0 I wm Ulrich Middeldorf Digitized by the Internet Archive in 2013 http://archive.org/details/lettereineditediOOcano FnMijria Danesi. Umili: LETTERE INEDITE DI ANTONIO CANOVA AL CARDINALE ERCOLE CONSALVI PUBBLICATE DA ALESSANDRO FERRAJOLI ROMA FORZANI E C, TIPOGRAFI DEL SENATO 1888 ALL' AMICO TOMMASO TITTONI NEL SUO MATRIMONIO CON LA SIGNORINA BEATRICE ANTONA-TRA VERSI XIV M • DCCC APRILE • LXXXVIII I-Jr quattordici lettere di Antonio Canova al cardinale Ercole Consalvi, segretario di Stato del papa Pio VII, non mai per l' innanzi pubblicate, sono tratte da una raccolta di autografi posseduta da mio fratello Gaetano. Esse si riferiscono tutte alla missione dal Governo romano affidata al grande scultore sullo scorcio dell'anno 1815 per ricuperare, dopo la seconda e de- fìnitiva caduta dell' impero napoleonico, gli oggetti d'arte sottratti a Roma ed alle sue Provincie, durante le invasioni francesi. Era mio desiderio di accrescere tale pubblicazione con altri documenti inediti, indubbiamente esistenti presso l'Archivio vaticano, e principalmente con le repliche del cardinale Consalvi. Ma ogni mia ricerca ha dovuto ar- restarsi dinanzi ad ostacoli indipendenti dalla mia volontà, e sui quali, per ora almeno, fia laudabile tacerci. L'avvenimento del quale trattano le presenti lettere è già tanto noto specialmente per gli scritti di Melchiorre Missirini e di Antonio D'Este intorno alla vita di Canova, che sarebbe opera vana ritesserne la storia; basterà quindi un rapido cenno su taluna delle sue più notevoli circostanze. Delle cinque grandi potenze da cui dipendeva la sorte dei nostri mo- numenti, prima e naturale avversaria alle nostre domande era (è facile in- tenderlo) la Francia, usurpatrice o posseditrice che voglia dirsi. Si aveva un bel gridare che la domandata restituzione era appoggiata a quegli stessi principi di diritto pubblico a cui la dinastia dei Borboni doveva la ricupe- rata corona. Quella restituzione era una nuova sensibilissima ferita all'or- goglio nazionale della Francia, già così duramente provato; ed il nuovo Go- verno francese non avrebbe potuto consentirla, senza incorrere nella più odiosa impopolarità, ed infatti non la consentì giammai. — VI — Nè meno ostile della Francia era la Russia, cioè l'imperatore Ales- sandro; il quale, per un sentimento di cavalleresca generosità, assai mal collocato in questo caso, ma molto conforme al suo carattere, contrastava recisamente alla domandata restituzione, salvo la spontanea annuenza della Francia, e con una nota forte e terribile minacciava le armi a chi con le armi osasse involare ai Francesi alcuno di questi oggetti. (Let- tera Canova, 11 settembre 1815). Al Canova non fu possibile di ottenerne udienza nè risposta, per quanto si studiasse di blandirlo con le pili fervide rimostranze; che, allo stile abbastanza declamatorio, si ravvisano scritte da quel Luigi Angeloni autore del noto libro L' Italia uscente il 181S, che gli prestava la penna nel redigere documenti officiali. (Lettera Canova, 28 ottobre). « Sire, vengo da Roma e reco lettera del S. Padre per Vostra Maestà « Imperiale, ma invano cerco l'onore di presentarmi alla Maestà Vostra. « Ardisco dunque implorare una grazia che Alessandro il Macedone non « negava agli artisti, ed è che io possa per la causa delle belle arti in- « vocare ardentemente la protezione di Vostra Maestà per le ragioni espresse « nella nota consegnata al Vostro ministro e di cui oso qui unir copia a « Vostra Maestà.... Magnanimo Alessandro, su Voi l'Europa ha fiso gli at- « toniti sguardi.... fate che Roma possa ricuperare mercè la Vostra gene- « rosa mediazione quei monumenti che desidera e sui quali vorrebbe spar- « gere lagrime di gratitudine all'augusto eroe che le avrà ridonato questi « unici preziosi avanzi del suo antico splendore. Deh ! vogliate che ogni «giovane artista studiando su questi monumenti possa dire a se stesso: « Mi sono stati restituiti dal grande Alessandro ; ad esso sono debitore dei « miei progressi e quindi lo benedico ». Non per sentimenti cavallereschi, ma per ragioni politiche, anche l'Au- stria dichiaravasi da principio ostile alle nostre dimande, almeno in parte; opponevasi cioè alla restituzione degli oggetti ceduti col trattato di Tolen- tino, che è quanto dire al racquisto della più preziosa parte dei nostri monumenti. Dacché a questa potenza importava di considerare come valido tale trattato a fine di colorire con qualche aspetto di legalità la recente sua occupazione di non piccola parte del territorio ferrarese sancita nel Con- gresso di Vienna. Fortunatamente a controbilanciare tali formidabili opposizioni stette a nostra difesa il favore della Prussia e dell' Inghilterra. Quest' ultima special- mente prese a sostenere le ragioni di Roma nel modo più energico. Già sino dal 1° settembre il cav. Giovanni Hamilton, sottosegretario di Stato per gli — VII — affari esteri, ed amicissimo del Canova, dirigeva al re Luigi XVIII una calda esortazione in forma di lettera per indurlo ad una spontanea resti- tuzione. Quindi lord Castelreagh, primo ministro, sosteneva un duello di- plomatico con la Russia e con l'Austria; dimostrava annullato il trattato di Tolentino per opera della stessa Francia e pel fatto delle sue susse- guenti occupazioni dello Stato romano ; reclamava per le potenze alleate il diritto e il dovere di restituire anche con la forza ai legittimi proprie- tari gli oggetti depredati. Nè paga di ciò, metteva a disposizione dell'in- viato romano lire centomila per le spese di trasporto, somma che fu poi raddoppiata. Finalmente lord Wellington aggiungeva a tali considerazioni l'autorità immensa del suo nome indirizzando il 25 settembre a lord Castelreagh, una pubblica lettera che, nella fierezza tutta inglese del pensiero e della l'orma, ripercuote, per così dire, l'eco dei cannoni di Waterloo, e si chiude con queste parole : « L'esercito francese essendo stato disfatto dagli eserciti « di Europa e disciolto per consiglio unanime dei sovrani, non vi è alcuna « ragione che possa impegnare le potenze d'Europa a danneggiare i propri « sudditi per soddisfare questo esercito.... « Il sentimento del popolo francese intorno a questo oggetto non può « essere che un sentimento di orgoglio nazionale. I Francesi vorrebbero « conservare questi capilavori dell'arte, non già perchè Parigi sia il luogo « più opportuno (giacché tutti gli artisti e tutti i cultori di arte che scris- « sero su questo argomento furono concordi nel domandare che i monu- « menti siano restituiti alle loro antiche sedi), ma solamente perchè sono i « trofei delle loro conquiste. « Ma quegli stessi sentimenti che fanno desiderare al popolo francese «di conservare i quadri e le statue delle altre nazioni, devono far desi- « derare a queste, ora che la vittoria è loro favorevole, di vedere resti- « tuiti questi oggetti ai loro legittimi proprietari ; e i sovrani alleati devono « favorire questo loro desiderio. È anzi da desiderarsi, pel bene della Fran- « eia e del inondo, che, se il popolo francese non è ancora convinto che « l'Europa è troppo forte per esso, gli si faccia conoscere che, per quanto « grandi siano stati i suoi vantaggi parziali e temporanei sopra una o più «nazioni d'Europa, il giorno della restituzione deve sempre arrivare. « Quindi, secondo la mia opinione, sarebbe ingiusta cosa che i sovrani « alleati condiscendessero ai desideri della Francia; consentendo ad un tale « sacrifìcio essi perderebbero l'occasione di dare ai Francesi una grande le- « zione morale ». — Vili — Nello quali ultime parole si contiene, a mio avviso, la ragione intima e, per così dire, la chiave della condotta dei plenipotenziari inglesi in tale circostanza. Questo energico patrocinio dell' Inghilterra, vivamente stimolato dal- l' incessante zelo di Canova e dall'autorità del suo nome, sorretto dall'ap- poggio della Prussia per opera specialmente del suo plenipotenziario, barone di Humboldt, il grande amico di Consalvi (Lettera Canova, 11 set- tembre) diede finalmente vittoria alla nostra causa. Il 30 settembre 1815 il congresso dei plenipotenziari alleati autorizzò l'inviato romano a ripren- dere tutti gli oggetti d'arte da lui reclamati, con la forza degli eserciti alleati accampati in Parigi, qualora il Governo francese persistesse nel suo rifiuto. E così fu : soldati austriaci e prussiani ritolsero dalle sale del Louvre i capilavori dell'arte greca ed italiana; li custodirono nelle loro caserme ; li scortarono oltre i confini francesi. « Ma chi si sarebbe « imaginato mai di dovere agire con la tempesta e con le baionette ? Nulla « si può ottenere che con la forza ». (Lettera Canova, 12 ottobre). Questa l'azione, queste le principali dramatis personae delle presenti lettere. Le quali, se non modificano la sostanza dei fatti quale era già conosciuta da precedenti pubblicazioni, ci fanno però assistere allo svol- gimento giornaliero e, direi quasi, drammatico degli avvenimenti ; ci pa- lesano con ingenuo candore le angoscie, le speranze, gli sforzi di colui che ne era il principale attore. Forse, sopra un solo punto può sembrare che queste lettere spar- gano una nuova luce, cioè sulla cessione che il Canova fece alla Francia di parecchi oggetti d'arte tra quelli che aveva incarico di ricuperare. Di che non gli furono risparmiate censure, specialmente da Luigi Angeloni nel già ricordato libro L'Italia uscente il 1818. Il D'Este nelle sue Me- morie sulla vita di Canova (pag. 216) afferma che il Canova vi fosse autorizzato precedentemente in massima per istruzioni segrete avute da Pio VII. Invece, da parecchie delle presenti lettere e specialmente da quella del 25 ottobre, parrebbe che a questo parziale ma per sempre do- loroso abbandono egli si risolvesse di propria autorità, riputandovisi co- stretto da gravi insuperabili circostanze ivi ripetutamente enunciate. Ma forse la questione. non potrà essere definitivamente sciolta che dagli Archivi vaticani. Chi fosse desideroso di conoscere l'elenco ufficiale e nominativo degli oggetti recuperati e di quelli lasciati alla Francia, lo rinverrà nel D'Este {Memorie, ecc., pag. 222 e seg.). Qui basti il ricordare che dei cento — IX — capilavori ceduti col trattato di Tolentino settantasette tornarono in Roma, ventitre rimasero in Francia. Che dei centoquindici quadri, tutti preziosi rapiti nel 1798, trentanove restarono in Francia; di quaranta fu dichiarato dalle autorità francesi non essere mai giunti a quel museo. Di moltissimi altri oggetti, per quanto notevoli, non si fece neppur parola, non essendo stato possibile seguire le traccie della loro dispersione. Ed ora, tornando alle presenti lettere, diremo che esse accrescono, se possibile, la gloria di Canova; giacché ci rivelano sempre più non solo il generoso suo affetto per la patria e per l'arte, ma l'opera efficace con la quale, mercè la grandezza della sua fama, le sue personali aderenze e la sua attività, seppe acquistare al diritto dei deboli, proteggitori possenti e magnanimi. Che se talvolta traspira da questi suoi scritti una mitezza d'animo od una sensibilità forse eccessiva, questo stesso suo gentile di- fetto rende più grande il suo merito nell'avere accettato una scabrosa missione tanto aliena dal suo carattere, con la piena coscienza e di se stesso e delle difficoltà che lo attendevano, e nell'averla condotta a glo- rioso porto, rendendo un benefìcio imperituro a Roma, all'Italia, alle arti belle. E la riconoscenza dei suoi concittadini mostrò che essi seppero com- prenderne il valore. A rischio di essere rimproverato di trattenermi troppo a lungo su fatti da tutti conosciuti, non so resistere al desiderio di fare qualche ricordo delle onoranze che Roma volle allora tributare al Canova. L'esempio partì dal trono. Al primo annunzio dell'ottenuto ricupero, il venerando Pio VII gli scriveva: « Non potevamo ricevere notizia più lieta di quella della decretata resti- « tuzione dei monumenti antichi, dei codici ed altri oggetti preziosi. Co- « noscendo Noi quanta parte ha avuto in questo felice successo il di lei « merito personale, non possiamo astenerci dal farlene i Nostri più vivi « ringraziamenti e dal manifestarle la Nostra particolare gratitudine. Roma, « che tanto le deve per la gloria del di lei scalpello, le sarà debitrice an- « cora di sì fortunata ricupera, e il di lei nome, che ha già tanta celebrità « per le produzioni che onorano il nostro secolo, acquisterà ancora quella « di aver ricondotto nella sede delle belle arti li monumenti li più pre- « ziosi. « Nel congratularcene con noi stessi che possediamo un uomo colmo « di tanti meriti, l'assicuriamo della Nostra speciale stima e benevolenza, 2 « in pegno della quale le diamo di tutto cuore la paterna apostolica be- « nedizione. « Datum ex Arce Gandulphi « die 26 octobris 1815 « Pontilìcatus Nostri anno XVI. « PIUS PP. VII. « Dilecto Filio Equiti Antonio Canova ». Questa lettera del Pontefice era accompagnata da altra del cardinale Consalvi del seguente tenore: « Come le potrò esprimere la gioia che si è provata dal Santo Padre, « da me, dagli amatori delle belle arti, da Roma tutta al giungere della «lieta notizia dataci col di lei foglio delli 10 corrente? Di quali termini « potrò servirmi per manifestarle in tutta la sua vastità la riconoscenza «che le dobbiamo pel felicissimo risultato della di lei missione? Dunque « è decretata la restituzione dei monumenti antichi, dei codici, degli altri «oggetti, dei quali si piangeva giustamente la perdita? E a chi era ri- « serbata la gloria di rivendicarli, se non a quel Genio che tanto onora le « belle arti e la sede delle medesime ? Il di lei nome, la di lei celebrità hanno « avuto sicuramente una grandissima parte in sì lieto successo. Il Santo « Padre le ne esprime direttamente, con la lettera che le accludo, la sua « gratitudine. Roma ed io non sappiamo esprimere la nostra. « Comprendo benissimo quante angustie le debba esser costata una « tal commissione, ma siano pur benedette, quando 1' hanno condotta ad un « esito così fortunato ! Mi dispiace in verità che codesto Governo sia stato « così renitente ad un accomodo, e che con sua egreferenza siegua la re- « stituzione a Roma de' suoi monumenti, ma non so cosa dire : subito che « tutti riacquistano il suo, è giusto che lo riabbia anche Sua Santità. « L' Inghilterra è troppo grande per aver bisogno di accrescere la sua «gloria; ma quello che ha fatto in questo incontro il Governo brittanico « con una generosità senza esempio scolpirà nel cuore di Sua Santità, nel « mio e in quello di tutto il popolo romano un sentimento perenne d' in- « finita riconoscenza. « Roma, 26 ottobre 1815. « Ercole cardinale Consalvi ». L'Accademia di San Luca, di cui il Canova era principe perpetuo, e che si era associata alla sua missione con un nobile manifesto diretto alle potenze alleate, straordinariamente convocata, decretava: « 1° di andare formalmente ad incontrare i monumenti alla porta della «città ed accompagnarli con bande di musicali istrumenti al Vaticano; « 2° di dare una cantata nella gran sala capitolina con prosa e com- « ponimenti poetici sul consueto stile dei suoi grandi concorsi ». Ma tali clamorosi festeggiamenti furono sconsigliati o vietati dal Go- verno romano, che per motivi politici e religiosi non voleva senza neces- sità irritare maggiormente la Francia. E sarebbe ingiustizia somma farne rimprovero a quel Consalvi che aveva inviato, diretto, assistito il Canova con ogni suo mezzo. Però nel sospirato arrivo non mancarono spontanee manifestazioni di gioia popolare. « È facile comprendere quale fu l'allegrezza del popolo « romano allorché fu certo che la prima spedizione avvicinavasi alla città. « Informato il Governo che in quel momento di entusiasmo volevano « farsi dimostrazioni di pubblica gioia e volendole prudentemente impedire, « mandò subito sulla via Flaminia mio figlio Giuseppe addetto ai musei « commettendogli di fare entrare il carico dalla porta Angelica con la mag- « gior secretezza e circospezione e, se bisognasse, introdurlo anche di notte. « Gli ordini del Governo furono scrupolosamente eseguiti e il tutto andò « con tranquillità, secondo che desiderava il segretario di Stato. Questo « peraltro non potò impedire che appena saputosi l'arrivo dei carri al Va- « ticano gli artisti romani e forestieri di ogni nazione che erano in Roma « non accorressero in folla sulla via che mena al giardino del Belvedere «gridando: Evviva Pio VH, evviva Roma, evviva Canova; onde bisognò « che la guardia svizzera chiudesse l'entrata per impedire che la calca « inebriata da cotale avvenimento non procedesse a dimostrazioni mag- « giori ». (Antonio D'Este, Memorie sulla vita di Antonio Canova; Lemon- nier, 1864, pag. 240). Ciò avveniva il 4 gennaio 1816; ed il giorno seguente tornava in Roma Canova. Ed ecco come dell' uno e dell'altro fatto rende conto il Diario di Roma o Cracas nel suo numero del 6 gennaio: « Roma, sabato 6 gennaro. « 11 giorno 4 dell'andante, giunsero in questa capitale diversi carri con- « tenenti vari dei migliori nostri capi d'opera in pittura e scultura, che « con trasporto di giubilo, e per il bene delle arti, ritornano ad associarsi — XII — « a questi monumenti romani, vale a dire a quel centro di riunione, ch'è «il solo capace di formare gli artisti e d'inspirar loro la sublimità dei « concetti. « Questo avvenimento ha eccitato il più grande entusiasmo nel popolo « romano. Tutti gli artisti, e un gran numero di amatori delle arti andarono « ad incontrare a molte miglia di distanza questi preziosi modelli dell'arte « reduci alla loro sede, e ne festeggiarono l'arrivo. « La sera appresso si restituì in questa capitale il patrocinatore di essi, « signor cav. Antonio Canova, proveniente da Londra, dove ha ricevuto tante « testimonianze di stima, ed avuto l'alto onore di essere ammesso all'udienza « di S. A. R. il Principe reggente, di cui gli è stata donata una tabacchiera « d'oro contornata di brillanti, e un magnifico dono entro la medesima. L'Ac- « cademia di San Luca, appena seppe l'arrivo del suo principe perpetuo, si « radunò tosto per portarsi in corpo a complimentare il Genio della scultura, « cui è dovuto in gran parte il ritorno degli oggetti preziosi, che ora in por- « zione sono arrivati per terra, e che continueranno a venire per mare ; ma « penetratasene l'idea, la di lui modestia non ha permesso che si effettuasse. « Nel seguente giorno si recò il cavaliere all'udienza di Nostro Signore da « cui fu accolto con segni della maggior benignità, e con espressioni di ri- « conoscenza e di affetto. Dopo averlo trattenuto circa un'ora in colloquio, « per dargli un attestato particolare della sua sovrana soddisfazione, gli « consegnò colle proprie mani un biglietto, con cui gli viene annunziata « la sua ascrizione nel libro d'oro del Campidoglio come sommamente « benemerito della nobiltà, e popolo romano, gli viene conferito il titolo « di marchese d' Ischia, e assegnata l'annua rendita di scudi romani tre- « mila ». Quale dotazione (giova ricordarlo) volle il Canova liberalmente con- vertire in pensioni giovani artisti ed in assegni all'Accademia di archeo- logia ed a quella dei Lincei. Una medaglia, incisa dal valentissimo Girometti, fu coniata in suo onore; ed è quella che qui riproduciamo (tav. I) insieme ad altra coniata più tardi ad onore di Pio VII per lo stesso argomento. Delle innumerevoli poesie, sola meritevole di essere ricordata è quella di Paolo Costa, intito- lata Laocoonte, se non per altezza di imaginazione certo per dignità di forma. Dall'Alpi scende in atto dolce, umano, Vittoria, e Popre onde superba è Parte Guida sui lieti carri ali1 Eridano, — XIII — M, vinta, pon le mani entro le sparte Chiome, guatando le rote fuggenti, Gallia, per nostro mal sì cara a Marte. Ecco che Roma a l'arti sue prepara Trionfai pompa onde l'età novella Fia delle antiche al par lodata e chiara. Veggo nel bel trionfo il gentil coro Di color che fan chiaro il suol latino, E primo coronato andar fra loro Umile in vista il Veneto divino, Cui tutti fanno intorno onore e festa; E a paro a paro il Laudi e il Camuccino. Da ultimo, il dì 11 giugno 1816, a cura dell'Accademia di San Luca, fu eseguita sul Campidoglio una grande cantata, in forma di azione dramma- tica, con poesia di Filippo Tarducci e musica di Fdippo Grazioli, ambedue romani. Ci informa il Cracas che, oltre parecchi cardinali, « vi intervenne la « Maestà di Carlo IV col Reale Infante D. Francesco di Paola, non ha guari « pel suo valore nel dipingere assegnato fra gli accademici di merito. Vi « assistè S. M. la regina Maria Luigia Infante di Spagna col suo Real figlio. « Vi si contarono molti prelati, presso che tutto il corpo diplomatico, il prin- « cipe di Saxe-Gotha, quantità di distinti forestieri, ecc. ecc. ». Però tanto illustre concorso di personaggi non poteva rendere a quella solennità ciò che le rapiva per sempre l'assenza di un solo gio- vane scrittore di musica. Gioacchino Rossini, che aveva dato poc' anzi alle scene di Roma il Barbiere di Siviglia, aveva accettato dall'Acca- demia di San Luca l'incarico di scrivere quella cantata; ma, partito dalla nostra città e distratto da altre cure, non potè tenere la sua promessa. Chi potrà non rammaricarsi che al trionfo di Canova sia mancata la voce di Rossini? Tali furono gli omaggi resi dalla riconoscenza di Roma al suo grande figlio di adozione, a colui che inerme ne difese vittoriosamente le ragioni innanzi alla alterigia dei forti, al vindice della sua gloria artistica. Possa — XIV — la pubblicazione di queste sue lettere rendere ognora più venerata e più cara la ricordanza di Lui a quanti hanno in pregio il culto del bello e l'af- fetto alle patrie grandezze. Roma, 9 aprile 1888. Alessandro Ferrajoli. Nota. — Devo alla cortesia del signor Pietro Pieri, intelligentissimo ed assiduo ricercatore di antiche memorie, i1 incisione riprodotta nella tavola II, che rappresenta la partenza da Roma dei monumenti ceduti alla Francia col trattato di Tolentino. Nessuna ho potuto rinvenirne allusiva al loro ritorno. XIV LETTERE INEDITE DI ANTONIO CANOVA AL CARDINALE ERCOLE CONSALVI 1. Eminenza, La importante e onorevole commissione, di cui vuole Sua Santità e Vostra Eminenza incaricarmi, onde reclamare a Pa- rigi dagli augusti alleati la restituzione de' preziosi oggetti di antica scultura, de' quali Roma piange la perdita, è opera molto difficile e superiore certamente alle facoltà limitate del mio ingegno. Ma i titoli che legano l'animo mio al servizio di Vostra Eminenza sono tanti e le ragioni da Lei esposte mi sembrano e sono cosi forti, che io non posso, ne devo ri- cusare niuna prova, niun pericolo in cosa che sia di suo gra- dimento. E quantunque la qualità de' miei lavori non potrieno concedermi che io mi scostassi da Roma in questo momento ; quantunque io conosca e apprenda bene l'attuale situazione degli affari politici e la difficoltà pericolosa del viaggio e la incertezza dell'esito, del quale si poco confido, sono deciso di sacrificare ogni riguardo e timore, benché ragionevole, ed esporre anche la vita mia, bisognando, per assecondare i co- mandi dell'adorato Principe e di Lei, che tanto rispettosa- mente onoro ed amo. Ho l'onore di essere col più profondo rispetto Di Vostra Eminenza Roma, 10 agosto 1815. Obb. servo Canova. 3 LETTERE INEDITE IL Eminenza, Ella già sa il disappunto del signor abate Marini, il quale trovavasi in Roma, quando io passai in Sant'Arcangelo. Cre- detti bene di proseguire, nella sicurezza che avrei perduto sette od otto giorni invano, mentre già Vostra Eminenza gli avrebbe date le rispettive istruzioni per la sua particolare mis- sione; e giunsi a Parma iersera; e quivi intesi affermarmi da varie persone di mia intima conoscenza, e bene istruite, che la via di Parigi per Lione non è ancora libera; e che anzi da Lione in poi il viaggiare è malsicuro, e pieno di pericoli, e senza verun ordine di poste, che sono interrotte. Pensai dunque venir questa sera a Milano, dove le notizie devono essere più appurate, e più certe ; ed infatti il banchiere a cui sono diretto, uomo ponderatissimo, e informato con qualche particolare evidenza degli affari presenti, mi dice che si manca di nuove dirette da Lione; che il corriere, che passava finora da Basilea per Parigi, ha dovuto cambiar direzione, per non essere arrestato nel suo cammino ; che tutta la Francia è tur- bata e sconvolta da vari partiti discordi ; che le piazze forti sono la maggior parte in mano de' realisti, i quali non le vo- gliono cedere agli alleati; che in Parigi medesimo nascono tuttodì degli scandali, e de' rumori ; e il foglio di questa sera pare confermarlo, poiché annuncia, che si sono posti dei can- noni sulle piazze dei fiori, delle Tuillerie e sui ponti. Senza riportarle ulteriori dettagli, queste cose unite insieme, e af- fermatemi da vari individui, che ho veduti e consultati, al- larmano grandemente la mia tranquillità; nè credo che Vostra Eminenza sia per darmi torto, se io procedo con rispetto e cautela in un viaggio, che potria facilmente compromettere DI ANTONIO CANOVA. 3 la mia vita. Io dunque partirò domani per Ginevra, dove mi arresterò qualche giorno, per pigliar lume e consiglio da per- sone amiche ch'ivi conosco; e se l'andare innanzi mi sarà concesso, volerò subito al mio destino ; ma se pericoloso, dif- fìcile e imprudente in queste circostanze, io torno indietro, con dolore incredibile certamente, dopo aver già fatto tre quarti di viaggio. Ho creduto mio obbligo espresso rendere intesa Vostra Eminenza di tutto questo mio procedere, onde conosca che io sono pronto ad eseguire i suoi voleri ; ma che- mi stimo autorizzato dalla sua insigne amorevolezza per me, a prendere quelle misure necessarie per la conservazione della mia vita, che so tanto esser cara al cortese animo di Vostra Eminenza. E col più profondo ossequio ho l'onore di essere Di Vostra Eminenza Milano, 18 agosto 1815. Umilissimo dev. afF. servo Antonio Canova. 4 LETTERE INEDITE III. Eminenza, Profitto d'un corriere che di qui viene a Napoli, onde farle conoscere la situazione del nostro affare. Ella già sa come io lo trovai disperato al mio arrivo, e sa il discorso fattomi dal suo grande amico, il quale mi disse che non era da sperar nulla degli oggetti ceduti col trattato di Tolentino, che vuoisi ancora sostenere ad onta della sua assoluta nullità. Pure col maneggiarsi la faccenda, si fecero rivivere delle nuove spe- ranze, ed io mi studiai con ogni mezzo e uffizio di crescere le buone disposizioni di questo e di quel ministro a segno che in generale tutti convengono nella massima d'una resti- tuzione, che è giusta, ed è reclamata da tante auguste ra- gioni. Il Ministero inglese, che frequento e osservo moltis- simo, si è dichiarato particolarmente per noi ; lord Wellington, col quale si è parlato spesso di Vostra Eminenza, era dap- principio alquanto alieno dalla causa nostra, ma parmi ora più fervido, e amico sostenitore del Santo Padre e delle arti. Ella può ben figurarsi che io mi sono ingegnato d' insinuarmi possibilmente sull'animo suo, e d'usare tutti i termini e modi atti all'oggetto desiderato. E forse più che da qualunque altra parte dobbiamo sperare dal favore degli Inglesi, i quali generosamente e senza vermi proprio interesse difendono i diritti delle belle arti e di Roma. Anzi potrei dire che avressimo vinto, se non avessimo contraria la Russia. Questo massimo Imperatore, generoso per natura del suo alto animo, e non forse abbastanza consapevole di tutte le ragioni, che sostengono le nostre giuste domande, vuole che la Francia conservi questi monumenti; e prima di partire per la rivista di Chàlons lascio una nota per essere comunicata ai ministri. Io l'ho letta, ed è veramente forte e terribile, a segno che UI ANTONIO CANOVA. 5 minaccia l'armi a chi con l'armi osasse involare ai Francesi alcuni di questi oggetti. Però sulla fine lascia ima qualche speranza, esprimendosi che qualora S. M. Cristianissima fosse disposta di venire a qualche conciliazione, egli non man- cherebbe d'ogni suo buon uffizio, e lo credo e lo spero. Lord Castelreagh risponde vittoriosamente, e lessi pur la risposta, dalla quale spero moltissimo. Noti che essendosi sparsa la voce, che il Santo Padre domandava questi monumenti, per poi venderli all' Inghilterra, il Presidente, a nome della sua generosa nazione, distrugger vuole questa ingiusta menzogna, offrendo le somme occorrenti per il trasporto di questi og- getti da Parigi a Roma. Sentiremo il risultato fra due o tre giorni. L' imperatore Alessandro torna -dalla rivista dopo do- mani. Io non ebbi ancora l'onore di presentargli la lettera di S. S. Vegga come gli hanno insinuato contrarietà e ini- micizia ai nostri giusti reclami. Ma io sono certo, che letta che egli abbia la nota del ministro inglese, e quella che oggi anche io ho presentata ai ministri, l'avremo per nostro so- stenitore magnanimo. Intanto aspetto la decisione, e tengo pronto il corriere per ispedirlo immediatamente. Saria bene che fossero pre- parate le note distinte dei quadri perduti pel trattato di To- lentino e poi nelle altre epoche, comprese le tre Legazioni. Saria pur necessaria una lettera per il Principe reggente e per lord Wellington, ai quali la consegnerò io stesso. Scrivo con furia, perchè il corriere aspetta; avria mille altre cose da dirle ; riserbomi ad altro ordinario. Perdoni il cattivo ca- rattere ; si degni dell'acclusa al signor D' Este, gradisca gli qssequi del fratello e di me, che sono con tutta la venerazione Di Vostra Eminenza Parigi, 11 settembre 1815. Devotissimo oss. servo Canova. 6 LETTERE INEDITE IV. Eminenza, Ho parlato in questo momento col signor Hamilton, se- gretario della Legazione inglese, al cui zelo e interesse vi- vissimo noi dobbiamo assai, anzi tutto; poiché l'Inghilterra protegge apertamente la causa nostra, com'Ella già vedrà dal dettaglio mandatone a Lei ieri da me. Egli dunque mi dà buone speranze del nostro affare, a segno che avendogli domandato consiglio sulla necessità di far venire da Roma una persona di mia piena fiducia, mi rispondeva che potrei a dirittura mandare l'avviso immediatamente. Perciò mi valgo della partenza d'un corriere che il ministro inglese spedisce a Napoli questa notte, onde far noto a Vostra Eminenza che, verificandosi in tutto o in parte le nostre speranze, io avrei assoluto bisogno d'uno che aiuti, assista, invigili al- l'incasso degli oggetti; sappia far conti, polizze e pagamenti, e a tal opera non troverei miglior giovane, più atto e ca- pace e a me cognito di Alessandro D' Este, già impiegato al Vaticano, e avvezzo da parecchi anni a simili occupazioni. Sicché giudicherei bene di farlo venire subito, senza che io rispedissi il corriere Felice, che può essermi assai giovevole, come uomo già altre volte addetto a questi affari e affezio- nato ai nostri interessi. Conviene però che Alessandro sia munito della nota dei quadri perduti dello Stato, comprese le tre Legazioni, e prima di consegnarla saria conveniente che fosse veduta in alto secreto dai signori Camuccini e Landi perchè si contrassegnassero particolarmente le opere, che me- ritassero d'essere prescelte, in caso che io sia costretto ad una transazione ; varrommi pur anche dell'ottimo avviso del signor Benvenuti, direttore dell'Accademia di Firenze, che trovasi DI ANTONIO CANOVA. 7 qui per le cose della Toscana. Riguardo alle statue, spero, che si riporteranno all'opinione mia, sempre nel caso supposto di una conciliazione, e per quello che s'appartiene alla spedi- zione, sarei di parere che dovessero farsi volare i primi capi d'opera e del rimanente mi governerò col consiglio del signor barone di Humboldt e del signor Hamilton medesimo, che tanto amore e impegno dimostra all'adempimento del nostro bisogno, e che tratta questo affare come se fosse suo proprio, onde io non crederò mai di errare riportandomi alle osser- vazioni sue e ai consigli del Ministero inglese, che tanto favorisce e difende i diritti del Santo Padre e di Roma. Occorrendomi somme per l'oggetto d' incasso, ecc., mi re- golerò secondo gli ordini a Vostra Eminenza, facendo delle tratte sopra il signor Torlonia. Domenica ebbi udienza dal Re di Francia, che sull'affare parlò corto e in modo da togliermi ogni speranza ; ma egli doveva cosi fare, ed io n'era già prevenuto: nell'animo suo però credo che pensi altrimenti, e forse lo vedremo col fatto. Finito il breve colloquio, riprese il discorso in italiano, mi fece dei complimenti con somma bontà, e mi ordinò di fargli il ri- tratto. Perdoni se lascio correre la lettera con questa macchia, per mancanza di tempo a farne la copia, non volendo perdere il momento, che il corriere sta sulle mosse, e conoscendo abba- stanza la sua benignità, per assicurarmi della sua indulgenza. Col più profondo ossequio ho l'onore di essere Di Vostra Eminenza Parigi, 12 settembre 1815. Devotissimo obb. servo Canova. P.S. E desidero che si faccia quella scelta dal signor Ca- muccini e da Landi, per garantirmi da ogni rimprovero e per li soli quadri di Roma. LETTERE INEDITE V. Eminenza, Spero ch'Ella già avrà ricevute le due mie antecedenti dell' 11 e 12 andante, spedite a Roma per due corrieri diretti da qui a Napoli. Scrivo ora la terza per questo che il mi- nistro di Toscana manda a Firenze. Io faccio i miei rapporti sempre con furia e senza dettagli, anzi con gran confusione e a salti: ma la necessità a ciò mi costringe, perchè le oc- casioni certe sono rare, perchè mi è impossibile osservare alcun ordine e metodo in un'impresa che cammina con te- nebre e incertezze e dispareri continui, e perchè finalmente non finirei mai se volessi noiarla con la descrizione minuta della vita angustiata che io meno, delle vigilie e cure e fa- stidi che io duro ogni di, per toccare, se posso, la fine di questa scabrosa missione. Ella sa per 1' ultima mia le buone disposizioni e speranze che mi vernano manifestate, e che ora stanno sul punto di effettuarsi. Però non le dissimulo la forte agitazione dell'animo mio combattuto costantemente dalla diffidenza e dal timore, fintanto che io non vegga rea- lizzarsi l'opera, la quale al mio giungere qui trovai si di- sperata. E certamente, se riesce in tutto o in parte, oserei attribuirmene qualche merito. Almeno posso farla certa, che l' imperatore Francesco, ascoltanti il senatore Alessandri pre- sidente dell'Accademia di Firenze e il signor Benvenuti, ebbe a dirmi che tutto questo rumore s'era levato per sola mia colpa; ed una persona di molta autorità e influenza negli affari giunge ad affermarmi che prima dell'arrivo mio qui non si parlava seriamente di restituire ad alcuno questi og- getti d'arte. Questo è cosi vero che la prima volta che io mi sono presentato all' Imperatore d'Austria intesi dirmi che li Cavalli di Venezia dovrebbero sicuramente ritornare al sito DI ANTONIO CANOVA. 9 loro, ma che degli altri oggetti d'arte appartenenti alli suoi Stati d' Italia e a quelli di Roma non potea più farsi alcuna domanda. Tanto era disperata ogni via e tanto lontano il pensiero di riaverli, e di tanto valore era la opposizione della Russia, la quale individualmente escludeva il Santo Padre da ogni diritto di riacquistare i suoi, per non turbare l'armonia della Francia con una restituzione che a senso suo pareva non giusta. Ella vedrà un giorno tutta la storia. Intanto, a conferma della verità che Le accenno, io non ho per anche veduto l' imperatore Alessandro, ne presentata a lui la let- tera di Sua Santità, se pure non deggio dire per il meglio che non si è voluto mai che io lo vegga e che il conte di Nesselrode mai non ha risposto alle replicate mie domande d'una udienza. Ripigliando il filo del discorso, Le dirò che, avendo il Ministero inglese congiunti fortunatamente i nostri reclami e diritti con quelli dell'Olanda, si venne a capo che i Belgi furono autorizzati dalle potenze a ripigliarsi per forza e quadri e oggetti che loro appartenevano, e cosi fanno i commissari per la Toscana, che ieri han preso parte dei quadri e domani ripiglieranno il resto con la Venere ; e cosi spero di fare anche io. Ma vi è un dubbio che si eccettuino da questa restituzione gli oggetti ceduti per accordo di pace : onde Parma e Modena e Roma aspettano ancora, e il trat- tato di Tolentino ci fa guerra terribile. Ella sa l' interesse politico che resjDettivamente hanno la Francia e l'Austria di sostenerlo, abbenchè sia nullo di fatto ed io l'abbia provato con l' ultima evidenza in quella mia nota presentata ai mi- nistri, che piacque moltissimo. Ora io non vorrei temere d'aver cooperato all'avvantaggio di tutti, senza contribuire punto al bene di noi. Ma il timor mio deve essere vano. Posciachè e il ministro, suo grande amico, il quale, con la lettera che io Le trasmisi ultimamente, dava sì poche spe- ranze, mi assicurò l'altro ieri che avressimo riuscito certa- mente a buon fine, e il Ministero inglese vuole che io più 4 10 LETTERE INEDITE non tema: se mancano questi due appoggi, in chi mi deggio fidar più? e a cui più credere, quando sono assicurato dal segretario del Ministero, signor Hamilton, della di cui ami- cizia e zelo e favore non potrò mai abbastanza lodarmi? Avrei mille altre cose a dirle, ma non deggio ne posso commetterle a un foglio ; il resto a voce, se a Dio piace che abbiano effetto i nostri voti. Non posso tacerle peraltro il rammarico inesprimibile che per delicatezza di carattere io soffro nel trovarmi qui fram- mezzo al malcontento universale di un popolo che vede con ira e sdegno ritogliersi a lui questi monumenti delle sue conquiste. E converrebbe esser qui per giudicare dell'effetto che produce una restituzione sì violenta, poiché nulla si può più ottenere senza la forza. Aspetto Alessandro D'Este con impazienza: mi par un'ora mille anni che arrivi e cosi venisse con lui qualcun altro! ma di lui solo sarò pur contento, poiché non sia pic- colo l'imbarazzo di pensare all'incasso e imballaggio di tante sculture e quadri. Certo sono che porterà seco le note di- stinte e approvate d'ogni oggetto perduto dallo Stato : avrei dovuto averle meco, se la partenza mia fosse stata meno sollecita, o riceverle almeno qui, dopo il mio partire, anche sulla incertezza e disperazione dell'opera; mentre tutti gli altri, che erano nel caso istesso di me, le tengono pronte e autentiche. Nè il signor abate Marini ha seco la nota ed elenco di cammei, medaglie e stampe, ecc., ecc., e non vi e tempo da perdere. Purché io non sia costretto ad un acco- modamento, nel qual caso forse troverei qualche facilità, e lo spero. Con tutto l'ossequio, in nome anche del fratello, mi onoro essere Di Vostra Eminenza Parigi, 24 settembre 1815. Um. obbed. e aff. servo Canova. DI ANTONIO CANOVA. 11 VI. Eminenza, Mi sono scordato di accludere uno squarcio di gazzetta inglese relativo al nostro affare e una lettera consegnatami per Sua Eccellenza monsignor De Gregorio, al quale sup- plico l' Eminenza Vostra di volerla trasmettere. Non ho che aggiungere alla mia di oggi : solamente le ripeto il mio tur- bamento per l' inquietudine e malcontento generale che ma- nifestasi ad ogni moto, non tanto per le cose che avvengono, che per quelle peggiori che si temono dopo la seduta delle Camere, destinata a domani otto. Con tutto l'ossequio mi rinnovo Di Vostra Eminenza Parigi, 24 settembre 1815. Dev. e obb. servo Canova. 12 LETTERE INEDITE VII. Eminenza, Il signor principe di Mettermeli acconsente che io profitti di un suo corriere per mandare la presente a Vostra Emi- nenza. E questo un nuovo atto di bontà per me e per la causa delle arti sostenute dalla particolare protezione del- l' Imperatore e dell'A. I. Io non Le potrei descrivere con bre- vità il dettaglio di questo affare, il quale finalmente, mediante li buoni ed autorevoli uffìzi del principe, cosi zelante al no- stro bene, riescii all'effetto tanto desiderato, avendo le altre potenze risoluto nel congresso del 30 p. p. di porre anche Roma nel diritto di riavere gli oggetti d'arte da essa perduti. Fino a domenica, primo del corrente, il signor principe di Mettermeli tentava indarno l'ultimo sforzo per un amichevole accordo col signor duca di Richelieu, il quale costantemente lo ricusò ; onde io venni autorizzato di porre mano all'opera e di riprendere, come tutti gli altri avevano fatto, le statue e quadri ed altri oggetti nostri dal reale museo, sempre col sostegno e collo scudo dell'armi austriache, le quali mi scor- tarono al primo passo e mi sostengono tuttavia insieme colla Prussia e coli' Inghilterra, alla quale, oltre alla energica pro- tezione accordataci, abbiamo grande obbligo del concorrere, come fa, alle spese del trasporto di questi oggetti nostri da qui fino a Roma. Ho già ripresi circa quaranta pezzi di scultura e più di trenta quadri, che sono guardati in una caserma austriaca, unitamente alle cose riprese dall'Austria e appartenenti ai suoi Stati in Italia, e a quelle ancora di Parma e Modena e di Firenze: anzi, per somma grazia e speciale compiacenza del principe, io sono affrettato di far mettere in pronto le DI ANTONIO CANOVA. 13 casse delle statue principali e de' quadri, per unirne la spe- dizione col convoglio che trionfante di qui partirà per l' Italia, sotto una scorta di grosso distaccamento, al quale saranno affidate pur similmente le cose nostre e i preziosi monumenti che già si stanno incassando. Vegga se anche questa è una singolare bontà, della quale siam debitori all'Altezza Sua. Ora mi sembra necessario che l' Eminenza Vostra faccia ringraziare li sovrani e i loro ministri, che con tanto zelo assecondarono i nostri voti: e saria pur ben fatto che Sua Santità esprimesse la sua soddisfazione particolare per l'atto di generosità che ci dona il Principe reggente d' Inghilterra. Io non ho tempo per allungarmi più oltre, mancandomi fino quel di respirare; e sono parecchi di che non mangio ne dormo, nè mio fratello ne io, per far preparare le casse e ripigliare, con una furia senza esempio, quello che resta di nostro al museo. Purché io sia in tempo ! Le pene, le an- gustie, li fastidii da me finora sofferti sono indescrivibili; nè vi voleva meno di tutto il mio amore per l'arti e pel servizio di Sua Santità, onde sottopormi a un carico tanto incompa- tibile col mio carattere. Pieno del più profondo ossequio, ho l'onore di essere Di Vostra Eminenza Parigi, 10 ottobre 1815. Obb. oss. e aff. servo Canova. ti 14 LETTERE INEDITE Vili. Eminenza, Ricevo in questo momento il venerato piego di Vostra Eminenza colla data del 23 p. p. e unitamente alle note pre- cise degli oggetti d'arte che si reclamano da Bologna, Cento e Perugia. Io non ho pure il tempo di riconoscerli con quiete, dovendo scriverle due righe con fretta grandissima per l'oc- casione di un corriere che il marchese di Castelcicala, am- basciatore di Napoli, manda oggi alla sua R. Corte, e che per sua gentilezza acconsente accompagnare a Vostra Emi- nenza la presente mia lettera. Ella non può figurarsi mai con quale furia io deggio operare, e ho dovuto operare fin qui da lunedi p. p. Appena avuto l'ordine di riprendere li oggetti d'arte che ci appartengono, ho dato mano alli mi- gliori pezzi di scultura e di pittura. Li primi capi d'opera che dai Bolognesi si reclamano sono in mie mani e già in- cassati con parecchi di quelli di Cento e di Perugia, dei quali, senza l'elenco, mi sovveniva con sicurezza. Avessi avuto queste note al partir mio da Roma! O fossermi state spedite subito dopo almeno ! Ma chi si sarebbe imaginato mai di dover agire con la tempesta e con le baionette ? Nulla si può ottenere che con la forza: e, in mancanza di note esatte e di tempo, ho dovuto attaccarmi a tutto ciò che vi era più. pronto e sicuro. Mentre li ministri tutti d'accordo mi dicono di far presto e di unire la spedizione di ciò che più importa col convoglio che parte il di 17 per Italia, scor- tato da truppe austriache. Io deggio dunque tenermi in DI ANTONIO CANOVA. 15 ordine per tal giorno ed Ella vede se ho neppnr fiato da re- spirare, coll'obbligo di far incassare e imballare e spedire in 15 giorni le migliori sculture e i migliori quadri e più colossali, che sono nostri. Già presso che 50 pezzi fra busti e statue sono ricuperati; ma tutti questi non potranno par- tire il di 17; se ne farà in seguito una spedizione per mare. Poiché interessa moltissimo di profittare della scorta au- striaca, la quale accompagna gli oggetti d'arte che l'Austria ha ricuperati per Milano, Venezia, Parma, Modena, Fi- renze, ecc., e senza di questa scorta non sarebbe sicura la spedizione. Onde converrà assolutamente che anche per la seconda da farsi per acqua Ella insista presso il Ministero inglese perchè sia protetta dalle armi di quella generosa nazione. E però mi preme infinitamente che siano mandate subito le lettere opportune di ringraziamento a lord Castel- reagh, al duca Wellington, al Principe reggente e al cava- liere Hamilton, sottosegretario di Stato degli affari esteri, a cui dobbiamo quasi la vittoria della causa nostra. E queste lettere vadano pure al loro indirizzo, perchè all'arrivo loro io sarò già partito da Londra. Lord Castelreagh ieri sera si è rallegrato con me del ricupero de' nostri oggetti, e mi im- pose di riverire Vostra Eminenza e pregarla di far omaggio in suo nome al Santo Padre e dirgli che benché di comu- nione diversa ha avuto piacere e contento di proteggere i nostri diritti e le ragioni di Sua Santità. Ritorno alle note, e Le dico che quella che reclama gli oggetti di Bologna trasportati a Milano appartiene al Go- verno di quella città, ora imperiale, e dal di cui augusto Principe otterrassi certamente ciò che si desidera. Del resto io, e per la furia con cui sono stretto da ogni parte, e per l'esempio degli altri, dovrò lasciare addietro e quadri e scul- ture, poiché ninno ha potuto portar via ogni cosa, anzi ognuno dovette lasciar qui molti oggetti, ed io, anche per consiglio degli alleati, sono costretto di fare lo stesso. Dalla 16 LETTERE INEDITE sollecitudine con la quale scrivo, argomenti l'angustia del- l'animo mio e del tempo. Perdoni il pessimo carattere e mi creda con tutta la stima e l'ossequio Parigi, 12 ottobre 1815. Umil. obbed. servo Canova. P.S. Porto subito il plico al signor abate Marini. DI ANTONIO CANOVA. 17 IX. Eminenza, Spero che a quest'ora Ella avrà ricevuto altre mie lettere per le quali mi dava il piacere di annunciarle che avea ricu- perato a quest'ora le migliori sculture che ci appartengono, e che sono già per la maggior parte incassate. Li quadri an- cora, cioè quelli che si poterono riavere fin qui, sono pure in- cassati. A riguardo di quelli di Bologna e di Perugia, se- condo le note autentiche che Vostra Eminenza mi ha spedite, parecchi non esistono più, alcuni stanno dispersi nei dipar- timenti, alcuni non sono arrivati qui mai e alcuni stanno esposti nelle chiese di Parigi. Io avrò le giustificazioni di tutto questo e procurerò di ricuperare quelli che esistono esposti al museo o nei magazzini. Di quelli altri non so quello che potrà farsi sul momento. Si reclameranno quelli dei dipartimenti, e forse col tempo si riavranno o tutti o in parte. Intanto alcuni quadri dovrannosi cedere assoluta- mente ; tanto più che così hanno fatto i Belgi ancora e l' Im- peratore d'Austria e li commissari di Firenze; vi sono due o tre quadri nel palazzo del Re, come fassi a ritirameli ? E quelli nelle chiese suppongo che a Sua Santità non sarà discaro di rilasciarli; mentre l'imperatore Francesco al suo commissario diede ordine di non toccare alcuno oggetto che fosse stato esposto in alcuna chiesa. Fra dieci giorni al più tardi partirà il nostro convoglio unito a quello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, e scortato da truppe austriache. Ieri si sono riavuti li manoscritti e si è concluso un accomo- damento per le medaglie, di concerto col signor abate Marini che questa mattina va a pigliare e medaglie e scrigni. Mi 5 18 LETTERE INEDITE pare che tutto finora cammini bene; ma bene non va per me nè per mio fratello, che siamo ammazzati dalle cure continue e siamo occupati da mattina a sera ogni di: e Alessandro non viene ancora. Dio lo mandi sull'ali. Mille ossequi a Vostra Eminenza per parte dell'abate, e mi creda con tutto il senti- mento della più alta venerazione Di Vostra Eminenza Parigi, 14 ottobre 1815. Obblig. ed obbed. Canova. DI ANTONIO CANOVA. 19 X. Eminenza, Il convoglio è già pronto, c spero che lunedi o martedì prossimo alla più lunga, si muoverà di Parigi. Non so an- cora quante casse potranno partire ; ma certo è che li princi- pali capi di scultura e tutti li quadri che ho potuto riavere sin qui di Roma, di Bologna, di Perugia, di Cento, saranno mandati con questa prima spedizione. Le accludo una copia del contratto da me firmato collo spedizioniere Larcher, il quale ha pure l'impresa degli archivi pontifici. Da questo foglio Vostra Eminenza rileverà il bisogno di un ordine, per- chè a Bologna, dove si lasceranno le casse de' quadri che a quella città appartengono, siano dati all' Ecc."11 Governatore gli ordini e le istruzioni opportune, onde sia pagata, all' ar- rivo del convoglio, la seconda rata del prezzo dell' importo, a norma della obbligazione fra noi convenuta, e secondo la ragione della polizza di carico, che sarà esibita e firmata pure da me. La prima rata io la pagherò qui coi denari in- glesi, cioè coi fr. 100,000 che basteranno forse per saldare le spese di casse imballaggio fatte fin qui e da farsi. An- dando a Londra io mi studierò d'avere un'altra somma a tal effetto, e me la presumo finora, da quello che mi parve dedurre dalle parole del signor Hamilton. Alessandro verrà quando appena vi sarà più bisogno di lui: pazienza; gioverà però sempre la sua persona per la spedizione dell' altro convoglio per acqua. Io non posso dire quanto siasi faticato in sì pochi dì : bisognerebbe essere stato qui, per averne un' idea. Seguendo 1' esempio di tutti gli altri, ho pensato conveniente alla mia missione e al carattere pa- cifico e soave del Santo Padre di rilasciare alcune sculture 20 LETTERE INEDITE al museo di Francia, e alcuni quadri, particolarmente quelli che non si potrebbero riavere volendogli, e sono certo, al- meno cosi stimo, che Sua Santità possa gradire un tal sa- griflzio ; tanto più che io mi fo garante di non avere lasciato un monumento di grande conseguenza e merito. Molti quadri stanno dispersi nei dipartimenti della Francia, come si fa per ricuperarli? Si domanderanno e vedremo quale sarà il risul- tato della nostra domanda. Li quattro vasi etruschi di Bo- logna sonosi riavuti insieme coi nostri della Vaticana, meno uno solo dei mezzani, che fu rotto dai facchini, mentre ca- lavano i quadri. Anche li manoscritti di quella città si ri- cercano e si avranno per la maggior parte; i nostri sono già in nostre mani. Sarò lieto quando avrò veduto partire questo convoglio, accompagnato dal capitano Mayern dello stato maggiore austriaco. Anzi, mi occorre dirle su tal pro- posito che conviene fargli un presente con lettera di rin- graziamento, per le cure e per l' assistenza amorevole da esso prestata in tutto questo tempo per aiutare il ricupero dei nostri oggetti, comandato però dal suo generale. Gli è me- ritevole di qualche graziosa retribuzione e perciò lo racco- mando a Vostra Eminenza tanto più che io gli ho promesso di scriverle e d'interessare la sua gratitudine a di lui ri- guardo. Sono con tutta la più vera stima e ossequio Di Vostra Eminenza Parigi, 20 ottobre 1815. Obbl. obbed. um. servo Canova. V. S. S. P. P.S. Torno in questo momento dall' aver parlato col si- gnor barone d' Humboldt che approva intieramente il pensiero DI ANTONIO CANOVA. 21 di lasciare al museo alcuni monumenti di scultura, e i quadri nelle chiese, e quelli nell' appartamento del Re, oltre agli altri che sono dispersi nei dipartimenti: poiché sarebbe dif- fidi cosa l'averli, per non dirla impossibile; parmi che deb- basi con tal modo conciliarsi la benevolenza della nazione, facendo liberal dono di ciò che si reclama, e che probabil- mente non avrebbesi mai. Ciò conviene ancora allo spirito del Santo Padre e all' interesse politico, che aver può Roma con questa nazione. Sicché io mi rimetto intieramente al con- siglio del suo amico e manderò a Vostra Eminenza la copia della mia lettera al segretario dell' amministrazione del museo. Ora chiamo la sua attentione particolare sopra un punto ancor più delicato. 11 signor d' Humboldt mi si dimostrò mor- tificato dell'essere stato obbliato da lei in occasione del ri- tratto mandato al principe di Hardenberg: egli teme che Vostra Eminenza non sia rimasta contenta de' suoi buoni uffizi in favore di questa causa ; allorché io so, e ne lo scrissi ognora a Lei, che amico più forte e zelante di lui non po- tevamo aver mai. Conviene dunque eh' Ella ci pensi e cor- regga la svista con prudenza e saviezza, come se nulla di ciò sapesse da me; perchè il barone non sospetti che io gliene abbia fatto alcun cenno. Sia dunque contento di mandargli qualche segno di gradimento ; e faccia preparare altri doni ad altri ministri, intanto che io ritorno a Roma, per parlarne insieme con Vostra Eminenza, alla quale rinnovo i sensi del- l'ossequio mio. Canova. P.S. Un secondo poscritto, giacché il tempo me lo con- cede e il corriere parte fra un' ora. Le deggio confermare la persuasione dei ministri e di me, di lasciare indietro diversi capi di scultura e dei quadri, i quali non si potrebbero ricu- perare, perchè dispersi nei dipartimenti. Sempre più mi ras- 22 LETTERE INEDITE sicuro su questo articolo, ripensando al carattere del Principe venerabile, che mi manda, e alla duplice sua rappresentanza e relazione colla Corte di Francia. Anche senza queste con- siderazioni F esempio degli altri mirerebbe a incoraggiare a tale condiscendenza, oltra alla decisa volontà e disposizione dei ministri. Sicché mi par di non fallire se, assecondando motivi cosi ragionevoli, mi reputo autorizzato a questo sa- grifizio, col quale probabilmente viensi a temperare il rigore della maniera, onde si sono ricuperati questi preziosi oggetti. Aggiungo un riflesso, che cade opportuno al caso nostro. Se si fosse accettato quell'accordo che dal Governo fu proposto, avressimo certamente lasciato maggiori e più belle cose che non abbian fatto: ed ora abbiamo a senso mio, più merito di quel che si dona, perchè doniamo non necessitati dalle con- dizioni d'un accomodamento, ma di propria volontà e com- piacenza. Io non trovo migliori uè più forti ragioni di queste e panni che bastino a giustificare tal dono. Ripeto a Vostra Eminenza l' argomento del barone d'Hum- boldt, che raccomando alla di Lei delicatezza e magnanimità; poiché non può esser derivato quell'equivoco che da una svista innocente. La prego di emendarla nel modo il più pro- prio dell'uno e dell'altro, anche per soddisfazione mia, che gli professo in questa circostanza obbligazione infinita. Scrivo, al solito, con furia e forse con carattere inintelligi- bile. Dio faccia eh' Ella mi capisca, e che Alessandro alfin venga. DI ANTONIO CANOVA. 23 XI. Eminenza, Finalmente il convoglio è partito questa mattina colla Trasfigurazione e V Apollo e gli altri oggetti di pittura e scul- tura, secondo la nota di carico che ho l'onore di compiegare nel presente a Vostra Eminenza. Del rimanente si pensa a farne in seguito la spedizione, che il tempo suggerirà più sicura, sia per mare, o per la via medesima della prima. In- tanto si pensa ad incassar quello che resta. Mi è grato il far conoscere a Vostra Eminenza il dettaglio degli oggetti ripresi sin qui tanto di pittura che di scultura onde Ella ne abbia una preventiva idea. Riguardo a quelli che ci si po- tranno restituire, stiamo preparando le note da quelle ap- punto recate da Alessandro. Sul proposito di quei capi di scultura e quadri esistenti parte nell'appartamento del Re e nelle chiese di Parigi, parte nelli dipartimenti, mi parve pru- dente consiglio, anche approvato dal suo grande amico, di scrivere la lettera di cui Le accludo copia, e insieme alla copia della risposta da me avuta questa mattina dal signor conte di Pradel, contro l'aspettazione del principe di Mettermeli, e di altri i quali temevano e pensavano che non si sarebbe stata fatta alcuna risposta. Ella vede che si è dato un giro e termine onesto e politico al nostro affare che voleva molta delicatezza e prudenza per maneggiarlo. Spero che tutto ciò che io ho fatto per il meglio e con lo spirito sempre rivolto al carattere soave e benigno del S. P. al quale piacer deve sicuramente il moderato e giusto partito da me preso, a se- conda dell'avviso dei ministri e dietro l'esempio degli altri principi, che hanno praticato la medesima moderazione ri- lasciando una parte degli oggetti che reclamarono, siccome 24 LETTERE INEDITE io Le ne farò vedere con dettaglio il metodo e ordine da ognuno osservato a che anche senza le ragioni maggiori che persuadevano me a fare altrettanto doveano bastarmi a de- cidere sulla scelta del partito da seguire in un momento che non dava loco a ritardo. Certamente io sono convinto d'aver operato il meglio che si poteva in tal circostanza difficile; e oso promettermi l'approvazione di S. S. e quella di Vostra Eminenza per tranquillità e sicurezza maggiore dell'animo mio. Crederei ben fatto eh' Ella facesse scrivere alla Corte di Torino e agli altri principi d' Italia, per il paese dei quali passar deve il convoglio, onde fosse protetto e immune da ogni diritto e visita, ecc. La supplico di mettermi a' piedi del Santo Padre e di credere all'ossequio col quale mi onoro essere Di Vostra Eminenza Parigi, 25 ottobre 1815. Obb. obbed. dev. serv. A. Canova. P.S. La polizza di carico la mando al signor D'Este; le sculture partite sono coli' asterisco e tutti li quadri in nu- mero di nove casse. DI ANTONIO CANOVA. 25 XII. Eminenza, Dopo domani io parto per Londra dopo aver dato le op- portune istruzioni ad Alessandro D' Este che ho fatto cono- scere raccomandandolo alle persone che si conviene. Egli resterà qui per compiere la spedizione degli altri oggetti che ora si vanno incassando. Spero che ogni cosa anderà bene. Si manda al signor Antonio D'Este un esemplare della polizza di carico dalla quale risulta l'obbligo nostro di pa- gare franchi 17,000 circa a Bologna (2a rata), e altrettanto a Roma per saldo di questo primo convoglio secondo il con- tratto. Riguardo alla rata seconda da pagarsi in Bologna il banchiere Busoni e Goupy ha incaricato un suo corrispon- dente Broggi e Bellati il quale, all'arrivo del carico, adem- pierà a tal condizione. Il primo terzo fu da me pagato col fondo delli franchi 100,000 che potranno forse bastare alle ulteriori spese di casse, imballaggi, ecc., per il secondo con- voglio. Mi studierò possibilmente di ottenere, come spero, un'altra somma all'oggetto medesimo e dalla stessa nazione, ed è questo il principale motivo che mi persuade a tal viaggio. Ora mi bisogna invocare la sua generosità e grato animo in- verso del signor Angeloni, letterato di gran fama, e che io conobbi qui per mezzo del nostro particolar proteggitore cav. Hamilton il quale me lo raccomandò vivamente. Questo signor Angeloni si è prestato moltissimo con l'opera e con la penna al vantaggio del buon esito del nostro affare, e io gli professo grandissime obbligazioni, e il signor abate Ma- rini ancora si valse di lui per 13 giorni e più nella scelta e confronto dei manoscritti ricuperati da questa reale biblio- teca. Mi par dunque necessario che l'Eminenza Vostra gli sia 6 26 LETTERE INEDITE cortese di qualche segno di gradimento e soddisfazione dei suoi servigi, accompagnando il dono con una lettera che te- stifichi la di Lei compiacenza. Quest'atto gli sarà carissimo tanto più che fece e fa tutto questo per mero spirito di amore patrio e per il decoro e utilità dell' Italia e di Roma. Unita- mente ad esso Le ripeto la necessità ancora di riconoscere le cure e i servici prestatici in tal circostanza dal bravo capi- tano Meyem dello stato maggiore austriaco, il quale merita certamente di essere riconosciuto. Mi preme l'uno e l'altro di questi due individui per non mancare punto al debito che loro abbiamo di lasciarli contenti con qualche segno di gra- titudine. La supplico di mettermi a' piedi di Sua Santità e di gra- dire l'ossequio della verace ed alta stima con cui mi onoro di essere Di Vostra Eminenza Parigi, 28 ottobre 1815. Obbligatissimo servitore Canova. DI ANTONIO CANOVA. 27 XIII. Eminenza, Profitto di un corriere straordinario che parte questa sera e passa per Roma onde replicarle ciò che Le dicevo per l'altra mia di ieri, cioè il mio arrivo in Londra, dove aspettar deggio il Principe reggente che torni dalla campagna onde presen- tarmi ad esso e offerirgli l'omaggio della nostra riconoscenza. Ricevo lettera questa sera dal ministro del Re che fa le veci di lord Castelreagh, e dal tenore della medesima risulta il gradimento di questo Governo per l'oggetto del mio viaggio e venuta in Londra, e sono nuovamente invitato ad arre- starmi fino al ritorno di S. A. R. Io spero che Vostra Emi- nenza avrà già scritto in nome di S. S. le lettere ufficiali al Principe, al duca di Wellington, a lord Castelreagh, ecc. Sono impaziente d'averne la conferma per suo proprio mezzo. La spedizione dell'altro convoglio per Anversa avrà avuto luogo la settimana scorsa, secondo l'avviso datomene da Alessandro. Tutto mi pare bene incamminato al suo fine e spero che tutto arriverà bene. Purché ancor io giunga una volta nel seno del mio studio che abbandonai per tanto tempo e che mi aspetta! Ma ringrazio il Cielo che il mio viaggio riuscì tanto felice, e che il tempo speso non fu perduto invano. Senza il bisogno espresso di ritornare alle mie occupazioni, io dovrei fare qui una vita beata, festeggiato, onorato uni- versalmente da questi signori, che tutti a gara mi colmano di cortesie amorevoli alle quali è impossibile resistere ; e non fosse la stagione un po' cruda, e inoltrata verso l' inverno, io sarei tentato e vinto a fare un più lungo soggiorno in una capitale sì magnifica e piena di cose mirabili. 28 LETTERE INEDITE Gradisca gli ossequi di mio fratello e sia contento met- termi a piedi del S. Padre, al quale muoio di voglia di pre- sentarmi io stesso e accolga benignamente i sensi della per- fetta stima e venerazione con cui mi onoro essere Di Vostra Eminenza Londra, 14 novembre 1815. Obbl. obb. affi serv. A. Canova. DI ANTONIO CANOVA. 29 XIV. Eminenza, Arrivo da Londra in questo momento, e vado a letto stracco dal viaggio ; sarò da Vostra Eminenza doman mat- tina a giorno, per essere con Lei una mezza ora liberamente. Intanto Le accludo queste lettere e il piego di Londra per Lei, e rimango nella impazienza di rivederla, pieno del più profondo ossequio e tenera venerazione. Di Vostra Eminenza Roma, 3 del 1816, alle ore due di notte. Obbl. obb. aff. serv. A. Canova. CANOVA ANTONIO. Lettere inedite al Cardinale Consalvi ' pubblicate da A. Ferraioli. Roma, 1888. In 4, XVI-32 pp., 2 ta- vole di cui 1 grande ripiegata, rappresentante il trasporto da Roma delle opere d'arte destinate da Napoleone I ai Mu^iQ(^ Francia. Rarissimo. GETTY RESEARCH INSTITUTE 3 3125 00987 1100 m 0 iEfQsDjEfCfDjS!