Le Villi

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Le Villi
Nino Besta, disegno per Le Villi
pubblicato sulla "Gazzetta Musicale di Milano".
Lingua originaleitaliano
Genereopera-ballo
MusicaGiacomo Puccini
LibrettoFerdinando Fontana
(Libretto su Wikisource)
Fonti letterarieLes Willis di Alphonse Karr (derivato da Giselle di Théophile Gautier)
Attidue
Epoca di composizioneagosto-dicembre 1883
Pubblicazione1884
Prima rappr.31 maggio 1884
TeatroTeatro Dal Verme, Milano
Versioni successive
Personaggi
  • Roberto (tenore)
  • Anna (soprano)
  • Guglielmo Wulf, padre di Anna (baritono)
  • Montanari – Montanare – Villi – Spiriti (coro)
AutografoArchivio Storico Ricordi, Milano

Le Villi è un'opera-ballo in due atti di Giacomo Puccini su libretto di Ferdinando Fontana, composta nel secondo semestre del 1883 e rappresentata il 31 maggio 1884 al Teatro dal Verme di Milano. Costituisce l'opera d'esordio del compositore lucchese.

Il successo della breve opera, che in origine era formata da un unico atto suddiviso in due parti, convinse l'editore Ricordi ad accogliere Puccini nella sua scuderia, commissionandogli immediatamente una seconda opera, Edgar, e accordandogli uno stipendio mensile di 200 lire.

Genesi

Puccini scrisse Le Villi poco dopo essersi diplomato in composizione presso il Conservatorio di Milano. Fu il suo insegnante, Amilcare Ponchielli, a suggerirgli di prendere parte al concorso bandito dall'editore Sonzogno, annunciato il 1º aprile 1883 dalle colonne delle rivista "Il teatro illustrato", e a metterlo in contatto con il poeta Ferdinando Fontana, che aveva già pronto il soggetto da proporgli. L'incontro tra Puccini, Ponchielli e Fontana avvenne intorno al 20 luglio a Lecco[1]. Pochi giorni dopo, in una lettera alla madre Albina, Puccini si dichiarò contento del soggetto, «essendoci parecchio da lavorare nel genere sinfonico descrittivo, che a me garba assai, perché mi pare di doverci riuscire»[2].

In realtà, Fontana aveva in un primo tempo destinato il libretto ad un altro compositore, nominato nelle lettere come «40» e forse identificabile con il prolifico autore di romanze da salotto Francesco Quaranta (Napoli, aprile 1848 - Milano, marzo 1897)[3]. Da questo precedente accordo, il poeta appare già sciolto all'inizio di agosto[4]. Secondo la testimonianza dello stesso Fontana, il libretto fu consegnato nel mese di settembre[5]. Anche grazie all'intercessione di Ponchielli, Fontana accettò di vendere il libretto a condizioni economiche: 100 lire alla consegna e 200 in caso di vittoria al concorso[6].

Ferdinando Fontana e Giacomo Puccini intorno al 1885

Il manoscritto autografo, oggi conservato presso l'Archivio Ricordi, fu consegnato l'ultimo giorno utile, il 31 dicembre 1883, come risulta da una nota autografa della commissione vergata sulla prima pagina[7]. I singoli fascicoli recano il titolo Le Willis, con l'eccezione del primo, che reca il titolo definitivo. I due intermezzi sinfonici sono di mano di copista e furono con ogni probabilità inseriti in un secondo tempo in sostituzione delle relative pagine autografe; poiché entrambe le copie recano una datazione autografa anteriore alla consegna dell'opera ("L'abbandono" «Lucca 10.11.83», "La tregenda" «21.11.83»), Dieter Schickling ha ipotizzato che il compositore avesse previsto di farle eseguire separatamente, qualunque fosse stato l'esito del concorso[8].

Ai primi di aprile 1884 la commissione, costituita da Amilcare Ponchielli (presidente), Amintore Galli, Franco Faccio, Cesare Dominiceti e Pietro Platania, annunciò l'esito del concorso. Non solo l'opera di Puccini non aveva vinto, ma non era stata neppure inclusa tra le 5 (su 28) considerate degne di menzione. Il primo premio era stato assegnato ex aequo a La fata del Nord di Guglielmo Zuelli e Anna e Gualberto di Luigi Mapelli, quest'ultima su libretto dello stesso Fontana. In passato, sono state avanzate due ipotesi per spiegare questo mancato successo: l'arrivo del manoscritto fuori tempo massimo e la difficoltà di interpretare la grafia pucciniana. Sennonché, la prima ipotesi è smentita dalla data che la commissione annotò sulla partitura e la seconda dall'obiettiva leggibilità del manoscritto, tra l'altro vergato in parte da un copista. Alla luce di tutto questo, la critica oggi è orientata a considerare il mancato successo delle Villi al concorso Sonzogno come il frutto di una manovra editoriale: un vero e proprio sgambetto di Ricordi all'editore concorrente. La commissione esaminatrice includeva infatti importanti personalità legate alla scuderia Ricordi, tra cui Faccio e soprattutto Ponchielli, già insegnante di Puccini al conservatorio di Milano, il quale, oltre a conoscere bene la scrittura dell'allievo, si era personalmente prodigato affinché Puccini potesse partecipare al concorso. È molto probabile, perciò, che siano stati proprio questi membri della commissione ad osteggiare la vittoria di Puccini, il quale si sarebbe altrimenti legato a Casa Sonzogno[9].

Soggetto

Disegno per copertina di libretto, disegno per Le Villi (s.d.). Archivio Storico Ricordi

Fontana trasse il soggetto delle Villi dal racconto di Alphonse Karr Les Willis (1852)[10], a sua volta ricavato dal balletto Giselle (1841) musicato da Adolphe Adam su libretto di Théophile Gautier. Nessuna delle due fonti è citata nel libretto[11], mentre il nome di Alphonse Karr figura nel manoscritto della prima parte dell'intermezzo sinfonico[12].

Quella delle Villi - le creature ultramondane, spietate vendicatrici d'amore - è un'antica leggenda, originaria dell'Europa centrale e molto conosciuta in Austria, che per la prima volta ricevette una veste letteraria in Über Deutschland II: Elementärgeister und Dämonen, il saggio che Heinrich Heine dedicò agli spiriti e ai demoni in Germania, pubblicato nel 1834.

Simili soggetti fantastici, ricchi di suggestioni magiche e metafisiche, erano di moda nell'Italia settentrionale di quegli anni, prediletti in particolare dagli autori della Scapigliatura, il movimento letterario a cui Fontana apparteneva. Pochi anni prima, nel 1880, aveva debuttato a Torino un lavoro al quale la critica ha talvolta associato l'opera d'esordio di Puccini: l'Elda di Alfredo Catalani, il cui libretto, denominato «dramma fantastico», fu liberamente tratto da Loreley, una ballata pubblicata nel 1824 dello stesso Heine.

Il debutto

La "Gazzetta musicale di Milano" annuncia l'acquisto dell'opera da parte di Casa Ricordi.

Dopo il verdetto negativo del concorso Sonzogno, Fontana si interessò affinché Puccini potesse far ascoltare l'opera in privato ad alcune delle più eminenti personalità della Milano intellettuale del tempo. L'audizione ebbe luogo nel salotto del giornalista Marco Sala. Vi presenziarono, tra gli altri, Arrigo Boito, Giovannina Lucca e Alfredo Catalani.

L'aiuto finanziario di un gruppo di sottoscrittori, per lo più vicini a Casa Ricordi, consentì di allestire l'opera al Teatro Dal Verme. Da una lettera di Fontana a Puccini databile all'aprile 1884 conosciamo i nomi di alcuni di essi:

«Infatti ecco il conto di quello su cui possiamo contare finora: Vimercati L. 60, Marco Sala L. 50, Arrigo Boito L. 50, Fratelli Sala L. 20, la «incognita» di Marco Sala L. 50. Sono L. 230. E restano ancora il Duca Litta, Noseda, il Conte Sola, Biraghi. Metti che diano fra tutti almeno 100 lire e faranno 330. E il Melzi? Così saranno 430. Le spese essendo di L. 450 (250 abiti e 200 copiatura), tu vedi che al massimo tu arrischieresti 20 lire. [13]»

La prima rappresentazione ebbe luogo il 31 maggio 1884 e fu un successo autentico, di pubblico e critica, come testimoniano le recensioni di Filippo Filippi sulla "Perseveranza" e di Antonio Gramola sul "Corriere della Sera". L'opera ebbe quattro repliche. In orchestra suonava come contrabbassista il giovanissimo Pietro Mascagni.

Casa Ricordi annunciò l'acquisto dei diritti sulla "Gazzetta Musicale di Milano" dell'8 giugno 1884 (p. 217), ma che un accordo fosse già stato preso è dimostrato sia dal logo di Casa Ricordi sul libretto della "prima", sia da una precedente lettera di Fontana, nella quale il poeta informa il compositore che all'indomani egli avrebbe spedito il libretto a Ricordi, «con una lettera co' fiocchi»[13]. Infine, a riprova della battaglia editoriale in corso, l'opera fu annunciata al pubblico, prima della rappresentazione inaugurale, come «un'altra delle opere presentate al concorso del "Teatro Illustrato" [la rivista di Casa Sonzogno] che non ebbero né premio né menzione».

Reazioni del mondo musicale

Frontespizio del raro libretto della prima assoluta, stampato da Ricordi in un pieghevole di 6 facciate.

Il più noto critico musicale dell'epoca, Filippo Filippi, che aveva già elogiato senza riserve il giovane compositore in occasione della prima del Capriccio sinfonico, descrisse l'esito della serata sulla "Perseveranza":

«Le Willis entusiasmano. Applausi di tutto, tuttissimo il pubblico, dal principio alla fine. Si volle udire tre volte il brano sinfonico che chiude la prima parte e si è domandato tre volte il bis, non ottenuto, del duetto fra tenore e soprano, e della leggenda.»

La stampa fu unanime nel riconoscere i pregi dell'opera. Marco Sala, uno dei sottoscrittori, dalle colonne dell'"Italia" definì l'opera «un piccolo e prezioso capolavoro da cima a fondo». Persino la recensione della "Musica popolare" di Casa Sonzogno fu positiva. Mentre sul "Corriere della Sera" Antonio Gramola rilevò affinità con i maggiori operisti francesi:

«Nella musica del giovane maestro lucchese c'è la franchezza della fantasia, ci sono frasi che toccano il cuore perché dal cuore devono essere uscite, e c'è una fattura delle più eleganti, delle più finite, a un punto tale che a quando a quando non pare di aver davanti a noi un giovane allievo, ma un Bizet, un Massenet

Più cauto Verdi che, pur senza conoscere lo spartito (che riceverà solo nel febbraio 1885[14]), commentò così le notizie che gli erano giunte all'orecchio:

«ho sentito a dir molto bene del musicista Puccini. Ho visto una lettera che ne dice tutto il bene. Segue le tendenze moderne, ed è naturale, ma si mantiene attaccato alla melodia che non è moderna né antica. Pare però che predomini in lui l'elemento sinfonico! niente di male. Soltanto bisogna andar cauti in questo. L'opera è l'opera: la sinfonia è la sinfonia, e non credo che in un'opera sia bello fare uno squarcio sinfonico, pel sol piacere di far ballare l'orchestra.[15]»

Qualche riserva sul peso della componente sinfonica nell'economia della breve opera fu d'altronde avanzata dallo stesso Filippi, che in un articolo successivo a quello citato, apparso sulla "Perseveranza" del 2-3 giugno, affermò:

«Il Puccini è una natura di compositore essenzialmente sinfonico e, come dissi l'altro ieri, abusa del sinfonismo, e sovraccarica spesso il piedestallo a detrimento della statua.»

La sensazione generale, tuttavia, era quella di aver assistito alla nascita dell'operista in grado di rilanciare il teatro d'opera in Italia. Al riguardo, il 27 giugno 1884 Emanuele Muzio, l'unico allievo di Verdi, scrisse a Giulio Ricordi:

«Mi congratulo teco, poiché Verdi mi scrisse già da qualche settimana che finalmente avevi trovato ciò che cercavi da trent'anni, un vero maestro, certo Puccini che pare veramente abbia qualità non comuni.[16]»

Revisioni

Dopo il fortunato esordio al Dal Verme, tra il 1884 e il 1889 Puccini rimaneggiò l'opera a più riprese.

Tra il giugno e l'ottobre 1884 l'opera fu ampliata mediante l'aggiunta di brani solistici per i due protagonisti, ai quali stranamente la versione originale non riservava neppure un'aria. Nacquero così la romanza di Anna "Se come voi piccina", nel primo atto, e il monologo drammatico di Roberto "Per te quaggiù sofferse ogni amarezza", nel secondo. Inoltre, le due parti in cui l'atto unico era suddiviso diventarono altrettanti atti, fu aggiunta una quartina da far intonare al coro durante l'intermezzo sinfonico "L'abbandono", per accompagnare il corteo funebre[17], e fu ampliata considerevolmente la scena finale. In questa forma l'opera andò in scena al Teatro Regio di Torino il 26 dicembre 1884. Nello stesso mese Ricordi pubblicò la prima edizione per canto e pianoforte.

Un mese più tardi, il 24 gennaio 1885, l'opera debuttò al Teatro alla Scala, registrando 14 repliche. Fu proprio durante le recite scaligere che Puccini aggiunse la romanza di Roberto "Torna ai felici dì", collocata subito prima del monologo, che fu probabilmente eseguita durante le repliche. In questa forma l'opera fu ristampata, sempre ridotta per canto e pianoforte, nel marzo 1885.

La nuova versione fu salutata come un netto progresso rispetto all'opera rappresentata al Dal Verme. Filippo Filippi, dalle colonne della "Perseveranza", sottolineò come la revisione avesse ricondotto il lavoro entro i confini del teatro musicale più ortodosso:

«Le Villi, come furono date la prima volta al Dal Verme, erano in un atto solo, e più d'un'opera, come da taluni s'intende, avevano le forme, le proporzioni, i caratteri d'una specie di cantata sinfonica, adatta alla rappresentazione e coll'elemento fantastico dominante.[18]»

Un'ulteriore edizione, stampata probabilmente tra l'estate e l'autunno del 1888[19], reca l'aggiunta di 9 battute alla fine del duetto tra Anna e Roberto nel secondo atto. Più importante fu il taglio del monologo di Roberto "Per te quaggiù sofferse ogni amarezza" - lo stesso aggiunto nel 1884 - operato prima della ripresa al Dal Verme di Milano del 7 novembre 1889, le cui 97 battute scompaiono infatti dallo spartito per canto e pianoforte riedito nel 1891, che presenta inoltre modifiche minori nel duetto del primo atto, nella romanza "Torna ai felici dì" e nel finale.

Il cast delle quattro versioni

Ruolo Registro vocale Interpreti
prima assoluta
Milano, Teatro Dal Verme
31 maggio 1884
(Direttore: Achille[20] Panizza)
Interpreti
seconda versione
Torino, Teatro Regio
26 dicembre 1884
(Direttore: Giovanni Bolzoni)
Interpreti
terza versione
Milano, Teatro alla Scala
24 gennaio 1885
(Direttore: Franco Faccio)
Interpreti
quarta versione
Milano, Teatro Dal Verme
7 novembre 1889
(Direttore: Alessandro Pomè)
Roberto tenore Antonio D'Andrade Enrico Filippi-Bresciani Andrea Anton Michele Mariacher
Anna soprano Rosina Caponetti Elena Boronat Romilda Pantaleoni Elena Thériane
Guglielmo baritono Erminio Peltz Agostino Gnaccarini Delfino Menotti Mario Sammarco

Riprese storiche

Se gli allestimenti del 1884 erano stati accolti favorevolmente e le rappresentazioni del gennaio 1885 al Teatro alla Scala, con Franco Faccio direttore e Romilda Pantaleoni nei panni di Anna, avevano segnato la consacrazione dell'opera[21], il cammino delle Villi negli anni seguenti non fu sempre costellato da successi. In particolare, restò memorabile il fiasco al Teatro San Carlo di Napoli, il 15 gennaio 1888 con Emilio De Marchi (tenore).

Il 5 novembre 1885 avviene la prima nel Teatro Comunale di Bologna nella prima versione diretta da Luigi Mancinelli con Francesco Navarrini, il 1º gennaio 1886 nel Teatro La Fenice di Venezia ed il 5 febbraio 1887 al Teatro Verdi (Trieste), che però allora si chiamava Teatro comunale, cambierà nome nel 1901. Inoltre all'epoca Trieste era estero, Austria-Ungheria..

Tra gli allestimenti più prestigiosi, si annoverano quello del 29 novembre 1892 all'Opera di Amburgo, quando l'opera fu diretta da Gustav Mahler, in seguito acerrimo avversario del teatro pucciniano, e quello della première negli Stati Uniti del Metropolitan di New York del 17 dicembre 1908, con Arturo Toscanini sul podio, Frances Alda, Alessandro Bonci e Pasquale Amato.

In Inghilterra, l'opera debuttò il 24 settembre 1897 a Manchester, nella traduzione inglese di Percy E. Pinkerton, reintitolata The Witch Dancers (Le streghe danzatrici).

Il 28 ottobre 1899 avviene la prima nel Teatro Costanzi di Roma.

Il successo delle opere pucciniane della piena maturità portò inevitabilmente a ridurre gli allestimenti delle Villi. Nel gennaio 1917, tuttavia, il compositore considerò per qualche tempo l'ipotesi di riesumare la sua prima opera (e quindi, probabilmente, di rivederne la partitura) per abbinarla al Tabarro, l'opera in un atto che aveva da poco terminato e che da sola non bastava a coprire lo spazio di una serata teatrale[22].

Nel 1972 avviene la prima nel Teatro Comunale di Firenze con Veriano Luchetti.

Trama

Atto I

Primavera. In un villaggio della Foresta Nera si festeggia il fidanzamento fra Roberto (tenore) e Anna (soprano), figlia di Guglielmo Wulf (baritono), ricco possidente del luogo.

Anna è tuttavia triste perché il fidanzato sta per mettersi in viaggio verso Magonza, allo scopo di prendere possesso dei beni lasciatigli in eredità da un'anziana congiunta.

Atto II

Dalla voce di un narratore apprendiamo che il presentimento di Anna si è avverato. Giunto in città, Roberto si è lasciato sedurre da una «sirena», dimenticandosi della fidanzata lontana, che nel frattempo è morta di dolore. Infine, abbandonato dall'amante, Roberto ha deciso di far ritorno al paese per implorare il perdono di Anna, di cui ignora la tragica sorte.

Inverno. È notte. Il vecchio Guglielmo, che non può darsi pace, invoca l'intervento delle Villi: le magiche creature che si danno convegno nelle notti di luna piena facendo danzare convulsamente i traditori d'amore fino a provocarne la morte.

Giunto al villaggio, preda della nostalgia e del rimorso, Roberto intravede il fantasma di Anna, che con infinita tristezza gli si rivolge per ricordargli le promesse di fedeltà e il tradimento di cui si è macchiato.

Roberto fa per muovere verso di lei, quando uno stuolo di Villi lo afferra e lo coinvolge in un ballo vorticoso. All'alba, mentre Roberto giace ormai senza vita, le Villi si dileguano e con esse svanisce, finalmente placato, il fantasma della fanciulla morta per amore.

Da Karr a Fontana

Rispetto al racconto di Karr, il librettista Ferdinando Fontana semplificò considerevolmente la trama, eliminando la figura del fratello di Anna, Konrad, che muore battendosi in duello col protagonista Heinrich, nell'opera ribattezzato Roberto.

Nel racconto, inoltre, Heinrich non è sedotto da una "sirena", bensì da un'ereditiera, la figlia dello zio a cui egli fa visita a Magonza. Se in Fontana, dunque, è il desiderio sessuale a spingere Roberto al tradimento, in Karr è il denaro a indurre Heinrich a sposare la cugina.

Struttura a numeri e analisi

Le corrispondenze col libretto sono indicate in corpo minore mediante la sequenza numero romano (atto) / numero arabo (scena).

Atto I

N. 1 - Preludio

Un breve preludio a sipario chiuso anticipa tre motivi musicali. La sezione iniziale sviluppa alcune idee del duetto d'amore (N. 4), affidate nelle prime 6 battute ai soli legni. La sezione centrale si basa su due motivi tratti dal concertato-preghiera che chiude il primo atto (N. 5), il primo dei quali sembra citare alla lettera l'Abendmahl-Motiv che apre il Parsifal[23], arricchito da un controcanto affidato ai legni acuti, mentre il secondo è una frase cantabile dall'arcata tipicamente pucciniana[24], sostenuta dal tappeto di biscrome dell'arpa: Esempio (riduzione per pianoforte). Nella sezione conclusiva, una ripresa scorciata del tema tratto dal duetto sfocia in un ultimo cenno all'incipit del motivo cantabile della preghiera.

N. 2 - Coro d'introduzione (I, 1)

Il sipario si apre su un banchetto. Un tema rustico in 2/4, basato su una martellante figurazione giambica, introduce gli «evviva!» con cui il coro saluta i fidanzati, seduti a capotavola. Il tema, esposto due volte (la prima dalla sola orchestra, la seconda con l'aggiunta delle voci), si chiude con un cenno al motivo dell'episodio musicale seguente, durante il quale i paesani - «come chiacchierando fra loro» - raccontano che Roberto sta per partire per Magonza, dove prenderà possesso della ricca eredità della sua madrina[25] ("Della vecchia di Magonza"). Questa seconda sezione del Numero presenta uno stile severo, con le tre voci del coro condotte in forma per lo più omoritmica, con cenni di imitazione, e fu forse riscritto dopo la prima rappresentazione, almeno a giudicare dalle varianti sostanziali al libretto.

Dopo una nuova tornata di «Evviva!», l'orchestra abbandona il tempo binario per attaccare un «Tempo di valzer». Ha inizio la danza paesana in La minore, "Gira! balza!", il cui movimento ricorda più una mazurca che un valzer, per la quale Puccini riciclò lo Scherzo per archi composto nel dicembre 1882.

Guglielmo, il padre della fidanzata, è invitato a partecipare al ballo. I suoi volteggi con una ragazza, «fra gli applausi e le risa» dei montanari, sono accompagnati da un nuovo, più delicato motivo di danza, in tempo di valzer, basato questa volta su una sezione della versione originale del Preludio sinfonico (1882).

Dopo una ripetizione del coro "Gira! balza!", la ripresa strumentale dei due ballabili chiude il Numero in dissolvenza, mentre tutti abbandonano la scena.

N. 3 - Romanza di Anna (I, 2)

Lo stesso argomento in dettaglio: Se come voi piccina.

Anna rientra in scena, sola, tenendo tra le mani un mazzolino di nontiscordardimé, a cui si rivolge nel corso della romanza "Se come voi piccina", composta per la seconda versione dell'opera. Ciascuna delle due strofe è preceduta da un ritornello orchestrale. Una ripresa strumentale in crescendo dell'ultima sezione della strofa lega la romanza all'ingresso di Roberto.

N. 4 - Duetto tra Anna e Roberto (I, 3)

"Non esser, Anna mia, mesta sì tanto", l'«Andante lento» che costituisce la sezione iniziale del duetto d'amore, si basa sulla musica della romanza da salotto Melanconia, con alcune modifiche. Questo arioso, condotto liberamente, si interrompe quando Anna confida all'innamorato di aver sognato se stessa morente, in attesa del suo ritorno. Roberto la rassicura, dando l'avvio alla sezione chiusa del Numero: l'«Andante molto lento» "Tu dell'infanzia mia", la cui lunga melodia, resa irregolare dall'alternanza di versi settenari ed endecasillabi, è intonata prima dal tenore e poi dal soprano, entrambe le volte conclusa dal ritornello "Ah! dubita di Dio... ma no, dell'amor mio non dubitar!", già udito durante il preludio e ripreso dalle due voci in pianissimo come coda del duetto.

N. 5 - Preghiera (I, 4)

La campana suona quattro rintocchi: è ora di partire e i montanari si apprestano ad accompagnare Roberto fino al limite della foresta. Il dialogo è sostenuto da ruvidi staccati degli archi, che anticipano una delle idee musicali del successivo concertato-preghiera.

Babbo Guglielmo chiama tutti intorno a sé. Quindi attacca la preghiera "Angiol di Dio", la cui sezione iniziale si basa sul Salve Regina che Puccini aveva composto di recente, probabilmente in quello stesso 1883, su versi di Antonio Ghislanzoni. La sequenza degli episodi è tuttavia invertita: la frase più cantabile è impiegata come incipit, mentre la melodia a valori stretti, trattata ad imitazione, con le sue armonie chiesastiche, è sviluppata a partire dall'ingresso delle voci di tenore e soprano.

Il concertato si sviluppa quindi sui due motivi già ascoltati nel preludio: prima quello cantabile, poi quello tratto da Parsifal, sul quale fa il suo ingresso il coro, cui segue un'ultima ripresa della musica del Salve Regina.

Dopo gli addii di prammatica, Roberto parte sulla ripresa orchestrale a tutta forza del tema principale del precedente duetto ("Tu dell'infanzia mia"), cui segue - come alla fine del preludio - un ultimo cenno al tema più cantabile della preghiera.

Atto II

N. 6 - Intermezzo sinfonico, I Tempo: "L'Abbandono"

Il libretto di Fontana abbina il primo tempo dell'intermezzo sinfonico ad un'ottava di endecasillabi destinati alla lettura[26] (nonostante in alcune edizioni discografiche essi siano affidati alla voce di un attore)[27]; soluzione in linea con le teorie di Fontana, che nel pamphlet In Teatro (1884) aveva propugnato addirittura la separazione tra libretto destinato al compositore e libretto («poema») destinato allo spettatore[28].

Eseguito alla prima assoluta come pagina puramente sinfonica, il primo tempo dell'intermezzo fu in seguito arricchito dalle voci di un coro interno di soprani («Come un giglio reciso»).

Il brano va eseguito a sipario aperto, mentre un velo filtra l'immagine del corteo funebre. Tale soluzione scenica, a cui allude il titolo originale di "Nebulosa"[29], fu mutuata dall'analoga "Nebulosa" del prologo del Mefistofele di Boito.

In Fa maggiore e in tempo di «Andante poco mosso», L'Abbandono è una pagina elegiaca, sorta di omaggio musicale alla fanciulla morta per amore. Il fraseggio è reso fluido dalla condotta melodica per gradi congiunti, basata prevalentemente su catene di terzine che trasformano il tempo di 3/4 in un 9/8 effettivo, nonché dai frequenti accordi di Nona e Undicesima, la cui indeterminatezza tonale dona all'armonia un carattere sospeso.

Il materiale tematico è omogeneo, benché nella sezione centrale emerga un'idea contrastante a valori più stretti, annunciata la prima volta dalla tromba sola, ricavata per altro da quella principale. Quanto mai instabili sono invece la dinamica e l'agogica, come nello stile del Puccini più maturo.

La coda ci riserva un lento passaggio cromatico in sincope sulla misteriosa sequenza di Quinte vuote del basso (Re bemolle/La bemolle – Fa/Do – Si bemolle/Fa – Fa/Do – Re bemolle/La bemolle) abbinata alla frase del coro «O pura virgo, requiesce in pace», prima che un'ultima ripresa del tema iniziale chiuda il brano in dissolvenza.

N. 7 - Intermezzo sinfonico, II Tempo: "La Tregenda"

La copertura dell'ellissi narrativa tra la morte di Anna e il ritorno di Roberto al villaggio è demandata a due ottave di versi endecasillabi, chiusi da un distico che contiene uno smaccato rimando ai primi due versi della Commedia dantesca:

«Ei, tremando di freddo e di paura, / È già nel mezzo della Selva oscura.»

All'alzarsi del velo, appare il paesaggio notturno e invernale destinato a fare da sfondo a tutto il secondo atto. La danza delle Villi, che entrano in scena «precedute da fuochi fatui che guizzano da ogni parte», si svolge su una galoppante pagina sinfonica che suscitò l'entusiasmo del pubblico della prima.

La tregenda è una tarantella basata su due idee musicali freneticamente alternate: un grottesco motivo di fanfara, che incarna la ridda delle vendicatrici e dal quale deriva un più languido inciso melodico, e un motivo contrametrico (in tempo ternario, nonostante il 2/4 indicato in armatura) basato su robuste ottave vuote, mosse per quegli intervalli di quarta e quinta che costituiscono la cellula-base di tutto il pezzo.

N. 8 - Preludio, scena e romanza di Guglielmo (II, 1)

Adolf Hohenstein, acquerello per l'atto II.

La scena di Guglielmo, che nel piangere la morte della figlia invoca la vendetta delle Villi, costituisce il Numero più ancorato alle convenzioni operistiche italiane, articolato com'è in una schematica successione di preludio, recitativo e romanza.

Il preludio in Do minore, aperto da un cupo lamento dei corni sul tremolo degli archi gravi e culminante in una frase di tutta l'orchestra in fortissimo («straziante»), esprime il sentimento di angoscia del padre, così da rendere più umana la rabbia che egli esprime nel corso del recitativo. Ed è proprio la parola «angoscia» («E agli estremi miei giorni / Serbar cotanta angoscia») a far esplodere nuovamente in orchestra la frase centrale del preludio.

La romanza "Anima santa della figlia mia" è un «Andante lento» la cui eloquenza melodica sembra attingere al modello di Ponchielli. Il fraseggio è condotto secondo le regole della vecchia lyric-form, in un periodo musicale articolato in quattro frasi simmetriche a struttura A-A'-B-A", ciascuna basata su un distico di endecasillabi. Il ritorno all'idea iniziale (A) durante il distico conclusivo, mentre Guglielmo si rivolge a Dio per chiedergli perdono della sua smania di vendetta, attesta tuttavia una sorta di disattenzione o disinteresse, da parte di Puccini, per il contenuto dei versi.

N. 9 - Scena drammatica e romanza di Roberto (II, 2)

Guglielmo rientra in casa. Mentre l'orchestra riprende alcune idee della «Tregenda» (n. 7), le voci delle Villi annunciano ad Anna che sta per giungere il traditore.

Le drammatiche frasi del recitativo di Roberto ("Ecco la casa... Dio, che orrenda notte!") sono inframmezzate dal tema contrametrico della «Tregenda». Finché la paura e il rimorso del ragazzo non si sublimano nella romanza "Torna ai felici dì", il brano più noto dell'opera. Aggiunta all'inizio del 1885 per esplicita volontà di Puccini, questa romanza introduce nella scena drammatica la nota lirica della nostalgia. Il ricordo della primavera precedente, prima del viaggio a Magonza, è evocato musicalmente dalla ripresa dell'ultimo motivo della festa paesana (n. 2), oscurato irrimediabilmente dall'impiego del modo minore e dal movimento lento.

Lo stesso argomento in dettaglio: Torna ai felici dì.
Trascrizione dell'abbozzo autografo di "Torna ai felici dì" conservato presso il Museo Puccini di Celle di Pescaglia (Lucca)[30]. L'abbozzo manca ancora della parte vocale e presenta alcune varianti rispetto allo spartito.

La scena del tenore, in origine assai breve, era stata ampliata già nel 1884, durante il rifacimento che seguì la prima assoluta, ma i versi che Fontana compose in quell'occasione focalizzavano l'attenzione non sulla nostalgia, bensì sul senso di colpa del protagonista e sull'odio per la «cortigiana vil», che toccava il culmine nella quartina che avrebbe dovuto costituire la sezione chiusa ("Per te quaggiù sofferse ogni amarezza"). Soluzione che non dovette soddisfare Puccini, se pochi mesi più tardi egli chiese l'aggiunta della romanza, cui seguì, nell'ultima versione, il taglio definitivo di "Per te quaggiù sofferse ogni amarezza".

Il brano soppresso si basava su due temi di cui rimane traccia anche nell'ultima versione: il lugubre motivo in progressione abbinato alle parole «Qual brivido mi colse!» e il lamento discendente su cui si basa il postludio che chiude il Numero. Sorprendente e insieme indicativa della mancata adesione di Puccini al testo inviatogli da Fontana è la scelta di musicare per due volte la medesima quartina su due temi musicali a carattere antitetico: drammaticamente nevrastenico il primo, liricamente sfinito il secondo.

All'ampliamento successivo alla prima milanese risalgono gli altri brevi episodi che seguono la romanza. Si tratta per lo più di declamati drammatici, simili a quelli che aprono la scena, nel mezzo dei quali si colloca l'oasi melodica dell'«Andante religioso» "O sommo Iddio!", voluto da Puccini[31] onde riprendere l'episodio dalla cantabilità più spiegata del concertato-preghiera (n. 5), la cui progressione obbliga per altro il tenore a proibitivi passaggi nel registro acuto.

N. 10 - Gran scena e duetto finale (II, 2-4)

Roberto ode la voce di Anna, ma la speranza di ritrovare l'innamorata ancora in vita non dura che un istante e la Villi mette subito le cose in chiaro: «Non son più l'amor... Son la vendetta!»

Il duetto che segue si basa per gran parte sulla musica dell'intermezzo "L'abbandono" (n. 6), con l'aggiunta delle voci di solisti e coro. Solo quando Anna rievoca la promessa d'amore ("Tu dell'infanzia mia") si riaffacciano i versi e, con qualche variante, la musica del duetto del primo atto (n. 4).

La danza mortale a cui Le Villi costringono il traditore si basa per intero sulla musica della "Tregenda" (n. 7). In questo gioco di rimandi, anche le parole del coro - «Gira! Balza!» - riprendono alla lettera quelle del ballo rustico (n. 2), ma questa volta Puccini non coglie l'occasione per istituire un collegamento musicale tra i due episodi.

Roberto crolla a terra sfinito e muore tra gli «Osanna» del coro di Spiriti e Villi. Solo nella prima versione a questo punto Babbo Guglielmo esce di casa e, nel contemplare il cadavere di Roberto, prorompe nell'esclamazione «È giusto Iddio!», destinata a scomparire a partire dalla seconda versione ma conservata nei libretti a stampa.

Caratteri generali

Se la drammaturgia delle Villi appare ancora improntata al gusto scapigliato di Fontana, la musica presenta già numerosi tratti caratteristici dello stile di Puccini. La flessibilità della melodia, per certi versi francesizzante, è strettamente legata a quella dei processi armonici, le cui risoluzioni sono talvolta ritardate ad oltranza, come nessuno dei compositori italiani del tempo avrebbe osato fare. Esemplare, al riguardo, è la pagina iniziale del preludio, la cui prima cadenza ricorre dopo 9 battute zeppe di accordi di nona e di settima.

Non meno nuova, nel panorama italiano, è la scrittura orchestrale, resa brillante dall'uso dei legni, dell'arpa e di percussioni a suono determinato quale il glockenspiel.

Composta in pochi mesi, con l'urgenza di consegnare la partitura alla commissione del concorso Sonzogno, Le Villi brilla più per freschezza d'invenzione che per rifinitura e coerenza. Il numero degli autoimprestiti da pagine orchestrali o vocali da camera è tale da farne una sorta di centone, mentre l'intero finale è basato sulla riproposizione della musica del doppio intermezzo sinfonico.

Il tratto più singolare è costituito dall'abbinamento del genere dell'opera-ballo, figlio del mastodontico grand opéra francese, con la struttura in un atto unico (poi ampliato a due atti brevi). L'agilità e la semplicità dell'impianto a pezzi chiusi anticipano Cavalleria rusticana di Mascagni, l'opera destinata a vincere la seconda edizione del Concorso Sonzogno. Lo stesso Puccini, in una lettera del 9 agosto 1895, rivendicò l'influsso delle Villi sulle opere del livornese: «Le Villi hanno iniziato in tipo che oggi si chiama "mascagnano" e nessuno mi ha reso giustizia.»[32] Un'allusione a tratti stilistici di Cavalleria rusticana, il cui intermezzo sinfonico è stato spesso avvicinato a "L'Abbandono" (n. 6) delle Villi, ma forse anche agli aspetti esoterici presenti in Guglielmo Ractliff.

L'elemento di danza, proprio dell'opera-ballo, va ben oltre il valzer della festa di fidanzamento e la ridda infernale delle Villi; buona parte dell'opera, tra cui i numeri 1, 4, 5 e 6 per intero, è infatti scritta in un metro di 3/4 che sembra evocare un perpetuo movimento di valzer. Una soluzione che Puccini riprenderà nel Tabarro, anche allora per contrapporre il lirismo e la sensualità del movimento ternario alla durezza inesorabile di quello binario, che nelle Villi è associato alle figure delle vendicatrici d'amore.

Organico orchestrale

La partitura di Puccini prevede l'utilizzo di:

Fonti musicali

Partitura e parti d'orchestra

  • Autografo (Archivio Ricordi, Milano[33]).
  • Copia manoscritta di alcune parti d'orchestra e coro della prima assoluta (Museo Puccini, Celle di Pescaglia (Lucca)[34] e collezione privata in Italia).

Abbozzi

  • The Pierpont Morgan Library, New York[35] - Assemblaggio di abbozzi dell'intera opera (denominata Le Villi, Le Willis o Le Willi), a diversi stadi di composizione, donati da Puccini al Marchese Carlo Ginori-Lisci.
  • Museo Puccini, Celle di Pescaglia (Lucca) - numerosi fogli, relativi sia alla prima stesura (1883), sia alle revisioni successive.
  • Istituto Musicale Boccherini, Lucca[36] - abbozzo del preludio.
  • Accademia Filarmonica, Bologna - abbozzo della romanza "Torna ai felici dì".
  • Catalogo Sotheby's, Londra, n. 382 (16-17 maggio 1991) - abbozzo della romanza "Se come voi piccina" e dell'introduzione strumentale alla scena ed aria di Guglielmo.
  • Messo all'asta da Sotheby's, New York, nel 1998 - abbozzo della romanza "Torna ai felici dì", già appartenuto a Natale Gallini.
  • Pubblicato in Puccini com'era, a cura di Arnaldo Marchetti, Edizioni Curci, Milano 1973, p. 66 - recitativo di Roberto, prima del duetto con Anna dell'atto I.

Edizioni a stampa

  1. Ricordi, Milano 1884 - PN 49457, 124 pp., corrispondente alla seconda versione.
  2. Ricordi, Milano 1885 - PN 49457, 130 pp., corrispondente alla terza versione.
  3. Ricordi, Milano 1888 - PN 49457, 131 pp., corrispondente alla terza versione ma con l'aggiunta di 9 battute al duetto tra Anna e Roberto nell'atto II.
  4. Ricordi, Milano 1891 - PN 49457, 126 pp., corrispondente alla quarta versione.

Parafrasi

  • Giuseppe Menozzi, Gemme Teatrali. 12 brevi pezzi per pianoforte op. 132, n. 1-2, Ricordi 1886, numeri di lastra 49763, 49764
  • Ferdinando Limenta, Le Villi. Fantasia, riduzione per piccola orchestra, Ricordi 1904, numero di lastra 108729
  • Emile Tavan, Grande fantaisie per pianoforte e orchestra, Ricordi, numero di lastra 115966; trascritta anche per pianoforte solo, Ricordi, numeri di lastra 117296, 117297, 117298

Discografia

Opera completa

Estratti

Videografia

  • Tamas Pal (direttore), Coro e Orchestra Filarmonica Mediterranea, Halla Margret (Anna), Albert Montserrat (Roberto), Andrea Rola (Guglielmo) - DVD Pan Dream / Deltadischi PDL 1013 (filmato dal vivo)

Note

  1. ^ Così avvenne l'incontro, nel ricordo di Fontana:

    «Era il luglio del 1883. Una mattina mi ero recato da Caprino Bergamasco a Lecco. Nel tornare alla stazione di Lecco, m'imbattei nella colonna artistico-estiva di Maggianico che rincasava. C'erano professoroni del Conservatorio e giovani maestri: Ponchielli, Dominiceti, Saladino e altri. Fra essi Puccini. salito nella stessa vettura ferroviaria con Ponchielli, questi mi parlò delle intenzioni del suo allievo per il Concorso Sonzogno, e mi propose di preparargli un libretto. Lì per lì, vivo nella memoria il ricordo del successo del suo Capriccio sinfonico, mi parve che per il giovane maestro ci volesse un argomento fantastico e gli spiegai il canovaccio delle Villi. Puccini accettò.»

    Citato in Arnaldo Marchetti, Puccini com'era, Edizioni Curci, Milano 1973, p. 37, senza precisare la fonte.
  2. ^ Carteggi pucciniani, a cura di Eugenio Gara, Ricordi, Milano 1958, lett. 6. ISBN 88-7592-134-2
  3. ^ Arnaldo Marchetti, Puccini com'era, cit., p. 39, nota 1 alla lett. 20.
  4. ^ Lettera di Fontana a Puccini del 2 agosto 1883: «Ho potuto riavere dal N. 40 l'argomento che sa.», in Puccini com'era, a cura di Arnaldo Marchetti, Edizioni Curci, Milano 1973, lett. 20. Alla nota 1 il curatore del carteggio cita una lettera di Ponchielli a Puccini, datata 27 luglio 1883, nella quale si legge: «Lei non ha che scrivere dunque al Fontana, anche non volendo attendere la restituzione del libretto che tiene 40!».
  5. ^ Arnaldo Fraccaroli, Giacomo Puccini si confida e racconta, Ricordi, Milano 1957, p. 39.
  6. ^ Puccini com'era, cit., pp. 37-38.
  7. ^ «No. 20 Presentato il 31 Xmbre 1883 / p La Presidenza / A. Ziglioli.» Dieter Schickling, Giacomo Puccini – Catalogue of the Works, Bärenreiter 2003, p. 139. ISBN 3-7618-1582-4
  8. ^ (EN) Dieter Schickling, Giacomo Puccini – Catalogue of the Works, p. 60.
  9. ^ Sulla questione cfr. Michele Girardi, Giacomo Puccini. L'arte internazionale di un musicista italiano, Marsilio, Venezia 1995, pp. 35-36. Già nel febbraio 1884, prima che l'esito del concorso fosse stato ufficializzato, Puccini si era d'altronde recato da Ricordi insieme a Ponchielli. Osserva in proposito Girardi:

    «Il musicista aveva dunque incontrato l'editore prima che il concorso fosse concluso, e per giunta in compagnia del suo giudice, che mentre lo raccomandava si apprestava a bocciarlo! Giulio Ricordi stava da tempo cercando un nuovo talento per rinvigorire la propria ditta [...] Se Le Villi avessero vinto il concorso sarebbero state pubblicate da Sonzogno, ma in caso di sconfitta avrebbero avuto il vantaggio di un comodo lancio pubblicitario: bocciata dalla casa rivale l'opera si sarebbe presa una trionfale rivincita pochi mesi dopo, e sarebbe finita nelle mani di un editore illuminato, cioè Giulio Ricordi.»

  10. ^ Alphonse Karr, Contes et Nouvelles, in Oeuvres complètes d'Alphonse Karr, Parigi, Michel Lévy frères, 1862, pp. 136-151. - Testo francese on-line Archiviato il 9 maggio 2008 in Internet Archive.
  11. ^ Mentre il legame con il celebre balletto è da tempo noto alla musicologia, quello con il racconto di Karr è stato individuato solo in anni recenti da Julian Budden (cfr. The Genesis and Literary Source of Giacomo Puccini's First Opera, in "Cambridge Opera Journal", I/1, 1989, pp. 79-85).
  12. ^ Titolo autografo: «Ia parte del N° 6° Le Willis (Alphonse Karr).»
  13. ^ a b Carteggi Pucciniani, cit., lett. 9.
  14. ^ Verdi informò Ricordi di aver ricevuto lo spartito delle Villi in una lettera del 16 febbraio 1885 (Carteggio Verdi-Ricordi 1882-1885, a cura di Franca Cella, Madina Ricordi, Marisa Di Gregorio Casati, Istituto nazionale di studi verdiani, Parma 1994, lett. 288, p. 217. ISBN 88-85065-11-2).
  15. ^ Lettera ad Opprandino Arrivabene del 10 giugno 1884, in Carteggi pucciniani... lett. 11.
  16. ^ Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, Ricordi, Milano 1958, vol. IV, p. 248.
  17. ^ Fontana aveva suggerito di limitarsi a far ripetere «un paio di volte» il versetto Requiescat in pace!, soluzione che non convinse Puccini (cfr. lettera di Puccini a Fontana del 30 agosto 1884, in Carteggi pucciniani... lett. 8 datata erroneamente 30 agosto [1883], e lettera di Fontana a Puccini dello stesso giorno, in Puccini com'era... lett. 82.)
  18. ^ "La Perseveranza" del 26 gennaio 1885.
  19. ^ Dieter Schickling, Giacomo Puccini. Catalogue of the Works... pp. 143 e 148.
  20. ^ È lo stesso Puccini che ricorda il direttore d'orchestra della prima al Dal Verme: "era il milanese Achille Panizza". Da: Giacomo Puccini in casa e nel teatro - Arnaldo Fraccaroli, 1910.
  21. ^ Le recensioni e gli articoli usciti all'indomani dell'allestimento scaligero sulla "Gazzetta musicale di Milano", "Il pungolo", "La perseveranza" e il "Corriere della sera" sono pubblicati in Carteggio Verdi-Ricordi 1882-1885 cit., pp. 461-468.
  22. ^ Lettera dell'11 gennaio 1917 ad Alfredo Vandini (Carteggi pucciniani, cit., lett. 702).
  23. ^ Roman Vlad, Attualità di Puccini, in AA.VV., Critica pucciniana, Provincia di Lucca 1976, p. 163 e Michele Girardi, Giacomo Puccini. L'arte internazionale di un musicista italiano, Marsilio, Venezia 1995, p. 44. Secondo Julian Budden, si tratterebbe invece di una corrispondenza fortuita, in quanto l'inciso deriva dal motivo iniziale del concertato-preghiera, a sua volta tratto da una precedente composizione di Puccini, il Salve Regina su versi di Antonio Ghislanzoni; cfr. Puccini (ed. originale: Puccini – His Life and Works, New York, Oxford University Press 2002), trad. it. di Gabriella Biagi Ravenni, Carocci Editore, Roma 2005, pp. 65-66 (ediz. in lingua inglese pp. 49-50.
  24. ^ Mosco Carner lo cita tra quelle che egli chiama le «melodie della "povera faccia"», tipiche dello stile di Puccini: «Da queste melodie che procedono a stento, prive di spina dorsale, spira un'aria di profonda stanchezza e abbandono.» Altrove la definisce il «primo esempio di quelle melodie "a salice piangente" nelle quali il giovane compositore parla con la sua voce autentica» (Mosco Carner, Puccini. Biografia critica, Il Saggiatore, Milano 1961, pp. 402-403 e 426-428.
  25. ^ Che la «vecchia» sia la madrina di Roberto è attestato solo dal libretto della prima rappresentazione. Cfr. il libretto della prima su wikisource.
  26. ^ Lettera di Fontana a Puccini del 3 settembre 1884: «In settimana metterò giù tanto la descrizione della danza del I atto come di quella della II parte del pezzo sinfonico la Tregenda. Ma ciò riguarda puramente il libretto.» (Puccini com'era, cit., lett. 84.
  27. ^ In particolare, nell'edizione diretta da Lorin Maazel la voce recitante copre parte della musica dell'intermezzo.
  28. ^

    «Il libretto scomparirà; allo spettatore non verrà dato nelle mani che un vero poema perché questo gli possa servire di guida attraverso l'azione. In questo poema lo spettatore potrà leggere talora, è vero, qualche verso cantato sulla scena, ma saranno quei versi soltanto che garberà al poeta di fargli leggere; il poema cantato dagli attori ne sarà ben diverso, poiché, obbligato a servire esclusivamente alla musica, alla padrona del luogo, esso non verrà a mostrarsi forzatamente difforme agli occhi del pubblico, come fu costume finora.»

    Ferdinando Fontana, In Teatro, Sommaruga, Roma 1884, pp. 111-112.
  29. ^ Il termine è attestato negli abbozzi del 1883 conservati presso la Pierpont Morgan Library di New York, nel frammento della partitura autografa oggi all'Archivio Ricordi che contiene le parti corali aggiunte nel 1884 e in una lettera di Puccini a Fontana del 30 agosto 1884 (Carteggi pucciniani cit., lett. 8, datata erroneamente 30 agosto [1883]).
  30. ^ Carta XXXI verso.
  31. ^ «In quanto alla scena del tenore, il ricordo della Preghiera sarebbe in mezzo o quasi in fondo» (lettera di Puccini a Fontana del 30 agosto 1884, in Carteggi pucciniani... lett. 8, datata erroneamente 30 agosto [1883]); «Nel pezzo del tenore ci sarà il ricordo. Vedrai!» (lettera di Fontana a Puccini del 30 agosto 1884, in Puccini com'era... lett. 82). Il curatore del carteggio lega il cenno al «ricordo» alla futura romanza "Torna ai felici dì", ma la precedente lettera di Puccini dimostra che si trattava invece della reminiscenza, tutta musicale, di uno dei temi della preghiera.
  32. ^ Lettera a Carlo Clausetti (Carteggi pucciniani, cit., lett. 127).
  33. ^ N.II.13
  34. ^ Ms.4.a-p.
  35. ^ Cary 248.
  36. ^ N.IV.13.

Bibliografia

  • Mosco Carner, Le Villi, in "Quaderni Pucciniani" II, 1985, Istituto di Studi Pucciniani, pp. 15–29.
  • (EN) Julian Budden, The Genesis and Literary Source of Giacomo Puccini's First Opera, in "Cambridge Opera Journal", I/1, 1989, pp. 79–85. (L'articolo su JSTOR.)
  • Michele Girardi, Giacomo Puccini. L'arte internazionale di un musicista italiano, Marsilio, Venezia 1995, pp. 38–48. ISBN 88-317-5818-7
  • Mosco Carner, Puccini. Biografia critica, Il Saggiatore, Milano 1961, pp. 422–428. ISBN 88-317-5818-7
  • Fedele d'Amico, Puccini affoga tra i tutù, in L'albero del bene e del male – naturalismo e decadentismo in Puccini (raccolta di scritti a cura di Jacopo Pellegrini), Maria Pacini Fazzi, Lucca 2000, pp. 35–37. ISBN 88-7246-403-X
  • Julian Budden, Puccini (ed. originale: Puccini – His Life and Works, New York, Oxford University Press 2002), trad. it. di Gabriella Biagi Ravenni, Carocci Editore, Roma 2005, pp. 53–73 (ediz. in lingua inglese pp. 37–57). ISBN 88-430-3522-3
  • (EN) Dieter Schickling, Giacomo Puccini – Catalogue of the Works, Bärenreiter 2003, pp. 133–148 e pp. 410–411 (Appendix IV - Autograph Material for Le Villi). ISBN 3-7618-1582-4
  • Guido Paduano, «Dubita di Dio». Drammaturgia delle Villi, Atti del Convegno internazionale di studi, Lucca, 20-21 settembre 2001,

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