resigned from Amnesty International, su telegraph.co.uk, The Daily Telegraph. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  25. ^ Navalny, Amnesty ci ripensa: è un prigioniero di coscienza, su corriere.it.
  26. ^ Nobel Prize.
  27. ^ Four Freedoms Award.
  • Amnesty International, Introduzione ai diritti umani, a cura di Luigi Ciaurro e Antonio Marchesi, Ed. Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1998, ISBN 88-87183-05-8
  • Amnesty International, Il tempo dei diritti a cura di Anne Drerup, Ed. Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1995, ISBN 88-87183-12-0
  • Amnesty International, Liberi di essere. Storie a lieto fine di Amnesty International, Ed. Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1997, ISBN 88-87183-01-5
  • AA. VV. Non uccidere. Perché è necessario abolire la pena di morte, a cura di Mario Marazziti, Ed. Angelo Guerini e Ass. Milano, 1998, ISBN 88-7802864-9
  • Francesco Postiglione, Giustizia è fatta? Una risposta razionale alla pena di morte, Pagano Editore, Napoli, 2002, ISBN 88-87463-43-3
  • Amnesty International, Razzismo. Il colore della discriminazione, Rizzoli, Milano, 2003
  • Amnesty International, Nunca mas. Mai più al di sopra della legge, a cura di Marco De Ponte, Ed. Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1997, ISBN 88-09-14043-5

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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